Se la CPI sta davvero pianificando un’imminente emissione di mandati di arresto, questa mossa potrebbe essere in grado di salvare la credibilità sia di Karim Khan che della CPI.
Secondo un rapporto pubblicato da Canale israeliano 12, la Corte Penale Internazionale (CPI) potrebbe presto emettere mandati di arresto per il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, e altri leader militari e politici.
Se fosse vero, rappresenterebbe una svolta scioccante degli eventi riguardo la mancata azione della Corte negli ultimi sei mesi.
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“Riunione d’emergenza”
Martedì si è svolto un “incontro di emergenza” presso l’ufficio del Primo Ministro israeliano, al quale hanno partecipato Ministri del governo ed esperti legali, per discutere insieme le strategie difensive e prevenire l’emissione di mandati di arresto nei confronti di alti funzionari israeliani.
Secondo quanto riferito, Tel Aviv ritiene che i mandati di arresto potrebbero essere annunciati a breve e, sempre secondo quanto riportato dai media israeliani, Benjamin Netanyahu ha espresso preoccupazione al Ministro degli Esteri britannico, David Cameron, e al Ministro degli Esteri tedesco, Annalena Baerbock, durante un incontro avvenuto all’inizio di questa settimana.
Il Sudafrica ha recentemente presentato l’accusa contro Israele per violazioni della Convenzione sul Genocidio, presso la Corte Internazionale di Giustizia (ICJ), che si occupa di crimini commessi a livello statale. Sebbene la decisione unanime dei giudici della ICJ abbia riconosciuto l’esistenza di un caso di genocidio a Gaza, da parte di Israele, la sentenza finale della Corte potrebbe arrivare tra molti anni.
Tuttavia, la Corte Penale Internazionale (CPI), disciplinata dallo Statuto di Roma, è il più alto organo giuridico al mondo in grado di emettere singoli mandati di arresto, per individui coinvolti in violazioni del diritto internazionale.
Mentre la CPI ha ufficialmente aperto un’indagine su possibili crimini di guerra, commessi nei territori palestinesi occupati nel marzo del 2021, un forte sgomento è stato espresso negli ultimi 6 mesi da vari think tank ed esperti legali, dato che non è stata messa in atto alcuna azione concreta dal tribunale.
Un mese prima della guerra a Gaza, il think tank con sede negli Stati Uniti, Arab Center Washington DC, aveva affermato che, nonostante il “desiderio di migliorare la credibilità della Corte”, “davvero poco è stato fatto” dal procuratore della CPI, Karim Khan.
Doppi standard
Dal 2021, Israele ha dichiarato che “non collaborerà” alle indagini della CPI sui crimini di guerra commessi nei territori occupati, affermando che, in quanto nazione non firmataria dello Statuto di Roma, la Corte non ha per loro alcuna giurisdizione.
Ho sottoposto questo punto all’avvocato internazionale Stanley Cohen, in ottobre, e mi aveva spiegato che la Corte ha invece effettiva giurisdizione, la stessa posizione espressa dalla stessa CPI. Cohen aveva inoltre sottolineato il seguente punto in un’intervista:
“Hanno restituito un atto d’accusa contro Putin sulla base di affermazioni ex parte, causa certamente probabile, in quattro giorni. Nel caso di Israele hanno avuto nove anni per accertare, indagare e confermare violazioni sistematiche del diritto internazionale, violazione del diritto di guerra, violazioni dei diritti umani, punizioni collettive, violazioni del codice umanitario, crimini contro l’umanità, crimini di guerra”.
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Domande di questo tipo sono state poste di frequente dal 7 ottobre: perché il procuratore della CPI, Karim Khan, non ha intrapreso alcuna azione di fronte a casi evidenti di crimini di guerra commessi a Gaza?
Khan si era presentato davanti alle telecamere al Cairo, in Egitto, alla fine di ottobre. Ma il Pubblico Ministero aveva deciso di dedicare gran parte della conferenza stampa ad Hamas, tenendo lezioni sui valori islamici e traendo conclusioni su quanto emerso durante l’operazione offensiva del 7 ottobre, astenendosi dall’assumere qualsiasi tono di condanna mentre citava le azioni israeliane contro Gaza.
Aveva soltanto affermato che “impedire l’ingresso di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza potrebbe dar luogo a responsabilità penali”.
A peggiorare le cose, è venuto fuori quasi per caso che Karim Khan si era recato in Palestina-Israele, ma che si stava concentrando sul vittimismo israeliano. Solo quando era stata pubblicamente rivelata la sua presenza nel paese, era emerso che avrebbe programmato incontri nella Cisgiordania occupata con personaggi del calibro del Presidente dell’Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas. Così, quando ha richiesto di incontrare gruppi palestinesi per i diritti umani, è stato rifiutato. I gruppi hanno espresso riluttanza nel consentire a Khan di salvare la faccia, quando aveva ormai già gestito male la sua visita.
Il Direttore Generale della Commissione Indipendente per i Diritti Umani (ICHR), Ammar Al-Dwaik, aveva dichiarato: “Il modo in cui è stata gestita questa visita, dimostra che il Signor Khan non sta portando avanti il suo lavoro in modo indipendente e professionale”.
Scomparso dalla scena
Dopo questo evento, Karim Khan è scomparso dalla scena, mentre i difensori dei diritti umani palestinesi hanno espresso disappunto per l’inattività della Corte Penale Internazionale nell’affrontare le azioni di Israele.
Innumerevoli i rapporti di gruppi legali e per i diritti umani, oltre alla documentazione dei crimini da parte di diversi organi delle Nazioni Unite e media internazionali, che hanno fornito prove di un elenco sempre in crescita di crimini di guerra israeliani. Inoltre, Israele ha ignorato una risoluzione e una disposizione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, tutte misure ordinate dalla Corte Internazionale di Giustizia.
Se la CPI sta pianificando l’emissione imminente di mandati di arresto per funzionari politici e militari israeliani, non solo rappresenterebbe un passo importante verso l’assunzione di piena responsabilità per le azioni di Tel Aviv contro Gaza, ma potrebbe essere una mossa in grado di salvare la credibilità di Karim Khan e della Corte Penale Internazionale nel suo insieme.
Traduzione di Cecilia Parodi. Leggi l’articolo in inglese qui.
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