“L’ho ucciso con quattro proiettili” – Un soldato si vanta di aver ucciso un anziano palestinese disarmato (VIDEO)

Un anziano palestinese disarmato è stato brutalmente ucciso mentre implorava per la sua vita. (Foto: presa video, tramite social media)

By Redazione Palestine Chronicle

In un video, condiviso da Al-Jazeera, un soldato israeliano viene applaudito per aver ucciso un palestinese, sordo e disarmato, in una casa presa d’assalto a Gaza City.

Come ulteriore prova del fatto che le forze israeliane prendano di mira civili disarmati nella Striscia, in questo video si vede un soldato, elogiato da altri per aver ucciso un palestinese sordo di 73 anni, durante un raid in una casa.

“L’ho ucciso con quattro proiettili”, dice vantandosi il soldato nel filmato della sua bodycam, condiviso dal canale di Al-Jazeera e sui social media.

“Abbiamo aperto la porta, lui ondeggiando è venuto nella mia direzione e ha fatto così, dicendo ‘No, no’ ”, ha mimato a gesti il soldato.

“Era l’unico?” ha chiesto un altro. “Potrebbero essercene di più. C’era un’altra stanza, ma non avevamo tempo”.

“E ha fatto così? No, no?” ha chiesto un altro soldato.

“Sì. No, no”, ha risposto indicando chiaramente che l’uomo era disarmato, mentre agitava le mani davanti a sé.

«E l’hai abbattuto? Eccellente”, hanno risposto i soldati israeliani, ridendo.

Un altro ha domandato: “Cosa è successo? Cos’hai visto lì?”

“Un uomo”, ha risposto il soldato.

“Come, senza un’arma? Aveva qualcosa addosso?”

“No, no, si è nascosto accanto al letto”

“Tutto rispetto!” si sente in risposta, mentre il soldato sorride e gli altri si stringono la mano.

Nel filmato si vedono soldati israeliani entrare nella casa e sparare.

“Hai filmato tutto?” si sente chiedere.

Successivamente, il soldato spara e la bodycam mette a fuoco un uomo accasciato a terra, tra un letto e un armadio.

Al-Jazeera ha identificato l’uomo come Atta Ibrahim, 73 anni, e ha riferito che l’omicidio è avvenuto nel quartiere di Al-Shati, ovest di Gaza City. Il canale ha anche ottenuto informazioni secondo le quali, le forze israeliane hanno ucciso 50 civili nella stessa area, e hanno demolito case e strutture.

La famiglia della vittima ha chiesto informazioni che indichino il luogo di sepoltura.

Secondo quanto riportato, il filmato proviene dalla bodycam di un soldato deceduto, e la data dell’incidente non è chiara.

Un social media ha commentato il filmato: “Tante prove video online del genocidio per il tribunale dell’Aja”.

“Prove di intento genocida”

Israele è attualmente sotto processo davanti alla Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) per genocidio contro i palestinesi, da quando ha lanciato l’attacco contro la Striscia di Gaza il 7 ottobre.

All’udienza della Corte Internazionale di Giustizia a gennaio, il Sudafrica ha sostenuto che “le prove dell’intento genocidario” di Israele a Gaza “non sono solo agghiaccianti” ma “anche schiaccianti e incontrovertibili”.

L’avvocato Tembeka Ngcukaitob ha affermato che “ormai c’è una tendenza” tra i soldati a filmarsi mentre commettono atrocità contro i civili a Gaza.

Secondo il Ministero della Sanità di Gaza, 31.045 palestinesi sono stati uccisi e 72.654 feriti nel genocidio israeliano in corso dal 7 ottobre.

Inoltre, almeno 7.000 persone risultano disperse, presumibilmente morte, sotto le macerie delle loro case in tutta la Striscia.

Organizzazioni palestinesi, e internazionali, affermano che la maggior parte delle persone uccise e ferite sono donne e bambini.

L’aggressione israeliana ha anche provocato lo sfollamento forzato di quasi due milioni di persone provenienti da tutta la Striscia di Gaza, la stragrande maggioranza degli sfollati sono stati costretti a rifugiarsi nella città meridionale di Rafah, vicino al confine con l’Egitto, causando il più grande esodo di massa dalla Nakba del 1948.

Israele afferma che 1.200, tra soldati e civili, sono stati uccisi durante l’operazione Al-Aqsa del 7 ottobre. I media israeliani hanno pubblicato diversi rapporti, i quali suggeriscono che molti israeliani siano stati uccisi quel giorno dal “fuoco amico”.

 

Traduzione di Cecilia Parodi. Leggi l’articolo in inglese qui. 

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