Il rapporto di Pramila Patten sulle violenze sessuali: Niente di nuovo, solo dicerie

Il rapporto di Pramila Patten non aggiunge nulla di nuovo. (Immagine: Palestine Chronicle)

By Blake Alcott

Qualunque sia il motivo per cui la commissione ha accettato l’invito di Israele a guardare immagini e ascoltare resoconti, per ora è solo riuscito a demonizzare ulteriormente i palestinesi, rendendo ancora più facile continuare a commettere un genocidio in totale impunità.

A giudicare dalla copertura mediatica mainstream del rapporto delle Nazioni Unite sulle violenze sessuali legate ai conflitti (CRSV) del 4 marzo 2024, si potrebbe pensare che le accuse contro Hamas di stupro, stupro di gruppo e altre violenze sessuali non siano più speculazioni, ma fatti provati. Il rapporto, tuttavia, racconta qualcosa di radicalmente diverso.

La commissione delle Nazioni Unite, guidata da Pramila Patten, rappresentante speciale presso il Segretario Generale sulla violenza sessuale nei conflitti, si è recata in Israele, “su invito del governo israeliano”, dal 29 gennaio al 14 febbraio 2024, per parlare ad alcune persone e capire se i palestinesi hanno realmente commesso violenze sessuali contro israeliani il 7 ottobre 2023, a Gaza.

Non è stato riscontrato alcun singolo caso di violenza sessuale dimostrabile “oltre ogni ragionevole dubbio”, quasi nulla soddisfa il criterio da loro adottato per un’informazione “chiara e convincente”, e molte accuse apparse in ambito pubblico sono rimaste “infondate” e/o “non verificabili”. Eppure, la commissione è abbastanza sicura che si siano verificati degli stupri.

Queste le sue stesse parole: “Ci sono ragionevoli motivi per ritenere che la violenza sessuale legata al conflitto sia avvenuta in diverse località della periferia di Gaza, anche sotto forma di stupro o stupro di gruppo, durante gli attacchi del 7 ottobre 2023. Sono state raccolte anche informazioni circostanziali credibili, che potrebbero essere indicative di alcune forme di violenza sessuale, tra cui la mutilazione genitale, tortura sessualizzata o trattamenti crudeli, inumani e degradanti”.

‘Motivi fondati’

Tutto dipende dalla definizione di “motivo ragionevole” nel determinare se “credere” sia una giustificazione per affermare che sia avvenuta una violenza sessuale. A parte il fatto che “credere o supporre” è di per sé molto più debole rispetto a “conoscere, sapere”, il rapporto non riesce in alcun punto a esporre un criterio di informazione “ragionevole”, tanto meno “credibile”, che sia digitale o verbale.

Per sostenere l’affermazione riguardo a ciò che hanno visto all’obitorio, quel che hanno sentito dalle persone che ‘presumibilmente’ erano presenti sulla scena e quel che hanno visto in “oltre 5.000 foto e circa 50 ore di riprese degli attacchi” è rimasto “ragionevolmente convincente” o per meglio dire, il rapporto non offre alcuna dichiarazione concreta, foto o prova audiovisiva.

Il rapporto afferma di non aver trovato una vittima di stupro: la squadra della commissione “non ha incontrato nessuna sopravvissuta/vittima di violenza sessuale dal 7 ottobre”. Si affretta a spiegare l’assenza di uomini e donne direttamente coinvolti facendo riferimento alla presunta dispersione delle vittime in tutto Israele, o alla loro esitazione nel “farsi avanti”, forse a causa di una “mancanza di fiducia” negli organismi ufficiali. 

Né i “primi soccorritori e gli operatori sanitari o fornitori di servizi” hanno testimoniato di essere a conoscenza diretta della violenza sessuale.

Quindi “l’assenza di prove forensi complete” è giustificata dal fatto che tali prove “sono state diffuse tra varie agenzie e da un’organizzazione limitata del materiale” così come da “danni distruttivi da ustioni” su molti cadaveri. Mancano anche prove “audiovisive” dirette.

Per quanto riguarda “informazioni basate su foto e video che non possono ancora essere collegate a un luogo specifico”, la  “valutazione medico-legale” ha mostrato che “non è stato possibile identificare alcuna indicazione tangibile di stupro”. Ma non preoccupatevi, “indicatori circostanziali, come la posizione del cadavere e lo stato dei vestiti o le gambe vistosamente divaricate, potrebbero alterare questa valutazione nel futuro”.

In termini generali, la sezione del rapporto sugli “Standard di prova per la verifica delle accuse” afferma che il loro standard di “ragionevoli motivi per credere”, già di per sé debole sullo spettro che va dalla “voce” alla “prova” , si baserebbe sul fatto che le “informazioni” esaminate siano “credibili e affidabili”. Ma non viene fornito alcun criterio per “credibile” o “affidabile”.

Riguardo il fatto che le informazioni siano “chiare e convincenti”, altro termine utilizzato, i rapporti ammettono che “non esiste un’unica definizione del termine”. Il rapporto ammette addirittura sfacciatamente che “la missione non era investigativa”.

Questo, tra l’altro, ricorda l’ammissione del 9 febbraio 2024 del giornalista del New York Times Jeffrey Gettleman, autore principale della screditata storia del 28 dicembre “Urla senza parole”, di non aver trovato “prove” di stupro di massa, ma solo ascoltato “informazioni” su di esse.

I “ragionevoli motivi” per cui la commissione “crede” che sia avvenuta una violenza sessuale consistono quindi solo in alcune foto di cadaveri “nudi o parzialmente nudi” e in alcune “testimonianze” di persone che si dichiarano “testimoni”. In altre parole, per sentito dire.

La loro visita di 17 giorni

Nei 17 giorni trascorsi in Israele, la commissione delle Nazioni Unite ha incontrato il presidente Herzog e la “First Lady”, l’esercito israeliano, lo Shin Bet, la polizia israeliana e i ministri degli Affari esteri, Giustizia, Sanità, Welfare e Affari sociali (due Likud, due Sha). Hanno inoltre condotto interviste con 27 “rappresentanti della società civile israeliana” e 34 “vittime e sopravvissuti” degli attacchi del 7 ottobre, ma non di violenze sessuali. Prima del loro arrivo non erano riusciti a ottenere molte informazioni, perché Israele non le aveva rese disponibili.

Un “team tecnico” ha supportato la missione, composto da un funzionario per i “diritti umani”, un “esperto di polizia in indagini penali”, un funzionario “affari giudiziari”, un “patologo forense”, un “analista di informazioni digitali e open source” e due ciascuno tra “investigatori sulla violenza sessuale e di genere” e due funzionari “affari politici”. 

Hanno visitato l’obitorio della base militare di Shura, nonché l’autostrada 232, il sito del festival musicale Nova, il kibbutz Be’eri e la base militare di Nahal Oz.

Hanno anche visitato la Cisgiordania occupata, parlando con funzionari governativi, e altri tra cui quattro “detenuti recentemente rilasciati”, ma il rapporto non prende posizione sulla verità di eventuali accuse, sebbene descritte in modo dettagliato, secondo le quali, i funzionari israeliani avrebbero commesso violenze sessuali contro le palestinesi. Non forniscono alcuna risposta coerente alla domanda sul perché abbiano visitato la Cisgiordania, e in effetti la maggior parte di questa sezione tratta argomenti non legati alla violenza sessuale.

Se la missione abbia operato in Israele in modo indipendente, libero dall’influenza del governo, è una speculazione, anche se il rapporto è sincero riguardo alle numerose “limitazioni” al loro “accesso ai sopravvissuti/vittime e informazioni” e si rammarica della breve durata del soggiorno. Specifica per quattro volte la necessità di “future” e “ulteriori” indagini per superare l’inconcludenza dei risultati.

Risultati specifici

Il “Disclaimer” nella parte superiore del rapporto afferma che “per proteggere la privacy e l’incolumità di coloro che hanno collaborato con il team della commissione”, si stanno nascondendo alcune “informazioni sensibili” e “dettagli”. Qualunque sia la ragione, il rapporto mantiene la promessa di non includere dettagli.

Riguardo alla visita al primo dei “quattro luoghi colpiti dagli attentati del 7 ottobre”, si limitano a dire che “sulla strada 232 informazioni credibili, basate su testimonianze, descrivono un episodio di stupro di due donne da parte di elementi armati”.

Altri casi di stupro segnalati “non hanno potuto essere verificati nel tempo assegnato”. Allo stesso modo, lungo la Strada 232 “non è stato possibile verificare modelli riconoscibili di mutilazione genitali”, ma “la squadra della commissione è stata in grado di accertare che numerosi corpi di donne e di alcuni uomini sono stati trovati totalmente o parzialmente nudi, con i vestiti strappati”

La menzione degli “uomini” solleva la questione se siano stati o meno aggrediti sessualmente, o che forse siano stati coinvolti in attività sessuali durante il festival, o abbiano semplicemente dormito “leggeri” durante una stagione calda.

Per quanto riguarda la loro visita al kibbutz Be’eri, che come sappiamo è stato colpito dal fuoco israeliano, tutto ciò che viene affermato è che lì c’erano state “gravi segnalazioni di CRSV”. A Be’eri “testimoni hanno adottato nel tempo un approccio sempre più cauto e circospetto riguardo a resoconti passati, includendo in alcuni casi la ritrattazione di dichiarazioni rese in precedenza”. Infine, “almeno due delle accuse di violenza sessuale precedentemente segnalate, sono state ritenute infondate dal team della commissione”. Infondata, ad esempio, è l’affermazione secondo la quale il grembo di una donna incinta era “stato squarciato prima di essere uccisa, con il feto pugnalato mentre era ancora dentro di lei”.

In parte a causa della “disponibilità limitata e della bassa qualità delle immagini”, “nel complesso la squadra della commissione non è stata in grado di stabilire se si sia verificata violenza sessuale nel kibbutz Be’eri”. (Ricordiamo qui che l’onere della prova spetta a chi denuncia violazioni: non si può dimostrare in chiave negativa.)

Alla luce dell’affermazione di Hamas nel documento “Our Narrative” del 21 gennaio 2024 secondo il quale l’obiettivo era quello di uccidere e catturare soldati dell’IDF, evitando danni ai civili – nella base dell’IDF di Nahal Oz, la commissione non ha trovato nemmeno ragionevoli motivi per credere allo “stupro e violenze sessuali”. Le relative segnalazioni “non hanno potuto essere verificate”, si tratta di casi che “non è stato possibile verificare”. Si rileva, con onestà, che le ferite da arma da fuoco alle zone genitali non costituiscono un “modello” perché i cadaveri presentano ferite da arma da fuoco in tutte le zone del corpo.

Solo per quanto riguarda il quarto sito visitato – quello del festival musicale “Tribe of Nova” – il team si sente fiducioso nel sostenere che esistano “fondati motivi per ritenere” possibile una violenza sessuale. Senza nome, nemmeno in anonimo, “testimoni oculari credibili” hanno riferito di “molti episodi di stupro, compresi stupri di gruppo”. Non vengono fornite ragioni su come questi rapporti soddisfino il loro criterio di “credibilità”.

Il team poi, aggiunge apertamente che “ci sono ulteriori resoconti di individui che hanno assistito ad almeno due episodi di stupro di cadaveri di donne”. Stupro di cadaveri! Semplicemente affermato, senza alcuna argomentazione su quanto i resoconti siano “credibili”, o “verificati”: questa squadra dovrebbe essere severamente rimproverata per aver ballato intorno alla calunnia.

Tre luoghi non visitati, ma comunque commentati, sono il primo kibbutz Re’im, dove il team “crede ragionevolmente” che “materiale digitale” e “testimonianze” siano sufficienti per confermare lo stupro di una donna “fuori da un rifugio antiaereo all’ingresso” del kibbutz. Il secondo luogo, nel kibbutz Kfar Aza dove “la verifica della violenza sessuale non era ormai possibile”.

Il terzo luogo, all’interno di Gaza: il team di Patten ritiene che “resoconti di prima mano degli ostaggi rilasciati” costituiscano “informazioni chiare e convincenti sul fatto che la violenza sessuale, compreso lo stupro, la tortura sessualizzata e trattamenti crudeli, inumani e degradanti si siano verificati contro alcune donne e bambini…”

Valutare il Rapporto

Il rapporto lascia impressioni negative sul comportamento dei palestinesi il 7 ottobre, ma in generale, per quanto riguarda una “valutazione medico-legale” di testimonianze, foto e filmati, “considerata la panoramica incompleta delle prove in questa fase, le indagini successive potrebbero fornire ulteriori approfondimenti.” In pratica, ammettono che la giuria è ancora fuori.

Il rapporto deve essere criticato perché contraddice la sua stessa cautela. Sebbene si riferisca alla stragrande maggioranza delle accuse basate su “motivi ragionevoli”, in numerose parti il linguaggio assume affermazioni più forti. Il §6 della Sintesi, ad esempio, parla di violenza sessuale come fosse un fatto accertato. Il §13 afferma di aver “verificato” il caso di stupro fuori dal rifugio antiaereo nel kibbutz Re’im, mentre il §61, che tratta di quel luogo, afferma solo “motivi ragionevoli per crederlo”. Il §48 afferma: “Non è stato possibile accedere a testimonianze di prima mano di sopravvissute/vittime di violenza sessuale”. Ma come fa allora a dichiarare che sono sopravvissuti/vittime? A questo riguardo la relazione è chiaramente manipolabile.

Infine, il breve paragrafo dedicato all’“attribuzione” non cerca deliberatamente di dire quali “gruppi armati specifici” abbiano commesso “violazioni”. Ignora le prove sulle diverse morti israeliane che devono essere attribuite al fuoco israeliano, sia dai carri armati che via aerea. È ormai chiaro che Hamas, date le armi che possedeva il 7 ottobre, non avrebbe potuto causare l’entità dei danni ai veicoli lungo la Strada 232 mostrati nelle foto.

Riconosce che Hamas, nella sua dichiarazione ‘Our Narrative: Operation Al Aqsa Flood’, “ha negato le accuse di danni contro civili” – anche se in realtà Hamas ammette che “Forse si sono verificati alcuni errori durante l’attuazione a causa del rapido crollo del sistema militare e di sicurezza israeliano, del caos provocato lungo le zone di confine con Gaza. Se si fosse verificato qualche caso di attacco contro civili,  è accaduto accidentalmente e nel corso dello scontro con le forze di occupazione.” L’operazione “ha preso di mira i siti militari israeliani e ha cercato di arrestare i soldati del nemico per fare pressione sulle autorità israeliane affinché rilasciassero le migliaia di palestinesi detenuti nelle carceri israeliane attraverso un accordo di scambio di prigionieri”.

Il rapporto inoltre non registra alcun contatto con Hamas per conoscere il loro parere sul tema della violenza sessuale. Hamas, da parte sua, chiede “indagini eque e indipendenti” e “un’indagine internazionale trasparente” sugli eventi del 7 ottobre.

In sintesi, ci viene chiesto di credere alla parola del team della commissione. Eppure, anche se prendessimo per buone le loro parole, i “risultati” del loro rapporto sono lontani anni luce da qualsiasi paramento che soddisfi la descrizione di una violenza sessuale sistematica o diffusa, utilizzata come “arma da guerra” da Hamas, Jihad islamica, il FPLP o altri. 

Eppure, questa è stata fin dall’inizio un’accusa non provata, tra gli altri, del governo israeliano, del New York Times e del Guardian – a sua volta sfatata dai giornalisti, ad esempio, di Grayzone, Electronic Intifada, Mondoweiss, Intercept e il Palestine Chronicle – che le ricerche di Google confermeranno prontamente.

Con un certo buon senso ora bisogna chiedersi in primo luogo perché Israele e i suoi alleati abbiano incoraggiato un rapporto tamente debole. Dopotutto, se le accuse fossero vere, sarebbe chiaramente nell’interesse di Israele mostrare tutte le prove concrete di cui dispone. Perché così timido, se c’è qualcosa di vero in questa linea di diffamazione? Il momento di giocare le carte era adesso.

In ogni caso, dalla pubblicazione del rapporto lunedì 4 marzo, i titoli dei giornali di tutto il mondo hanno annunciato che gli stupri commessi dai palestinesi il 7 ottobre sono stati “confermati”. E questo non è vero. Qualunque sia il motivo per cui il team ha accettato l’invito di Israele a guardare immagini e ascoltare resoconti, per ora è solo riuscito a demonizzare ulteriormente i palestinesi, rendendo così più facile per Israele continuare a commettere un genocidio nella totale impunità.

Traduzione di Cecilia Parodi. Leggi l’articolo in inglese qui. 

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