‘Una vergogna per la civiltà’ – La Cina ribadisce la richiesta di un cessate il fuoco immediato a Gaza

By Redazione Palestine Chronicle

Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha descritto l’attacco israeliano contro la Striscia di Gaza come una “vergogna per la civiltà”, ribadendo l’appello del suo Paese per un “cessate il fuoco immediato” e affermando il suo sostegno alla piena adesione della Palestina alle Nazioni Unite.

Mercoledì, durante una conferenza stampa a margine della seconda sessione del Consiglio Nazionale a Pechino, il Ministro cinese ha affermato che “il fallimento nel porre fine a questo disastro umanitario oggi, nel XXI secolo, è una tragedia per l’umanità e una vergogna per la civiltà, “

“Niente giustifica il protrarsi del conflitto o l’uccisione della popolazione civile”, ha aggiunto.

Wang Yi ha inoltre affermato il forte sostegno del suo Paese alla “giusta causa del popolo palestinese per ripristinare i propri legittimi diritti nazionali”.

Ha sottolineato che la Cina “continuerà a lavorare con la comunità internazionale per ripristinare la pace, salvare vite umane e sostenere la giustizia”, aggiungendo che la Cina sostiene “il tentativo della Palestina di diventare uno stato membro a pieno titolo delle Nazioni Unite”.

Diritto alla lotta armata

Il 21 febbraio la Cina ha criticato aspramente gli Stati Uniti per aver posto il veto a una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che chiedeva un cessate il fuoco immediato a Gaza.

Pechino ha affermato che la mossa ha effettivamente dato “un via libera al continuo massacro” dei palestinesi.

Il giorno dopo, rivolgendosi alla Corte Internazionale di Giustizia, il rappresentante cinese ha affermato che l’uso della lotta armata da parte dei palestinesi per ottenere l’indipendenza dal dominio straniero e coloniale, è “legittimo” e “ben fondato” nel diritto internazionale.

“Nel perseguimento del diritto all’autodeterminazione, l’uso della forza da parte del popolo palestinese per resistere all’oppressione straniera e completare la creazione di uno Stato indipendente è un diritto inalienabile ben fondato nel diritto internazionale”, ha detto Ma Xinmin alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia.

Citando le risoluzioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, l’inviato di Pechino presso la massima Corte mondiale, ha affermato che le persone che lottano per l’autodeterminazione possono utilizzare “tutti i mezzi disponibili, compresa la lotta armata”.

“La lotta condotta dai popoli per la loro liberazione, il diritto all’autodeterminazione, compresa la lotta armata contro il colonialismo, l’occupazione, l’aggressione, il dominio contro le forze straniere non dovrebbe essere considerata un atto terroristico”, ha affermato Ma nel suo discorso alla Corte Internazionale di Giustizia, citando le convenzioni internazionali.

Il genocidio continua

Attualmente sotto processo alla Corte Internazionale di Giustizia per genocidio contro i palestinesi, Israele sta conducendo un’aggressione devastante contro Gaza dal 7 ottobre.

Secondo il Ministero della Sanità di Gaza, 30.800 palestinesi sono stati uccisi e 72.298 feriti nel genocidio israeliano in corso dal 7 ottobre.

Inoltre, almeno 7.000 persone risultano disperse, presumibilmente morte, sotto le macerie delle loro case in tutta la Striscia.

Organizzazioni palestinesi, e internazionali, affermano che la maggior parte delle persone uccise e ferite sono donne e bambini.

L’aggressione israeliana ha anche provocato lo sfollamento forzato di quasi due milioni di persone provenienti da tutta la Striscia di Gaza, la stragrande maggioranza degli sfollati sono stati costretti a rifugiarsi nella città meridionale di Rafah, vicino al confine con l’Egitto, causando il più grande esodo di massa dalla Nakba del 1948.

Israele afferma che 1.200 soldati e civili sono stati uccisi durante l’operazione Al-Aqsa il 7 ottobre. I media israeliani hanno pubblicato rapporti che suggeriscono che molti israeliani sono stati uccisi quel giorno dal “fuoco amico”.

Traduzione di Cecilia Parodi. Leggi l’articolo in inglese qui. 

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