La riforma “irragionevole”: Cosa sta succedendo in Israele? – EXPLAINER

Migliaia di israeliani hanno partecipato alle proteste contro la riforma giudiziaria. (Photo: Lizzy Shaanan, via Wikimedia Commons)

By Redazione Palestine Chronicle

Il governo di estrema destra di Benjamin Netanyahu ha approvato, nella giornata di lunedì, una delle norme chiave della controversa riforma giudiziaria che sta letteralmente mettendo a soqquadro il Paese. 

Le proteste, che vedono la partecipazione di centinaia migliaia di persone, continuano, accompagnate dalla possibile convocazione di uno scioperto generale, dalla promessa da parte dell’opposizione di ricorrere a ogni via legale, e alla minaccia da parte dei riservisti di rifiutarsi di prestare servizio. 

La clausola della ‘ragionevolezza’

Dopo mesi di dibattito serrato, il governo ha approvato lunedì la cosidetta clausola di ‘ragionevolezza’ lunedì, con un voto finale di 64 a 0.

A partecipare alla votazione, infatti, è stata solo la maggioranza, mentre la minoranza ha scelto di ritirarsi sull’Aventino. 

La norma appena approvata, tecnicamente, proibisce alle corti israeliane di usare la “dottrina della ragionevolezza” per rivisitare decisioni prese dal governo, dai ministri e dagli “ufficiali eletti”. 

La norma, redatta dal parlamentare del gruppo Sionismo Religioso Simcha Rothman, era già passata in prima e seconda battuta alla Knesset.

La dottrina della ragionevolezza, che affonda le radici nel diritto ebraico (Halakha) e nel Common Law britannico, viene considerata essenziale per bilanciare il sistema di diritto israeliano.

Secondo gli oppositori della riforma, la sua cancellazione elimerebbe il solo strumento per revisionare decisioni puramente arbitrarie prese dal governo, anche qualora queste fossero considerate, appunto, “irragionevoli”.

Reazioni all’approvazione della norma

Da quasi 30 settimane, Israele è attraversato da proteste molto partecipate e trasversali, a cui fanno da contrappeso le manifestazioni a sostegno del governo di estrema destra, animate soprattutto dai coloni ebraici, principale corpo elettorale dell’attuale coalizione. 

Nei mesi, le proteste si sono fatte sempre più violente da entrambi gli schieramenti. La polizia israeliana ha risposto con veemenza alle manifestazioni, usando cannoni ad acqua per disperdere la folla e causando dunque dei feriti.

34 gli arrestati e almeno 10 i feriti tra le file della polizia, mentre i manifestanti hanno bloccato strade e autostrade del Paese.

Un colono israeliano si è lanciato sulla folla con un furgone nella cittadina di Kfar Saba, a 16 chilometri da Tel Aviv. Secondo il quotidiano israeliano Haaretz, almeno tre persone sono state ferite. 

Netanyahu e gli oppositori

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu, reduce di un intervento di pace maker domenica, ha annunciato che è pronto a tornare al tavolo delle trattative quanto prima. 

Il leader dell’opposizione Yair Lapid ha risposto con un video messaggio in cui sostiene che si tratta solo di “vacuii teatrini” e “bugie”, allo scopo di “mettere a tacere le proteste.”

USA & Israele

Il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha più volte espresso il suo dissenso nei confronti della riforma giudiziaria, anche a ridosso dell’ultima votazione parlamentare. 

A poche ore dalla decisione della Knesset (parlamento israeliano) di approvare la clausola della ragionevolezza, la portavoce della Casa Bianca Karine Jean-Pierre ha sostenuto in un breve comunicato che “la decisione di approvare la norma con una minoranza risicata è infelice”.

Jean-Pierre ha aggiunto che “in qualità di amico fedele di Israele, il Presidente Biden ha espresso pubblicamente e privatamente la sua opinione su questi stravolgimenti dell’ordine democratico, che dovrebbero godere del massimo consenso possibile.”

Biden, che si è sempre dichiarato un fervente sostenitore del sionismo, ha però espresso più volte una certa distanza dall’attuale premier israeliano, tanto che per circa sette mesi aveva evitato di formunare un invito ufficiale alla Casa Bianca.

L’invito è poi arrivato nella scorsa settimana, ma le recenti tensioni, inerenti la riforma giudiziaria e l’espansione coloniale israeliana, potrebbero compromettere ulteriormente la situazione. 

Cosa aspettarsi?

In un’intervista con il Channel 4 News britannico, l’ex Primo Ministro israeliano Ehud Olmert ha dichiarato che, dopo la votazione di lunedì, Israele “sta entrando in uno stato di guerra civile”. 

A scontrarsi sul campo sembrano il sionismo liberale, che per anni ha dominato nelle istituzioni del Paese, e il sionismo ultrareligioso, che negli anni è stato usato come “braccio armato” da parte dei liberali e che ora occupa gli spazi politici e istituzionali del Paese. 

Questo secondo schieramento, che ha trovato maggiore raggio d’azione grazie all’alleanza con il Likud di Netanyahu, sembra oggi prevalere nell’imposizione delle sue priorità, compromettendo quella che, sin dal 1948, viene presentata come una democrazia. 

Ripercussioni sulla popolazione palestinese

La popolazione palestinese guarda con attenzione alle vicende israeliane, ma senza parteggiare per uno dei due schieramenti. D’altra parte, ad animare le proteste non sono lo sdegno e l’indignazione verso le politiche di occupazione e apartheid impunemente portate avanti da Israele nel corso degli anni. 

I leader dell’attuale opposizione, da Lapid a Benny Gantz, sono stati, per i palestinesi, altrettanto pericolosi e violenti di Netanyahu e dei suoi attuali alleati. 

Tuttavia, le attuali proteste possono essere utilizzate per esporre ulteriormente le contraddizioni interne al sistema israeliano e per smentire la retorica dominante che vede in Tel Aviv “l’unica democrazia del Medio Oriente”. 

(The Palestine Chronicle)

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*