“Sogniamo il pane” – Un appello urgente da Gaza

(Photo: via Eye on Palestine)

By Abdallah Aljamal

Secondo OCHA, l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari ,Gaza sta vivendo la peggiore crisi alimentare nel mondo.

Si tratta di “una catastrofe totalmente provocata dall’uomo, derivata dai continui attacchi di Israele e dall’assedio del territorio, che sta affamando i civili”, ha affermato l’OCHA in un rapporto del 9 gennaio.

Il 9 ottobre, a soli due giorni dall’inizio dell’attacco genocida israeliano contro Gaza, il Ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, ha annunciato un “assedio completo” sulla Striscia già sotto embargo.

“Non ci sarà elettricità, né cibo, né carburante, tutto chiuso”, aveva detto Gallant, aggiungendo: “Stiamo combattendo animali umani e ci comportiamo di conseguenza”.

Ad alcuni convogli umanitari è stato dato il permesso di entrata a Gaza, ma il numero di camion è diminuito drasticamente rispetto ai mesi prebellici. La diminuzione avviene  in un momento in cui Gaza è devastata, e ha maggiormente bisogno di medicine salvavita, cibo e persino acqua, tra le altre forniture essenziali.

‘Peggio della prima Nakba – I sopravvissuti di Gaza parlano al Palestine Chronicle

La situazione è particolarmente grave nella regione settentrionale e a Gaza City, dove Israele continua a impedire ogni accesso alle suddette forniture salvavita, tra cui acqua, medicine e carburante.

Due residenti di Gaza City hanno parlato con The Palestine Chronicle della loro disperazione, di fronte alla fame.

La morte ci circonda

“Dall’inizio dell’operazione di terra (militare israeliana), oltre 100 giorni fa, abbiamo vissuto una vera carestia. Ogni giorno la nostra sofferenza aumenta”, ha detto Ayman al-Hattu al Palestine Chronicle.

“Il pericolo di morte per fame e sete si diffonde ovunque. Non possiamo dare cibo e acqua alla nostra gente e ai bambini, e  ci sentiamo impotenti.

“La morte ci circonda, si sentono continuamente le grida dei nostri figli affamati e assetati”.

Al-Hattu ha spiegato che a Gaza City non c’è farina e, se disponibile, la si può acquistare a un prezzo  aumentato di circa 30 volte.

“Non abbiamo i soldi per comprarlo, e non ci sono banche, né stipendi, né lavoro. La guerra ha distrutto tutto”, ci ha detto. “La vita si è completamente fermata. Malattie ed epidemie si diffondono ovunque”

Mio figlio sogna il pane

“Quando è iniziata la guerra, abbiamo lasciato le nostre case e ci siamo diretti verso una scuola dell’UNRWA, ma non c’è acqua né cibo e le malattie circolano ovunque”, ha riferito un altro residente, Samar al-Saeedi.

Al-Saeedi ha spiegato che la situazione sanitaria a Gaza City sta peggiorando di giorno in giorno, e che non esistono cure o farmaci per frenare la diffusione delle malattie, causate principalmente dalla scarsità d’acqua.

“Non ce ne andremo” – I palestinesi di Rafah chiedono al mondo di fermare l’invasione israeliana.

“Il mio figlioletto sogna di mangiare il pane. Tutti i nostri bambini sognano di mangiare pane e bere acqua, e l’impossibilità di soddisfare i loro bisogni è dolorosa”, ci ha detto. “Il mondo ci guarda e non fa nulla, mentre siamo circondati dalla morte per i bombardamenti, per la fame e la sete”.

Al-Saeedi ha lanciato un ultimo appello:

“Fermate questa guerra, fermate i crimini dell’occupazione, salvate i nostri bambini, salvate il popolo di Gaza dal genocidio, aiutateci con cibo e sicurezza, ripristinate la vita a Gaza, riportate il sorriso ai bambini di Gaza”.

Secondo il Ministero della Sanità di Gaza, 29.606 palestinesi sono stati uccisi e 69.737 feriti nel genocidio in corso dal 7 ottobre. Almeno 7.000 persone risultano disperse, presumibilmente morte, sotto le macerie delle loro case in diverse aree della  Striscia.

Organizzazioni palestinesi, e internazionali, affermano che la maggior parte delle persone uccise e ferite sono donne e bambini.

L’aggressione israeliana ha provocato lo sfollamento forzato di quasi due milioni di persone, la stragrande maggioranza degli sfollati sono stati costretti a rifugiarsi nella città meridionale di Rafah, vicino al confine con l’Egitto, causando il più grande esodo di massa dalla Nakba del 1948.

Israele ritiene che 1.200, tra soldati e civili, sono stati uccisi durante l’operazione Al-Aqsa il 7 ottobre.

Traduzione di Cecilia Parodi. Leggi l’articolo in inglese qui. 

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