Lo sdegno selettivo: Il problema non è Smotrich, ma il sionismo

Il ministro di estrema destro Bezalel Smotrich. (Photo: 4800, via Wikimedia Commons)

By Ramzy Baroud

Per sua stessa ammissione, il nuovo ministro delle finanze israeliano Bezalel Smotrich è un “omofobo fascista”. Questa dichiarazione,  rilasciata il 16 gennaio, dovrebbe di per sé essere sufficiente a sottolineare la natura violenta del nuovo carrozzone politico creato dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu lo scorso dicembre.

Smotrich non è l’unico politico nel governo di Netanyahu ad essere caratterizzato da una storia di violenza, retorica e reale, ma la sua storia è particolare. A differenza del suo capo, Smotrich non sente neanche il bisogno di celarsi dietro un linguaggio diplomatico di maniera.

Negli ultimi mesi, è salito alla ribalta della cronaca a livello internazionale, non certo per il suo genio finanziario in grado di risolvere gli imminenti problemi finanziari di Israele a causa dell’indebolimento del sistema legale. Non ha neanche le risposte, men che meno l’interesse, per affrontare l’evidente disuguaglianza socio-economica di Israele. Niente di tutto questo. Smotrich è diventato tristemente famoso per il suo malcelato razzismo.

Nel 2016, fece scalpore il suo suggerimento di separare le donne ebree da quelle palestinesi nei reparti maternità. La sua logica era tanto bigotta quanto sciocca: «Mia moglie non è certo una razzista, ma dopo il parto vuole riposare e non vuole quelle feste chiassose che avvengono nelle famiglie delle donne arabe dopo una nascita».

All’epoca, Smotrich era membro della Knesset in rappresentanza del partito Casa Ebraica, prima di unirsi successivamente all’Unione dei partiti di destra, a Yamina, per poi tornare alla Casa ebraica e di nuovo a Yamina, e approdare, infine, nel suo attuale Sionismo Religioso. Smotrich, egli stesso  colono ebreo illegale residente a Kedumim, vicino a Qalqiliya, ha finora trovato una sua collocazione nella maggior parte delle attuali piattaforme politiche di destra israeliane.

Nei partiti di destra israeliani, il razzismo è un prerequisito importante per avere successo in politica. In effetti, è proprio grazie al razzismo che Itamar Ben-Gvir è passato dall’essere un giovane leader del partito estremista Kach a diventare il ministro della sicurezza nazionale del Paese. Entrambi i personaggi, Smotrich e Ben-Gvir, decidono sulla sorte di molte comunità palestinesi, ed entrambi sono ansiosi di espandere gli insediamenti ebraici illegali, indipendentemente dall’illegalità di tale azione e dall’efferatezza delle azioni che potrebbero conseguirne.

Quando centinaia di coloni ebrei israeliani illegali hanno dato alle fiamme il villaggio palestinese di Huwwara il 26 febbraio, bruciando molte case, uccidendo un palestinese e ferendone oltre 100, Smotrich, ora ministro, ha ritenuto di dover commentare questi episodi violenti. Non ha obiettato  al pogrom contro una pacifica comunità palestinese, quanto al fatto che, a suo avviso, il villaggio avrebbe dovuto essere “spazzato via” dall’esercito israeliano, e non dai coloni.

Smotrich in seguito ha spiegato i suoi commenti come un “lapsus in una tempesta di emozioni”, ma un’affermazione così poco convincente era solo il risultato di un compromesso, dovuto al fatto che queste parole potevano compromettere i suoi futuri viaggi in molti Paesi occidentali. Non appena i principali media in occidente si sono rapidamente dimenticati dell’esplicito appello di Smotrich al genocidio a Huwwara, lui è tornato subito al suo abituale linguaggio razzista.

Non esistono “i palestinesi perché non esiste il popolo palestinese”, ha sostenuto dinanzi a una folla entusiasta di sostenitori il 19 marzo scorso, durante una recente visita in Francia. “Il popolo palestinese è un’invenzione del secolo scorso”, ha aggiunto.

Smotrich, come se non bastasse, parlava da un podio che raffigurava una mappa del cosiddetto “Grande Israele”, che comprende l’odierna Giordania e altri territori arabi. Tre giorni dopo, il parlamento giordano ha votato a favore di una risoluzione che raccomanda l’espulsione dell’ambasciatore israeliano ad Amman.

Ma dov’è Washington in questo caos politico israeliano? Dopo le dichiarazioni su Huwwara, il portavoce del Dipartimento di Stato americano Ned Price ha definito i commenti di Smotrich “ripugnanti” e ha invitato Netanyahu a rinnegarli pubblicamente. Naturalmente, Netanyahu non ha posto un argine a Smotrich, né gli Stati Uniti hanno sfidato ulteriormente Israele. Nemmeno gli appelli ufficiali alla pulizia etnica dei palestinesi sembrano intaccare il “legame indissolubile” tra Washington e Tel Aviv.

Tuttavia, nell’ondata di sdegno per i commenti di Smotrich, molti, più o meno consapevolmente, hanno tralasciato che il razzismo in Israele è strutturale, nonché parte integrante dell’ideologia sionista che ne è alla base.

Prima di tutto, Smotrich è un parlamentare eletto, nonché membro del governo più stabile in Israele da anni. Non è un’aberrazione. La sua ideologia estremista è anzi il pensiero dominante nel “governo più a destra della storia” del Paese.

In secondo luogo, l’appello di Smotrich alla distruzione di Huwwara non è una posizione estranea alla storia di pulizia etnica e di “genocidio incrementale” di Israele. A parte la distruzione e lo spopolamento di oltre 500 villaggi e città nella Palestina storica durante la Nakba del 1947-48, l’espansione coloniale di Israele nei Territori Occupati non è che il proseguimento della stessa violenta eredità. Ogni insediamento illegale di ebrei israeliani in Cisgiordania e Gerusalemme est si trova su territorio palestinese, che si tratti delle rovine di un villaggio depopolato, di un frutteto o di una fattoria privata. Quanti Huwwara sono stati “spazzati via” per sostenere questo regime coloniale?

In terzo luogo, la mappa del cosiddetto “Grande Israele” non è un’invenzione recente di Smotrich, Ben-Gvir o dello stesso Netanyahu. In realtà, è più antica dello stato di Israele, poiché fu adottata dai gruppi revisionisti sionisti, come il movimento Betar e l’Irgun, che hanno svolto un ruolo fondamentale nella fondazione di Israele sulle rovine della Palestina.

Infine, l’idea razzista che i palestinesi non esistano, sebbene funzionale alla disumanizzazione dei palestinesi, è anch’essa un vecchio topos. È direttamente collegata al vecchio slogan sionista secondo cui la Palestina era una “terra senza popolo per un popolo senza terra”. Molte espressioni derivanti da questo slogan coloniale razzista sono state pronunciate dai politici israeliani nel corso degli anni. La più nota è quella dell’ex primo ministro israeliano Golda Meir in un’intervista al Sunday Times nel 1969. “Non c’erano palestinesi… I palestinesi non esistevano”, Meir disse.

Sebbene il mondo sia oggi meno tollerante nei confronti di tale razzismo, Israele è rimasto lo stesso. La generazione di Smotrich e Ben-Gvir non è che la logica conseguenza di quella di David Ben-Gurion e Golda Meir. Pertanto, condannare i commenti di Smotrich, pur continuando a sostenere Israele e celebrare il sionismo, non è solo ipocrita, ma anche inutile.

Smotrich lo sa bene, da qui il suo continuo razzismo, il desiderio di espansione coloniale e il suo appello, diretto alla distruzione di intere comunità palestinesi.

(Leggi l’originale inglese qui)

- Ramzy Baroud is a journalist and the Editor of The Palestine Chronicle. He is the author of six books. His latest book, co-edited with Ilan Pappé, is “Our Vision for Liberation: Engaged Palestinian Leaders and Intellectuals Speak out”. Dr. Baroud is a Non-resident Senior Research Fellow at the Center for Islam and Global Affairs (CIGA). His website is www.ramzybaroud.net

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