L’occupazione israeliana del Golan siriano: Una storia coloniale

Carrarmato israeliano nelle Alture del Golan. (Foto: IDF, via Wikimedia Commons)

By Lorenzo Poli

Di recente, i media mainstream sono tornati a occuparsi di Siria dopo il terribile terremoto che ha colpito il Paese e la Turchia nel mese di febbraio. A non fare mai notizia, invece, è l’occupazione israeliana delle alture del Golan.

Non essendoci, in quei territori, una resistenza organizzata come quella che caratterizza i territori occupati palestinesi della Cisgiordania, di Gerusalemme Est e di Gaza il Golan siriano è diventato il territorio ideale per i progetti di espansione coloniale di Israele. Da sempre, il mito sionista vagheggia di “una terra senza popolo per un popolo senza terra”, ricalcando la classica idea di terra nullius adottata dalle potenze coloniali nel corso della storia, come nel caso dei britannici nei confronti dell’Australia.

Le alture del Golan: una storia coloniale

Alla fine del XIX secolo, poco dopo il Primo Congresso sionista del 1897 a Basilea, in Svizzera, gruppi di immigrati di religione ebraica tentarono senza successo di stabilirsi nella parte meridionale della regione. Nel 1919, il movimento sionista fece pressioni sulla Conferenza di Pace di Versailles del primo dopoguerra per fare includere il Golan nel futuro Stato Ebraico. Citarono come motivo il valore strategico dell’altopiano come barriera naturale e ricca fonte d’acqua.

Nonostante le rivendicazioni territoriali sioniste, l’altopiano, con una superficie di 1.750 chilometri quadrati, fu posto sotto la custodia francese e, successivamente, sotto il dominio siriano quando il Paese ottenne finalmente l’indipendenza dalla Francia nel 1946. L’accordo di armistizio siriano-israeliano del 1949, dopo la guerra del 1948 e la nascita di Israele, pose le alture del Golan fuori dal territorio sovrano riconosciuto di Israele.

Tra il 1948 e il 1967, gran parte delle tensioni israelo-siriane si concentrarono lungo i confini delle alture del Golan. I cittadini israeliani del vicino Kibbutzim chiedevano costantemente al governo israeliano di pacificare il Golan, nonostante fosse un’area prevalentemente civile. L’elemento religioso-ideologico nella colonizzazione alture del Golan raramente suscita consensi tra gli israeliani, nonostante l’esistenza di alcuni riferimenti biblici all’area, ma ciò che interessa è il dogma della “sicurezza”, vista come la spinta principale nell’insistenza di Israele nel mantenere l’altopiano. Le preoccupazioni per la sicurezza divennero un importante pretesto in vista della guerra israeliana del 1967 e dell’occupazione dell’altopiano siriano.

Israele conquistò le alture del Golan, sottraendole alla Siria, nel 1967 durante la Guerra dei Sei Giorni, occupando un totale di 1.250 kmq di territorio e solo 100 kmq furono restituiti alla Siria dopo la guerra del 1973. Alla vigilia della guerra del 1967, l’altopiano aveva una popolazione etnicamente diversificata, poco meno di 150.000 persone, distribuita in 163 villaggi.

Due mesi dopo l’occupazione, un censimento condotto da Israele rilevò che erano rimasti solo 6.396 residenti, per lo più drusi. Quel che è certo, tuttavia, è che ci furono casi documentati di residenti siriani a cui fu negato il diritto di tornare alle loro case. Oggi, di quei 163 villaggi, oggi ne rimangono solo quattro tutti a maggioranza drusa. Per indebolire la comunità rimanente, in un modo simile a ciò che venne fatto ai palestinesi rimasti nelle loro case dopo la nascita di Israele, le terre dei villaggi sono state confiscate obbligando la popolazione a spostarsi negli altri villaggi, causando ulteriori partenze.

Impiegando la stessa tecnica dell’“eliminazione fisica dai siti pubblici” usata contro i villaggi palestinesi etnicamente, il governo israeliano ha investito molto nel rifacimento del paesaggio e nella trasformazione dell’altopiano in un’attrazione turistica, rimuovendo le tracce della popolazione araba nativa e promuovendo forme di “turismo coloniale”.

Nel 1967, le alture del Golan furono oggetto di pulizia etnica e circa 124.000 dei 130.000 abitanti siriani furono espulsi con la forza, mentre circa 200 villaggi vennero distrutti. Israele ha permesso a circa 6.000 drusi di rimanere, dal momento che i drusi sono tradizionalmente accondiscendenti nei confronti dell’espansione di Israele e sono alleati dello Stato ebraico dal 1948, e hanno ricoperto molte cariche nella sicurezza.

Nel settembre 1967, Haaretz riferì che in seguito al cessate il fuoco di luglio, le persone furono costrette a lasciare Quneitra, la principale provincia del Golan, dopo aver firmato moduli di “partenza volontaria”. In altri casi, gli abitanti si rifugiarono nel villaggio druso di Majdal Shams, che era in qualche modo al riparo dagli attacchi israeliani.

Dopo settimane di richieste, il governo israeliano permise agli abitanti del villaggio di tornare, solo per essere attaccati dall’esercito israeliano, che costrinse la maggior parte degli abitanti a fuggire in Siria.

L’11 giugno 1967 venne firmato un cessate il fuoco e le alture del Golan passarono sotto l’amministrazione di Israele.

La Siria respinse la Risoluzione 242 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 22 novembre 1967, che chiedeva il ritorno dei territori statali occupati da Israele in cambio di relazioni pacifiche. Israele aveva accettato la Risoluzione 242 in un discorso al Consiglio di sicurezza del 1 maggio 1968. Nel marzo 1972, la Siria “condizionalmente” accettò la risoluzione 242 e il 31 maggio 1974 fu firmato l’Accordo sul Disimpegno tra Israele e Siria.

Nella Guerra del Kippur del 1973, la Siria tentò di riconquistare militarmente le alture del Golan, ma il tentativo non ebbe successo. Israele e Siria firmarono un accordo di cessate il fuoco, nel 1974, che lasciò quasi tutte le alture sotto il controllo israeliano, mentre restituiva una stretta zona demilitarizzata al controllo siriano.  In seguito all’attacco israeliano, oltre 240 villaggi, 110 appezzamenti agricoli e due città siriane furono rasi al suolo. Allora i residenti si rifiutarono di abbandonare le proprie terre devastate dall’aggressione israeliana anche dopo lo spiegamento delle forze Onu. Il 6 ottobre 1973, l’esercito siriano liberò la città di Quneitra, capoluogo distrettuale, insieme ai sobborghi fino a 100km quadrati, ma 1.200km quadrati di Alture del Golan restarono sotto occupazione israeliana.

Nel 1974 venne istituita una forza di osservazione delle Nazioni Unite come cuscinetto tra le due parti. A seguito della parziale accettazione, da parte della Siria, della Risoluzione 338 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che stabiliva il cessate il fuoco alla fine della guerra del Kippur, la Siria accettò anche la risoluzione 242.

Ignorando le risoluzioni ONU 242 e 338 del 1967 e 1973, che chiedevano il completo ritiro israeliano dai territori, nel 1981 il governo israeliano di destra guidato da Menachem Begin (vergognosamente insignito del Premio Nobel per la Pace nel 1978) fu esplicito nell’annettere il Golan e nell’estendere il diritto civile israeliano a esso e alla sua popolazione nativa, a differenza della West Bank palestinese, che – a parte Gerusalemme est – deve ancora essere ufficialmente riconosciuta come parte sovrana dello stato israeliano.

Il 14 dicembre 1981, Israele approvò la Legge sulle Alture del Golan, la legge ratificata dalla Knesset che il governo israeliano applica per le alture del Golan, estendendo l’amministrazione e le leggi israeliane sul territorio conquistato, ma evitò espressamente di usare il termine “annessione” per descrivere il cambiamento di status. La legge è stata condannata a livello internazionale dalla Risoluzione 497 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che dichiarò la legge “nulla e senza effetti giuridici internazionali”, e di conseguenza continuava a considerare le alture del Golan come un territorio occupato da Israele. La misura venne criticata anche da altri Paesi, sia come illegale che non utile al processo di pace in Medio Oriente.

Il Golan nella storia recente

Da allora, giocando sul trauma collettivo e sulla paura, i governi israeliani hanno utilizzato il ritiro di Israele dalla penisola egiziana del Sinai, avvenuto in seguito ai Trattati di Pace del 1979 con l’Egitto, per sottolineare il prezzo elevato della possibile rinuncia alle alture del Golan. Subito dopo che Egitto e Israele avevano firmato l’Accordo di Pace provvisorio del 1975, il premier Rabin disse alla BBC che il Golan, a differenza del Sinai, aveva una portata molto limitata di manovrabilità. Il primo ministro Begin aveva infatti messo a dura prova la mossa dell’allora presidente egiziano Anwar Sadat di collegare il problema del Golan con quello del Sinai.

La Siria richiese la restituzione delle Alture del Golan, mentre Israele mantenne una politica strumentale di “terra per la pace”, ideata da Rabin, basata sulla Risoluzione 242, che pure imponeva il “ritiro delle forze israeliane dai territori occupati nel corso del recente conflitto”. I primi colloqui pubblici ad alto livello, che miravano a una risoluzione delle relazioni bilaterali tra Israele e Siria, si svolsero durante e dopo la Conferenza di Madrid del 1991. Durante tutti gli anni Novanta ci furono diverse negoziazioni tra i diversi governi israeliani e il presidente della Siria Hafiz al-Assad, ma nonostante fossero stati fatti seri progressi, non si riuscì ad arrivare ad un accordo.

Fin dall’inizio, i governi israeliani hanno sottolineato il valore delle alture del Golan come riserva di sicurezza e risorsa strategica, giustificandone l’occupazione. Il controllo israeliano dell’altipiano fornisce teoricamente protezione alla sottile striscia di territorio della Galilea lungo il confine israelo-libanese e dell’area intorno al lago di Tiberiade. Inoltre, scoraggia qualsiasi ostilità siriana e garantisce l’accesso israeliano alle ricche risorse idriche dell’altopiano.

Nel 2010, si stimava che 20.000 coloni israeliani e 20.000 siriani vivessero nel territorio. Tutti gli abitanti erano considerati cittadini israeliani, potendo ottenere una patente di guida israeliana e di viaggiare liberamente in tutto Israele, ma i residenti non ebrei, per la maggior parte drusi, non accettarono la cittadinanza israeliana.

Tra il 2021 e il 2022, Israele ha approvato un piano per raddoppiare il numero dei circa 25.000 coloni sulle alture del Golan siriano occupate. Joe Biden si è rifiutato di annullare la decisione dell’ex presidente Donald Trump che, in spregio del diritto internazionale, aveva riconosciuto il Golan come territorio israeliano. Questo dopo che il Segretario di Stato Anthony Blinken aveva affermato che le alture del Golan erano di “reale importanza per la sicurezza di Israele”, sottintendendo che la nuova amministrazione non avrebbe cercato di cambiare il nuovo status quo.

Il trasferimento di popolazioni in territori annessi illegalmente è un crimine di guerra, ma ad Israele tutto è concesso. Se non vi sarà una forte pressione della comunità internazionale, la situazione del Golan siriano occupato non cambierà con l’ennesimo nuovo governo di Benjamin Netanyahu, ma sarà solo destinata a peggiorare esattamente, come nel caso dell’occupazione della Palestina.

- Lorenzo Poli frequenta il corso di Scienze Politiche Relazioni Internazionali Diritti Umani presso l’Università di Padova. Appassionato di attualità politica e politica internazionale, collabora con diverse redazioni, tra cui InfoPal e Pressenza Italia. Ha contribuito questo articolo al Palestine Chronicle Italia.

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