La Giornata della Terra è il simbolo della lotta contro ogni forma di colonialismo

I bambini di Gaza sfilano con bandiere e striscioni in occasione della Giornata della Terra. (Photo: Mahmoud Ajjour, The Palestine Chronicle)

By Benay Blend

Il 30 marzo 1976, la polizia israeliana uccise sei civili palestinesi mentre protestavano contro un’ulteriore espropriazione di terra palestinese. Da quella data, il 30 marzo viene commemorato come Giornata della terra, in onore della sumoud (resilienza) della popolazione

Come osserva Yara Hawari, la Giornata della Terra segna “un evento importante nella narrativa collettiva palestinese – che enfatizza il ruolo della resistenza palestinese alla colonizzazione israeliana”. Oltre a rimettere al centro la causa palestinese come lotta globale, la ribellione è riuscita a unire i palestinesi in patria con quelli in diaspora, nonostante i tentativi “eterodiretti di creare divisioni geografiche e politiche”.

Come Al-Nakba (la Nakba) e al-Mustamera (la Nakba senza fine), gli eventi che hanno portato alla Giornata della Terra continuano ancora oggi. La pulizia etnica, la discriminazione, la distruzione della terra e degli ecosistemi e l’incendio degli alberi sono ancora parte integrante della politica israeliana nei confronti dei palestinesi.

Poco prima della Giornata della Terra, il ministro delle finanze israeliano di estrema destra Bezalel Smotrich ha auspicato che il villaggio di Huwwara fosse “spazzato via” dal governo israeliano, in risposta alla sempre più organizzata resistenza palestinese nell’area. Più di recente, mentre si trovava a Parigi, Smotrich ha dichiarato che “non esiste il popolo palestinese”, perché i palestinesi non esistono.

Sebbene le sue osservazioni fossero provocatorie, i commenti di Smotrich hanno espresso a chiare lettere ciò che lo stato sionista ha fatto dalla Nakba ad oggi. “Non dovrebbero esserci dubbi sul fatto che ciò di cui Smotrich sta parlando, ciò che vuole incitare sia il genocidio del popolo palestinese”, afferma Ali Abunimah. “Le osservazioni di Smotrich non sono sfoghi senza senso; riflettono un pensiero profondo e attento e un’ideologia coerente.”

È lo stesso motivo che ha spinto Mawusi Ture, attivista e membro di Black Alliance for Peace, a ribadire a Ben Jealous, ex capo della NAACP e ora leader del Sierra Club, che “non esiste giustizia ambientale senza il sostegno dei diritti delle popolazioni indigene dalla Palestina all’Isola delle Tartarughe”. L’appello seguiva l’iniziativa di Adalah, che aveva lanciato una petizione per chiedere al consiglio di amministrazione del Sierra Club di annullare un viaggio in Israele previsto per il mese di marzo.

Non è la prima volta che il Sierra Club viene criticato per questi viaggi. Nel febbraio 2022, gli attivisti palestinesi hanno chiesto al gruppo di rispettare la sua dichiarazione d’intenti contro il razzismo e l’ambiente annullando i suoi “tour dell’apartheid”. Voltando le spalle ai palestinesi, il gruppo ha inizialmente cancellato i tour, ma poi ha ceduto alle pressioni sioniste.

Quest’anno, Adalah si è rivolto direttamente a Ben Jealous, che, come molti altri personaggi progressisti, “fanno un’eccezione quando si tratta di Palestina”. In effetti, Mondoweiss ha riportato che, nel 2017, Jealous aveva votato a favore di un’ordinanza anti-BDS, che vietava a chiunque boicotti lo stato di Israele di fare affari con lo Stato del Maryland.

“La causa palestinese non è una causa solo per i palestinesi, ma una causa per ogni rivoluzionario, ovunque si trovi, in quanto causa delle masse sfruttate e oppresse nella nostra epoca”, scrisse il defunto Ghassan Kanafani. Questa citazione è particolarmente appropriata per introdurre il documento del Collettivo NDN intitolato “Il diritto al ritorno è la restituzione della terra”.

C’è una tendenza, anche tra gli attivisti filo-palestinesi, a credere che l’attuale governo israeliano sia un’aberrazione, anziché essere la logica conclusione di 75 anni di pulizia etnica ai danni del popolo palestinese. Come spiega NDN, gli attuali problemi che tutte le popolazioni indegene devono affrontare derivano dal “colonialismo dei coloni, dal genocidio e dall’apartheid”.

La distruzione proposta di una foresta ad Atlanta, in Georgia, per far posto a Cop City serve come caso di studio per capire come tutte le forme di colonialismo di insediamento siano collegate tra loro. Questa zona aveva già una storia tragica. Nel 19esimo secolo, fu espropriata al popolo Muscogee, per essere utilizzata come piantagione. All’inizio del ‘900, divenne un campo di lavoro, in cui i detenuti erano costretti a svolgere lavori agricoli non retribuiti. Attualmente, il dipartimento di polizia di Atlanta (APD) la utilizza come poligono di tiro.

Al momento, è stata avanzata una controversa proposta per trasformare 300 acri di foresta in un campo di addestramento tattico che ospiterebbe la cosiddetta ‘Cop City’. Come spiega Kwame Olufemi,

“Per essere chiari, Cop City non è solo un controverso centro di formazione. È una base militare, in cui la polizia imparerà nuove tattiche per uccidere i neri e controllare i nostri corpi e i nostri movimenti. La struttura include poligoni di tiro, zone per il collaudo di bombe ed esercitazioni per l’utilizzo di gas lacrimogeni. Vogliono fare in modo di controllare i poveri e la classe operaia. Quando la polizia ci ucciderà di nuovo in strada, come ha fatto con Rayshard Brooks nel 2020, potrà controllare le nostre proteste e la risposta della comunità “- Kwame Olufemi, Community Movement Builders”.

La struttura proposta comprenderebbe aree di addestramento militare e una finta città per esercitazioni sulla guerriglia urbana, zone per il collaudo di bombe, decine di poligoni di tiro e una pista di atterraggio per elicotteri Black Hawk.

La polizia statunitense nacque sotto forma di “pattuglie per schiavi”, che catturavano i neri ridotti in schiavitù in fuga dalle piantagioni. Oggi, i loro obiettivi sono stati modernizzati per promuovere la supremazia bianca e gli interessi del capitale, ma la sostanza resta la stessa. Sulla scia degli omicidi di Tire Nichols (ucciso durante un normale posto di blocco) e Manuel Esteban Paez Terán (ucciso mentre protestava contro Cop City), questa novità renderebbe la polizia ancora più militarizzata. Si trasformerebbe in quello che la Black Alliance for Peace definisce un “esercito interno” per terrorizzare la classe operaia e i poveri.

Inoltre, l’esercito americano fornisce già addestramento alle forze di tutto il mondo, tra cui Israele. Come spiega  Eran Efrati, del gruppo progressista Jewish Voice for Peace, questi “scambi perfezionano e migliorano la militarizzazione radicata nella polizia americana con le tattiche e la tecnologia israeliane di occupazione e apartheid, che vengono testate quotidianamente sui palestinesi.”

Durante questi corsi di formazione in Israele, i funzionari statunitensi e israeliani visitano i checkpoint, le prigioni, gli aeroporti e altri siti in cui avvengono violazioni dei diritti umani, e perfezionano le tecniche utilizzate per reprimere il dissenso in entrambi i Paesi. “Il tipo di addestramento impartito alla polizia in Israele è in realtà parte del problema ,perché incoraggia una mentalità aggressiva da parte della polizia e la espone a pratiche che sarebbero incostituzionali negli Stati Uniti”, Alex Vitale, docente di sociologia, ha dichiarato a The Intercept.

Questo scambio mortale funziona bilateralmente. In una recente visita, il Segretario di Stato americano Antony Blinken ha fatto pressioni sull’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) affinché applicasse il piano di sicurezza americano per ristabilire il controllo su Jenin e Nablus. I combattenti della resistenza palestinese sono diventati più attivi in tutta la regione in risposta all’escalation della violenza israeliana.

L’11 agosto 2022, l’Adalah Justice Project ha inviato una lettera all’organizzazione ambientalista Sierra Club, condannando “i viaggi nell’Israele dell’apartheid che danno il via libera al colonialismo israeliano e danneggiano i palestinesi indigeni”. Sebbene il Sierra Club dichiari di basare il suo itinerario su “uscite giuste e trasformative”, questi viaggi proposti in Israele sono tutt’altro che modelli di “intersezionalità”. I palestinesi vengono nuovamente cancellati dalla loro terra per decisione del gruppo, come se non esistessero.

Nel 2022, Masar Badil, leader del Movimento Rivoluzionario Alternativo Palestinese, ha definito la Giornata della Terra, un “faro sulla via della liberazione e del ritorno” per tutti i palestinesi in patria e nella diaspora. Inoltre, ha invitato “tutte le forze democratiche e progressiste del mondo” a esprimere solidarietà, riaffermando l’impegno a sostenere la lotta dei palestinesi per difendere “la loro terra, la loro esistenza e i loro diritti”.

Lo stesso giorno, Samidoun-Palestinian Prisoner Solidarity Network ha ribadito che “la Giornata della Terra non è solo un anniversario, ma un giorno di lotta per sradicare il colonialismo dalla Palestina”.

Mentre i movimenti palestinesi e di solidarietà sono sempre più presi di mira dai regimi coloniali, il giornalista palestinese Ramzy Baroud scrive che è importante ricordare che i palestinesi sono “una nazione in grado di articolare, resistere e, in ultima analisi, conquistare la libertà, come parte di una lotta molto più ampia per la giustizia e la liberazione in tutto il mondo”.

Secondo l’attivista e scrittore Omar Zahzah, l’esperienza a più livelli del colonialismo di insediamento ha avuto “l’effetto involontario di ravvivare un profondo senso di empatia e di lotta congiunta” tra i palestinesi e le popolazioni indigene di tutto il mondo (NDN Collective, LandBack Magazine, 2022, pagina 45).

La Giornata della Terra, insomma, commemora i martiri palestinesi del 30 marzo 1976, ma celebra anche la lotta per la liberazione di tutte le comunità oppresse nel mondo.

(Originale in lingua inglese qui.)

- Benay Blend è dottore di ricerca in studi americani presso l'Università del New Mexico. I suoi lavori accademici includono Douglas Vakoch e Sam Mickey, Eds. (2017), "'Neither Homeland Nor Exile are Words': 'Situated Knowledge' in the Works of Palestine and Native American Writers". Ha contribuito questo articolo a The Palestine Chronicle.

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