Missili che cadono addosso – Il Newton di Gaza illumina tende e cuori a Rafah

(Image: Palestine Chronicle)

By Redazione Palestine Chronicle

Come dice il proverbio “bisogna fare di necessità virtù”: ci sono voluti più tentativi prima che Hussam Al Attar, 15 anni, riuscisse a generare elettricità per illuminare la tenda della sua famiglia, sfollata a Rafah, nel sud assediato della Striscia di Gaza.

La famiglia di Al Attar è una tra le decine di migliaia costrette a fuggire dalla propria casa nel nord, a causa degli incessanti bombardamenti israeliani sull’area.

Hanno trascorso 20 giorni vivendo nell’oscurità totale della loro tenda.

“Mi è dispiaciuto per i miei genitori e per i miei fratelli, tristi a causa della completa oscurità, e quindi ho pensato di creare qualcosa per alleviare la sofferenza che stiamo vivendo”, ha detto Hussan in un’intervista ad Al Jazeera.

Al Attar è famoso per una capacità: “Trovo roba nei rottami e poi mi invento qualcosa. Amo giocare con tutto, finché non creo un arnese dalle cose rotte”.

Prima della guerra, ad esempio, aveva costruito una lampada subacquea. Questa volta, il suo armeggiare lo ha portato a fornire energia alla famiglia.

“Ho realizzato un mulino a vento che genera energia elettrica”, ha spiegato Al Attar in un’altra intervista.

“Ho preso una dinamo e l’ho installata. La forza del vento fa girare la ventola, generando energia elettrica che accende i nostri dispositivi”.

Il suo ingegno gli è valso il soprannome di “Newton di Gaza”.

“Newton era seduto sotto un albero, quando una mela gli cadde in testa e scoprì la gravità”, ha detto Al Attar.

“Qui viviamo nell’oscurità e nella tragedia, i missili ci cadono addosso, quindi ho pensato di creare luce, e l’ho fatto”.

Ambizioni di ingegneria elettrica

Secondo l’UNRWA, 1,9 milioni di palestinesi – ovvero oltre l’85% della popolazione di Gaza – sono sfollati interni, alcuni di loro sfollati più volte dal 7 ottobre. Oltre la metà della popolazione è ormai stipata a Rafah, una città originariamente di 250.000 abitanti, dove nessuno ha il necessario per sopravvivere, come riferito dall’ONU.

Al Attar ha detto: “Ho guardato i miei nipotini, sono gemelli, e ho visto soltanto paura nei loro occhi. Si sentivano soli al buio dentro la tenda. Quindi mi sono detto: portagli gioia e illumina questo posto”.

Orgogliosa dei risultati ottenuti dal figlio, la madre di Hussam ha detto: “Questa è una generazione palestinese che non sarà sconfitta. È una generazione che cerca la vita in mezzo all’oscurità e alla morte”.

I risultati di Al Attar sono un altro simbolo di incrollabile speranza e fermezza, di fronte alla devastazione e all’assedio di Gaza.

“Il mio messaggio è: revocate il blocco su Gaza, ricostruite le case”, ha detto Al Attar. 

“Vorrei che qualcuno mi sostenesse nel mio campo, potrei diventare un ingegnere elettrico, Inshallah.”

Secondo il Ministero della Sanità di Gaza, 28.473 palestinesi sono stati uccisi, e 68.106 feriti nel genocidio in corso dal 7 ottobre.

Almeno 8.000 persone risultano disperse, presumibilmente morte, sotto le macerie delle loro case in tutta la Striscia.

Stime palestinesi, e internazionali, affermano che la maggior parte delle persone uccise e ferite sono donne e bambini.

L’aggressione israeliana ha, inoltre, provocato lo sfollamento forzato di quasi due milioni di persone, la stragrande maggioranza degli sfollati sono stati costretti a rifugiarsi nella città meridionale di Rafah, vicino al confine con l’Egitto, causando il più grande esodo di massa dalla Nakba del 1948.

Traduzione di Cecilia Parodi. Leggi l’articolo in inglese qui. 

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