Mentre festeggiamo, Gaza è delusa dalla sentenza della Corte Internazionale di Giustizia

(Image: Palestine Chronicle)

By Ramzy Baroud

Questa analisi è presentata Dottor Ramzy Baroud, direttore di The Palestine Chronicle, che ha partecipato a una conferenza privata sul tema del genocidio israeliano contro Gaza, tenutasi a Londra il 27 gennaio. Alla conferenza hanno partecipato eminenti studiosi di diritto, e politici provenienti da tutto il mondo, in particolare dal Sud Globale

Ho avuto modo di riflettere meglio sulla sentenza della Corte Internazionale di Giustizia riguardo al genocidio in corso a Gaza. 

Pur ritenendo questa decisione storica, comprendo e condivido pienamente la delusione di chi non riesce a festeggiare l’esito dell’udienza.

Penso che alcuni di noi abbiano affrontato il caso con aspettative diverse, rispetto ad altri.

Personalmente, come milioni di palestinesi a Gaza, speravo di ascoltare una richiesta diretta per il cessate il fuoco, non interpretabile da Stati Uniti e Israele.

Sfortunatamente, non è avvenuto. Gli israeliani, e i loro amici americani, sostengono che, dato che la Corte non ha negato il diritto all’autodifesa e non ha richiesto un cessate il fuoco immediato, dal punto di vista del diritto internazionale non hanno alcun obbligo di fermare l’attacco.

Anche John Kirby, coordinatore per le comunicazioni strategiche presso il Consiglio di Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, ha trovato nella sentenza un’altra occasione per sostenere che, in alcune sue parti, la decisione della Corte Internazionale di Giustizia è coerente con la posizione degli Stati Uniti: Israele dovrebbe muoversi con maggiore attenzione a Gaza per ridurre al minimo le vittime civili, dovrebbe consentire un maggiore accesso agli aiuti umanitari, e cose del genere.

Gli Stati Uniti lo avevano già affermato di recente, ma questa posizione politica non gli ha comunque impedito di finanziare e sostenere in pieno il genocidio israeliano.

Anche il giudice israeliano dell’ICJ ha votato a favore di due sentenze che chiedevano l’agevolazione degli aiuti umanitari, e la fine della retorica genocida all’interno di Israele.

In verità, i palestinesi non hanno fiducia nel sistema internazionale e legale, e temo che la sentenza della Corte non abbia sostanzialmente modificato questa loro posizione.

Secondo un mio caro amico, tuttavia, la sentenza ha inaugurato un nuovo capitolo storico: Israele non è più immune dalle responsabilità legali. 

Questo spiega la rabbia di Netanyahu, che ha definito la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia “vergognosa, anche per le generazioni a venire”.

Non è, però, quello che Gaza voleva. Gaza desiderava la fine immediata del genocidio, cosa che, purtroppo, non è stata ottenuta.

La discussione proseguirà presso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, dove gli Stati Uniti e Israele, e forse alcuni dei loro lacchè, ad esempio Il Regno Unito, potrebbero sostenere che una risoluzione per un cessate il fuoco immediato non ha alcuna giustificazione legale, considerato che la Corte non ne ha fatto richiesta diretta. 

Questo è l’aspetto che crea vergogna e delusione per la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia, che ha aperto una zona grigia potenzialmente utilizzabile e manipolabile da Israele per proseguire gli abusi e il genocidio.

Sono affranto per il mio popolo, la mia famiglia e i miei amici a Gaza, che speravano di sentire l’espressione “cessate il fuoco”, la quale avrebbe potuto davvero avviare la fine della guerra.

Inutile dire che, finora, nulla è stato efficace per influenzare gli eventi sul campo, a parte la lotta della Resistenza Palestinese e la resilienza, pazienza e fede del popolo palestinese all’interno della Striscia di Gaza.

Allora dove stiamo andando?

Ritengo che il popolo palestinese sappia esattamente cosa deve fare. Non resteranno immobili aspettando il prossimo dibattito del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, né tratterranno il fiato pensando che forse, tra anni, l’ICJ potrebbe esprimere chiaramente qualche misura di giustizia, rispettabile senza scusanti da Israele e dai suoi alleati occidentali.

La situazione non dovrebbe, comunque, scoraggiarci dal portare avanti la nostra solidarietà con il popolo palestinese. Al contrario, ora disponiamo di una base giuridica la quale suggerisce che Israele ha intenzione di commettere un genocidio a Gaza, quindi dobbiamo garantire che i nostri singoli governi, parlamenti, consigli comunali, chiese, moschee, sinagoghe, organizzazioni della società civile si mobilitino per prendere posizione contro Israele, ciascuno a suo modo.

Non dovremo più sottostare all’accusa che indica il boicottaggio di  Israele come un atto di antisemitismo. Al contrario, il boicottaggio di Israele ha ora una base giuridica seria e legittima nel diritto internazionale.

Qualsiasi paese che consenta esportazioni o importazioni da e verso Israele, dovrebbe essere bloccato dalle società civili, finalmente armate di un precedente legale.

Il contesto politico che ha portato alla sentenza della Corte Internazionale di Giustizia dimostra quel che affermiamo da molti anni, ovvero che la solidarietà più genuina e concreta con il popolo palestinese, verrà sempre dal Sud del mondo.

In pratica significa che, mentre dobbiamo continuare a fare pressione sui governi occidentali, dovremmo anche investire in alleanze radicate, e a lungo termine, con i governi del Sud del mondo, le società civili e qualsiasi struttura politica, legale, accademica o sociale che permetta di ottenere e offrire solidarietà ai nostri compagni del Sud del globo. 

Non si tratta solo di una strategia a lungo termine, anzi può dare frutti immediati, perché già esistono solide basi di solidarietà.

Inutile dire che qualsiasi condanna della lotta armata palestinese è, a dir poco, inutile se non addirittura insidiosa, poiché equivale a negare ai palestinesi il loro diritto alla difesa.

Nel Nord Globale, dobbiamo usare tutte le nostre possibilità, a cominciare dal boicottaggio dei governi, aziende e individui che contribuiscano, direttamente o indirettamente, al genocidio israeliano contro Gaza, all’occupazione israeliana e all’apartheid.

Sebbene sia importante ritenere Israele responsabile, in termini di violazioni del diritto internazionale, non possiamo permetterci di essere così tanto soddisfatti da farci distrarre dalla sentenza della Corte Internazionale di Giustizia, e dal dibattito che si è creato.

Dobbiamo tornare alla nostra missione. 

Chiediamo un cessate il fuoco immediato, totale responsabilità per i crimini di guerra e per i criminali israeliani presso l’ICJ, l’ICC e qualsiasi altra istituzione legale internazionale e nazionale.

Traduzione di Cecilia Parodi. Leggi l’articolo in inglese qui. 

- Ramzy Baroud is a journalist and the Editor of The Palestine Chronicle. He is the author of six books. His latest book, co-edited with Ilan Pappé, is “Our Vision for Liberation: Engaged Palestinian Leaders and Intellectuals Speak out”. Dr. Baroud is a Non-resident Senior Research Fellow at the Center for Islam and Global Affairs (CIGA). His website is www.ramzybaroud.net

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