
By Ramzy Baroud
Se le azioni di Netanyahu riuscissero nel normalizzare il genocidio nel XXI secolo, questo orribile crimine potrebbe diventare una strategia politica accettata e usata da tiranni e regimi in tutto il mondo.
Ogni giorno porta nuove incriminazioni per Israele. Le prime accuse di genocidio da parte del Sudafrica stanno rapidamente diventando una definizione giuridica accettata da organismi internazionali e governi. L’ultima incriminazione è arrivata dal Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite.
“Le autorità israeliane e le forze di sicurezza israeliane hanno avuto e continuano ad avere l’intento genocida di distruggere, in tutto o in parte, i palestinesi della Striscia di Gaza”, ha dichiarato senza mezzi termini il rapporto della Commissione d’inchiesta indipendente internazionale (COI) del CDHNU. Sebbene ciò possa sembrare ovvio a chi sta assistendo in tempo reale al genocidio israeliano, il passo resta comunque storico.
Secondo il professor Triestino Mariniello, esperto di diritto internazionale e membro del team legale che rappresenta le vittime di Gaza presso la Corte Penale Internazionale (CPI), il rapporto ha un’“importanza storica” ed è “senza precedenti”.
Se in passato le commissioni ONU avevano ripetutamente accusato Israele di crimini di guerra in Palestina, “non si erano mai spinte fino ad affermare che Israele è responsabile anche di quello che rappresenta il crimine più grave a livello internazionale: il crimine di genocidio”.
Desiderosi di vedere sufficiente pressione internazionale per costringere il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il suo governo estremista a porre fine allo sterminio di massa dei palestinesi a Gaza, molti si chiedono se simili rapporti siano sufficienti a garantire che Israele sia chiamato a rispondere.
Navi Pillay, giudice sudafricano che ha presieduto il Tribunale internazionale per il genocidio in Ruanda del 1994, ammette che la giustizia “è un processo lento”, ma non ritiene “impossibile che ci siano arresti e processi” in futuro. Per chi è impaziente di vedere una qualche forma di giustizia, i riferimenti specifici ad arresti e processi offrono un certo conforto. Le immagini di migliaia di persone innocenti, per lo più donne e bambini, massacrati sono semplicemente insopportabili.
Il rapporto è particolarmente importante perché si collega alle azioni in corso della CPI contro i criminali di guerra israeliani accusati, Netanyahu e il suo ex ministro della Difesa, Yoav Gallant.
Sebbene il rapporto non sia vincolante per la CPI e per la Corte Internazionale di Giustizia (CIG), esso fornisce una solida base giuridica per le loro indagini. Ad esempio, rapporti simili furono presi in considerazione durante l’indagine sui crimini di guerra in Sudan. La credibilità del CDHNU, della COI e dei suoi giudici di alto profilo è di immenso valore.
È altrettanto importante sottolineare che il rapporto non è una conclusione isolata; è il culmine di due anni di ricerche approfondite e si allinea con i risultati di altre rinomate organizzazioni legali e per i diritti umani internazionali, tra cui Amnesty International e Human Rights Watch.
L’ultima di queste dichiarazioni significative è stata la risoluzione della principale organizzazione mondiale di studiosi di genocidio, l’Associazione Internazionale degli Studiosi di Genocidio (IAGS). In una risoluzione approvata a maggioranza assoluta il 31 agosto, l’autorevole organismo ha concluso che le “politiche e azioni di Israele a Gaza soddisfano la definizione legale” di genocidio.
Molti sperano che tutte queste conclusioni, rapporti e risoluzioni spingano infine la CIG ad accelerare la propria indagine sulla condotta di Israele a Gaza. Ma anche se la CIG dovesse continuare a tergiversare sotto la pressione degli Stati Uniti e di altri alleati europei di Israele, il rapporto conserva un grande valore.
Ora, singoli governi e organizzazioni della società civile possono utilizzare le conclusioni del rapporto per intraprendere azioni indipendenti, continuando così ad aumentare la pressione su Israele e i suoi sostenitori. In effetti, questo processo è già in atto.
Un gruppo di avvocati, il 19 settembre, ha presentato una denuncia penale contro il cancelliere tedesco Friedrich Merz e alti funzionari, inclusi dirigenti dell’industria bellica, per aver “apertamente e ripetutamente vantato il loro sostegno incondizionato e illimitato” a Israele. “Dato l’innegabile esito genocida di tale sostegno”, hanno sostenuto, essi dovrebbero essere chiamati a risponderne.
Sforzi simili per la responsabilità sono in corso anche in Italia. Il movimento italiano Alleanza Verdi-Sinistra (AVS) ha presentato una denuncia non in un tribunale italiano ma presso la CPI—un’indicazione della natura globalizzata della lotta legale contro Israele. Il gruppo ha chiesto alla corte di indagare sulla possibile complicità italiana nel genocidio israeliano a Gaza.
Nello stesso periodo, il procuratore generale spagnolo ha autorizzato un’indagine ufficiale sui crimini di guerra di Israele a Gaza. L’indagine è una risposta diretta a una richiesta del Procuratore Capo per i Diritti Umani e la Memoria Democratica, Dolores Delgado.
Questi sono solo alcuni esempi di come l’etichetta di genocidio da parte di organizzazioni legate all’ONU e indipendenti possa spingere a un’azione diretta da parte di esperti legali, polizie nazionali e procuratori generali in tutto il mondo.
Anche se Netanyahu continua a comportarsi con la solita arroganza, convinto che lui, il suo governo e il suo Paese siano al di sopra della legge, compreso il diritto internazionale, spetta a tutti noi ricordargli—e ricordare ad altri criminali di guerra—che nessun individuo, nessuna entità e nessun governo è immune dalla responsabilità quando si tratta del sangue degli innocenti.
Questa lotta non è solo per Gaza; è per l’anima stessa dell’umanità. Se le azioni di Netanyahu riuscissero a normalizzare il genocidio nel XXI secolo, questo orribile crimine potrebbe diventare una strategia politica accettata e usata da tiranni e regimi in tutto il mondo.
Il mondo non può permettersi che ciò accada. Il futuro della giustizia globale è in bilico.

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