
By Romana Rubeo
Da Porta San Paolo a Piazza San Giovanni, oltre un milione di persone hanno marciato per Roma in una straordinaria manifestazione di solidarietà con Gaza e di denuncia della complicità dell’Italia.
Quella che era iniziata come una settimana di scioperi e mobilitazioni studentesche in tutto il Paese è culminata sabato in una delle manifestazioni più imponenti che l’Italia abbia visto da decenni.
Secondo gli organizzatori, più di un milione di persone hanno invaso le strade di Roma nella giornata di sabato per denunciare il genocidio in corso a Gaza e la complicità del governo italiano, trasformando la capitale in un mare di bandiere palestinesi.
Fin dalle prime ore del mattino, treni e pullman provenienti da Milano, Napoli, Bologna e Palermo erano gremiti di manifestanti con striscioni e kefiah.
Verso le 14:30, il corteo ha iniziato a muoversi per la città. Era talmente lungo che, quando la testa era arrivata a Piazza San Giovanni, storico cuore dei movimenti di protesta italiani, la coda si trovava ancora a Porta San Paolo, a circa quattro chilometri di distanza. Nel frattempo, la piazza era già completamente invasa dai colori rosso, bianco, verde e nero.
Gli striscioni erano vari e rappresentativi della diversità del corteo: cartelli dipinti a mano denunciavano il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, accusavano di silenzio i responsabili politici italiani e celebravano la fermezza della resistenza palestinese.
Tra i più visibili spiccavano questi: “Il proletariato internazionale unito contro le guerre del capitale”; “Stop complicità con Israele. Contro occupazione e genocidio. Con la Resistenza palestinese”; e “Cacciamo il governo complice del genocidio”.
La manifestazione ha unito studenti, lavoratori, immigrati e membri della comunità palestinese, dando voce a un rifiuto collettivo del silenzio.
“La lotta dei palestinesi è la lotta di tutti noi”, ha dichiarato un rappresentante del blocco SI COBAS, sindacato noto per la sua organizzazione tra i lavoratori della logistica e delle fabbriche. Attorno a lui, lavoratori italiani e immigrati marciavano fianco a fianco sotto un unico principio: la giustizia come causa comune, non come atto di carità.
Durante la settimana che ha preceduto la manifestazione, l’Italia aveva già assistito a una serie di mobilitazioni sindacali che hanno paralizzato trasporti, scuole e servizi pubblici.
Venerdì, i sindacati USB e CGIL si sono uniti a SI COBAS nel proclamare uno sciopero generale contro i crimini di Israele e il sostegno aperto del governo italiano. Un precedente sciopero generale, il 22 settembre, aveva già bloccato completamente il Paese.
Quando i manifestanti hanno raggiunto Piazza San Giovanni, l’atmosfera era carica di energia, non di disperazione.
I tamburi risuonavano, gli studenti intonavano cori, e le famiglie palestinesi sventolavano le bandiere ben alte sopra la folla.
Nel frattempo, giungevano notizie di pullman bloccati dalla polizia italiana lungo l’autostrada, impediti di raggiungere la capitale. La premier Giorgia Meloni, nel tentativo di evitare la tempesta politica, aveva lasciato Roma in silenzio già nelle prime ore del giorno.
Nonostante questi tentativi di contenimento, l’“oceano umano” che ha riempito la piazza ha dimostrato che la solidarietà non può essere repressa. Da giorni ormai, Roma è diventata una delle capitali della solidarietà globale, e la sua storica piazza si è trasformata in un simbolo vivente di coscienza e resistenza.
(All Photos: Emanuele Nuccilli, The Palestine Chronicle)

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