Operazione eroica o storia inventata? – Come Israele ha liberato due prigionieri a Gaza

(Image: The Palestine Chronicle)

By Redazione Palestine Chronicle

Quando due prigionieri israeliani sono stati liberati, il ​​12 febbraio, un trionfante Netanyahu ha dichiarato che il genocidio su Gaza sta funzionando.  Israele dice la verità?

Il 12 febbraio, l’esercito israeliano ha affermato di essere riuscito a liberare due dei loro prigionieri a Gaza e che entrambi, Fernando Simon Marman, 60 anni, e Louis Har, 70 anni, godevano di buona salute.

“A seguito di un attacco aereo, alle 1:49 (ora locale) le forze speciali hanno fatto irruzione in un edificio nel cuore di Rafah, e hanno trovato Merman e Har al secondo piano, sorvegliati da terroristi armati”, ha comunicato l’esercito israeliano in una nota. 

“Due uomini israeliano-argentini sono stati salvati lunedì in un raid mattutino, in cui l’esercito israeliano ha effettuato attacchi aerei che hanno ucciso circa 100 persone nella città di Rafah, nel sud di Gaza”, ha riferito la CNN il 12 febbraio.

Eppure, in tempi brevi, la versione israeliana dell’evento è stata messa in discussione per evidenti incoerenze nella storia. Appariva poco plausibile la liberazione dei due prigionieri, dal momento che la migliore unità d’élite israeliana non era ancora riuscita a salvare un solo israeliano vivo nel corso di 129 giorni di attacco. 

Il resoconto israeliano è stato contestato anche per un’altra ragione, infatti i prigionieri sarebbero stati liberati proprio a Rafah e proprio nel giorno specifico in cui Israele metteva in atto un’operazione.

Da un po’ di tempo Israele sta costruendo una nuova narrazione, in cui descrive Rafah come l’epicentro della resistenza palestinese, ripetendo narrazioni precedenti riferite al nord e al centro di Gaza e, infine, alla città di Khan Yunis, nel sud.

La rete di notizie araba Al-Mayadeen ha indagato sulla vicenda, fornendo un resoconto coerente di quanto accaduto quel giorno. Questa è la versione Al-Mayadeen.

Cosa è successo

Al-Mayadeen, attraverso le proprie fonti a Gaza, ha riferito che la storia israeliana dell’evento avvenuto in data 12 febbraio, è in gran parte falsa, e che non ha avuto luogo alcuna coraggiosa operazione di salvataggio. Allora, cos’è successo?

Quando le difese israeliane sono crollate, insieme alle basi militari, i membri della Resistenza palestinese hanno arrestato un certo numero di soldati e militari, riferisce Al-Mayadeen.

Membri di clan e gruppi civili hanno approfittato del caos per entrare nell’area, catturando coloni israeliani, tra cui civili, bambini e anziani.

“La Resistenza Palestinese non ha potuto controllare e valutare immediatamente la situazione, a causa dei continui bombardamenti aerei israeliani su Gaza giorno e notte”, ha spiegato Al-Mayadeen, aggiungendo:

“In questo contesto, alcune persone, appartenenti a una nota famiglia di Rafah, hanno catturato Fernando Simon Merman (60 anni) e Luis Har (70), gli stessi due prigionieri che l’esercito israeliano afferma di aver salvato”.

Il gruppo ha preso Merman e Har e li ha sistemati in una casa a Rafah. Il leader del gruppo ha affidato i due detenuti al fratello e a due cugini, affinché li custodissero, fornissero loro cibo e medicine, nella speranza di scambiarli con prigionieri palestinesi.

L’operazione ha incluso il trasporto dei due detenuti da un’abitazione all’altra. Infine, il leader del gruppo è stato ucciso nelle vicinanze di Khan Yunis, all’inizio di gennaio. Significa che solo tre individui erano responsabili di Merman e Har.

I tre palestinesi non appartenevano ad alcuna fazione politica e, da quel momento in poi, hanno preso decisioni individuali, senza cogliere appieno la delicatezza politica e la questione della sicurezza.

Dopo varie indecisioni, i due israeliani sono finiti in una casa palestinese nella zona di Shabboura a Rafah.

“A causa della gestione familiare dell’operazione, della semplicità degli individui coinvolti, e della loro mancanza di legame con qualsiasi gruppo politico, uno dei due prigionieri, Luis Har, è riuscito a guadaganarsi la loro fiducia, promettendo ai tre di aiutarli a lasciare Gaza e poi portarli in qualsiasi parte del mondo desiderassero”, ha riferito una fonte ad Al-Mayadeen.

Har ha coinvolto la figlia, che ha cominciato a chiamare con regolarità, sostenendo di gestire una grande azienda, e di essere in grado di portare tutti in Europa.

Al-Mayadeen afferma che le prime somme di denaro sono state, in effetti, consegnate a parenti dei tre residenti di Rafah, nel Regno Unito e in Svezia.

Il piano iniziale, come suggerito dalla figlia, prevedeva che i tre abitanti di Gaza prendessero i due prigionieri e attraversassero il confine con Israele. La proposta è stata respinta dalla famiglia, che alla fine ha acconsentito alla liberazione dei due prigionieri in cambio di una somma di denaro per passare in Egitto, e da lì in qualche paese europeo.

I tre non sapevano che l’intelligence israeliana stava orchestrando l’intera operazione, e che la presunta figlia agiva in base a precise informazioni dell’intelligence.

Il piano finale

Secondo Al-Mayadeen, il piano finale raggiunto tra le parti prevedeva che i due prigionieri venissero trasportati in un certo punto di Gaza, lontano dall’esercito israeliano.

A uno dei tre è stato affidato il compito di raggiungere la figlia per ricevere il denaro, per poi chiamare gli altri due e informarli di liberare i prigionieri.

Sono state concordate tre diverse date per lo scambio, poi improvvisamente cancellate dalla figlia, la quale sosteneva che ci fossero problemi di sicurezza.

Infine, si è stabilita come data il 12 febbraio.

È probabile che il ritardo fosse legato alla necessità dell’esercito israeliano di familiarizzare con la zona, e assicurarsi che il bombardamento aereo impedisse alla Resistenza di ostacolare l’operazione.

Poche ore prima dell’inizio dell’operazione, Israele ha effettuato uno degli attacchi più sanguinosi a Rafah, uccidendo oltre cento palestinesi e ferendone diverse centinaia.

Si trattava solo di salire le scale della casa, portando via due prigionieri insieme ai due giovani palestinesi, disarmati e impreparati.

Al-Mayadeen ha riferito, citando fonti a Gaza, che il terzo giovane, andato a incontrare la presunta figlia del prigioniero, è stato arrestato e giustiziato.

“Questo evento nega completamente le accuse avanzate dall’esercito di occupazione israeliano, secondo il quale le loro forze avrebbero raggiunto segretamente l’edificio in cui erano tenuti i due detenutie, e che sostiene si sarebbero poi verificati violenti scontri con uomini armati, all’interno di un appartamento residenziale e di altri appartamenti nella zona, durante l’operazione militare.”

A causa dei ripetuti fallimenti nel raggiungere qualsiasi obiettivo militare o strategico a Gaza, il governo e l’esercito israeliano hanno esagerato con i dettagli, dipingendo l’evento come un’operazione eroica, e per enfatizzare  la soluzione militare come unica, necessaria possibilità per liberare il resto dei prigionieri.

Traduzione di Cecilia Parodi. Leggi l’articolo in inglese qui. 

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