La guerra contro i giornalisti di Gaza, quasi 100 uccisi finora

Palestinian journalist Wael al-Dahdouh was injured while covering an Israeli bombing in Khan Yunis. (Photo: via social media)

By Redazione Palestine Chronicle

Durante le prime dieci settimane di bombardamento israeliano sono stati uccisi più giornalisti di quanti ne siano mai stati uccisi in un solo paese, e in un anno intero.

Il numero di giornalisti morti nel massacro israeliano sulla Striscia di Gaza si avvicina a 100 vittime, e il Comitato per la Protezione dei Giornalisti (CPJ) afferma che nelle prime dieci settimane di bombardamento sono stati uccisi più giornalisti di quanti ne siano mai stati uccisi in un solo paese, e in un anno intero.

La morte di Ala Abu Muammar ha fatto salire a 98 il numero dei giornalisti uccisi, ha dichiarato giovedì l’ufficio stampa del Governo di Gaza. Non ha fornito dettagli sulla sua morte.

L’agenzia di stampa Anadolu aveva già dichiarato che Israele ha “intenzionalmente” ucciso giornalisti a Gaza per “mettere a tacere la narrazione palestinese, nascondendo la verità, e per impedire deliberatamente che notizie e informazioni raggiungano l’opinione pubblica, regionale e internazionale”.

Secondo un rapporto del CPJ, dal 7 ottobre al 20 dicembre, sono stati uccisi almeno 68 giornalisti e operatori dei media.

“La guerra contro Gaza è, per i giornalisti, la più pericolosa alla quale abbiamo mai assistito, e queste cifre lo dimostrano chiaramente”, ha affermato Sherif Mansour, coordinatore del programma Medio Oriente e Nord Africa del CPJ, citato nel rapporto.

“L’esercito israeliano ha ucciso più giornalisti in 10 settimane di qualsiasi altro esercito, o entità, in un singolo anno. Per ogni giornalista ucciso, la guerra diventa sempre più difficile da documentare, e da comprendere”.

Indagini ostacolate dalla distruzione e dalla morte delle famiglie

Il CPJ ha dichiarato che sta indagando nel dettaglio sulle circostanze di tutti i 68 decessi. “Questa ricerca è ostacolata dalla distruzione diffusa in tutta Gaza e, in alcuni casi, dal fatto che i giornalisti sono rimasti uccisi insieme ai membri delle loro famiglie, le quali, normalmente, sono fonti di informazioni”, ha sottolineato.

Più della metà dei decessi – 37 – si sono verificati durante il primo mese dell’attacco, rendendolo il mese più mortale documentato dal CPJ da quando ha iniziato a raccogliere dati nel 1992, specifica il rapporto.

Aggiunge, inoltre, che in Iraq, nel 2006 sono stati uccisi 56 giornalisti, l’unico paese ad avvicinarsi a questo numero in un solo anno.

Il CPJ ha affermato che le morti sono avvenute in un contesto di crescente censura regionale dei media, che include almeno 20 arresti, molestie fisiche e online nei confronti dei giornalisti. Anche le strutture dei media sono state danneggiate o distrutte.

“Schema mortale” per più di vent’anni

A maggio, il CPJ ha pubblicato Deadly Pattern, un rapporto secondo il quale i membri delle forze di occupazione israeliane hanno ucciso almeno 20 giornalisti negli ultimi 22 anni, e che nessuno di loro è mai stato accusato o ritenuto responsabile della loro morte.

“I giornalisti sono civili, e devono essere trattati come tali secondo il diritto internazionale umanitario”, ha affermato Mansour nel rapporto.

“È fondamentale che vengano svolte indagini indipendenti e trasparenti sugli omicidi”, ha aggiunto.

“Inoltre, l’esercito israeliano deve immediatamente togliere il bavaglio ai media internazionali, consentendogli di riferire da Gaza, fermare le molestie nei confronti dei giornalisti in Cisgiordania, e consentire un flusso libero di informazioni e aiuti umanitari a Gaza”, ha sottolineato Mansour.

Richieste di protezione dei giornalisti, indagine sugli attacchi

Giovedì il CPJ ha elencato una serie di appelli a Israele e alla comunità internazionale, chiedendo di:

1. Proteggere la vita dei giornalisti, compreso l’accesso agli aiuti umanitari e ai dispositivi di protezione di base, come elmetti e giubbotti antiproiettile, sia per i giornalisti a Gaza che nella Cisgiordania occupata.

2. Fornire l’accesso e la possibilità di riferire, incluso concedere l’accesso a Gaza alle testate giornalistiche internazionali, e garantire che le credenziali dei media e i simboli della stampa vengano rispettati. Abrogare le nuove norme che consentono la chiusura di testate giornalistiche, e cancellare la “detenzione amministrativa” dei giornalisti, che consente la reclusione senza accusa.

3.Investigare sugli attacchi e porre fine all’impunità, di lunga data, riguardo i casi di giornalisti uccisi dalle forze di occupazione israeliane.

Il rapporto cita anche i ripetuti blackout delle comunicazioni, la mancanza di carburante, cibo e alloggi a causa dei bombardamenti, e la limitata assistenza umanitaria che ha gravemente soffocato l’attività giornalistica a Gaza, dove i giornalisti internazionali non hanno avuto quasi alcun accesso indipendente per gran parte della guerra.

Il rapporto del CPJ ha, inoltre, evidenziato che i giornalisti palestinesi riferiscono un disperato bisogno di assistenza per poter continuare a lavorare, anche in Cisgiordania, dove alcuni finanziatori hanno tagliato i fondi ai partner di lunga data.

Traduzione di Cecilia Parodi. Leggi l’articolo in inglese qui. 

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