“Domicidio” – Come e perché Israele ha distrutto le torri Al-Sahli nel campo profughi di Nuseirat a Gaza

Massiccia distruzione a Nuseirat, nel centro della Striscia di Gaza. (Foto: Abdallah Aljamal)

By Abdallah Aljamal

Il Palestine Chronicle ha parlato con tre palestinesi, residenti nella Torre Al-Sahli, le cui abitazioni sono state distrutte da Israele durante l’assalto in corso.

La massiccia distruzione di edifici residenziali, servizi e infrastrutture a Gaza, è stata descritta come una forma di “domicidio”, ovvero “violazione sistematica e diffusa del diritto a un alloggio adeguato”.

Secondo una dichiarazione, rilasciata da esperti delle Nazioni Unite, a sei mesi dall’inizio dell’attacco genocida di Israele sulla Striscia, “a Gaza sono state distrutte più abitazioni e infrastrutture civili, rispetto a qualsiasi altro conflitto a nostra memoria”.

“Le case sono scomparse e, con esse i ricordi, le speranze e le aspirazioni dei palestinesi, la loro capacità di ottenere altri diritti”, continua la dichiarazione.

Nelle ultime settimane Israele ha costantemente colpito la regione centrale di Gaza. Le forze di occupazione israeliane hanno bombardato sette torri nella zona settentrionale di Al Nuseirat, comprese sei torri appartenenti al gruppo Al-Salhi.

Ciascuna torre conteneva 35 appartamenti residenziali, ormai completamente distrutti dall’occupazione, che hanno lasciato 210 famiglie senza casa.

Il Palestine Chronicle ha parlato con tre palestinesi residenti nella Torre Al-Sahli, e le cui abitazioni sono state distrutte da Israele durante l’assalto in corso.

Abbiamo perso tutto

“Quando la mia casa è stata bombardata dall’occupazione, mia moglie e mio nipote sono stati martirizzati, la nostra casa è completamente distrutta”, riferisce Haitham al-Salhi al Palestine Chronicle.

“Vivevo in quella casa con mio padre, mia moglie e mio fratello minore. Abbiamo tutti subito lesioni, e stiamo ancora ricevendo cure”.

Quando la casa di Al-Salhi è stata bombardata, si è trasferito con altri membri della sua famiglia in un appartamento di proprietà del padre, situato nelle Torri di Al-Salhi, a nord del campo profughi di Nuseirat, nel centro della Striscia di Gaza.

“Abbiamo trascorso lì più di quattro mesi, ma quando le forze di occupazione hanno invaso Al Nuseirat, pochi giorni fa, siamo stati costretti a lasciare la torre e fuggire verso sud”, spiega al-Sahli.

Genocidio di Gaza: l’abissale fallimento morale dell’Occidente.

“Dopo la nostra partenza, l’occupazione ha bombardato la torre. Abbiamo perso la mia casa e adesso anche quella di mio padre, e anche l’appartemento di mio fratello maggiore”, prosegue Al-Sahli.

“Mia moglie e mio nipote sono stati martirizzati, e ora siamo senza casa. Abbiamo perso tutto, non possiamo vivere in nessun posto, se non nelle tende”.

La felicità interrotta

“Dopo molti anni di lavoro, sono riuscito ad accendere un mutuo, e acquistare un appartamento per la mia famiglia nelle Torri Al-Salhi, a nord di Nuseirat”, racconta Hossam Sharawi al Palestine Chronicle.

“Ero molto felice, finalmente potevo concedere una casa alla mia famiglia”.

Ma la felicità di Sharawi è stata spenta dal bombardamento israeliano contro Al Nuseirat.

‘Paura di tutto’ – Special report del Palestine Chronicle dopo 200 giorni di genocidio a Gaza

“L’occupazione ha bombardato la maggior parte delle torri residenziali appartenenti alla Al-Salhi Contracting Company, inclusa la torre dove si trovava il mio appartamento”, spiega con voce rotta.

“La torre è stata completamente distrutta, insieme alla mia casa. Nell’edificio vivevano medici, insegnanti, ingegneri e operai. Non ci sono motivazioni perché l’occupazione distrugga le torri. Ci hanno privato delle nostre case, e del senso di sicurezza che ci davano”.

Non ce ne andremo mai

Anche Mohammad al-Hawajri viveva nella Torre Al-Sahli. Era stato un momento davvero felice quando era riuscito ad acquistare un appartamento, per la sua famiglia. Ma ogni loro ricordo gioioso è stato cancellato da Israele, quando ha deciso di radere al suolo l’edificio.

“Ogni mattina avevo un rituale. Sorseggiavo il mio caffè guardando il mare, dalla mia finestra”, mi racconta Al-Hawajri.

“Vivevamo in quella casa da 12 anni, ora ho bisogno di cercare un rifugio per la mia famiglia, e poi di trovare una nuova casa dove poter continuare la nostra vita”.

Al-Hawajri ci ha spiegato come le torri residenziali fossero l’elemento più importante della parte nord del campo.

Uccidere i figli mentre cercano il corpo della madre: i crimini di Israele raggiungono nuove vette

“L’occupazione ha distrutto le torri, le moschee, le scuole, le strade. Ha cancellato tutti i punti di riferimento della zona nord del campo di Nuseirat, ha ridisegnato interamente la mappa”.

Secondo al-Hawajri, il bombardamento delle infrastrutture civili è stato intenzionale.

“L’occupazione mira deliberatamente a causare dolore al maggior numero possibile di famiglie palestinesi, perché vogliono sfollarci e costringerci a lasciare Gaza”, spiega.

Al-Hawajri, tuttavia, ha un messaggio di forza e resilienza da trasmettere: “Monteremo delle tende sulle nostre case distrutte, l’occupazione non riuscirà a spostarci, anche se fossimo costretti a dormire per strada”.

Traduzione di Cecilia Parodi. Leggi l’articolo in inglese qui. 

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*