Khader Adnan, il prigioniero palestinese che ha unito un popolo dalla sua cella

Il prigionero palestinese Khader Adnan. (Foto: via Wikimedia Commons)

By Ramzy Baroud

Khader Adnan non era un “terrorista” con le mani “sporche di sangue israeliano “, come i propagandisti filo-israeliani hanno ripetuto sui giornali e sui social media dopo la sua morte.

Se l’ex prigioniero palestinese, deceduto il 2 maggio nella sua cella in un carcere israeliano dopo 87 giorni di ininterrotto sciopero della fame, fosse stato direttamente coinvolto nella resistenza armata, la vicenda avrebbe avuto un epilogo completamente diverso. I combattenti palestinesi vengono assassinati o detenuti e processati dai tribunali militari israeliani; di solito, vengono condannati a lunghe pene detentive nelle carceri israeliane dopo brevi processi che non sono equi né giusti.

Adnan era sicuramente un leader carismatico, ma non un combattente armato. Ha ispirato i palestinesi dalla sua umile casa nel villaggio di Arraba, a Sud-Ovest di Jenin, che, insieme a Nablus, è la patria della più tenace Resistenza palestinese.

Adnan aveva conseguito una laurea in matematica presso l’Università di Birzeit, laureandosi nel 2001. Tuttavia, a causa dei ripetuti arresti da parte delle forze di occupazione israeliane, all’allora ventenne Adnan era stata negata l’opportunità di conseguire un dottorato presso la stessa università in Cisgiordania.

Gli fu anche negata l’opportunità di lavorare nel suo settore, quindi fu assunto da un panificio ad Arraba e infine aprì il suo piccolo panificio nel vicino villaggio di Qabatiya. Ma Adnan non si è limitato a nutrire materialmente i membri della sua comunità: li ha anche ispirati. È stata questa qualità che lo ha portato a diventare un personaggio perseguitato non solo dall’occupazione israeliana, ma anche dall’Autorità Nazionale Palestinese.

Il primo arresto da parte di Israele risale al 1999, quando il giovane studente fu trattenuto per quattro mesi. Successivamente, è stato arrestato almeno altre 11 volte e ha trascorso più di otto anni in prigione. In sei diverse occasioni, ha effettuato scioperi della fame, il più breve dei quali è durato 25 giorni. L’ultimo, di 87 giorni, è stato il suo più lungo.

Adnan era considerato un agente provocatore anche secondo i parametri dell’apparato di sicurezza palestinese. Nel 1999, è stato arrestato e interrogato dalle forze di sicurezza dell’ANP per aver guidato una protesta studentesca contro il Primo Ministro francese in visita, Lionel Jospin. Durante un discorso all’Università di Birzeit, Jospin si era scagliato contro la Resistenza palestinese e araba. Con immensa sorpresa dei presenti, un esile studente aveva protestato dal pubblico, elogiando la Resistenza e condannando la doppiezza occidentale. Poco dopo, il Premier francese era stato scortato fuori dall’Università mentre gli studenti, infuriati, lo colpivano con pietre e scarpe.

Questo era il vero pericolo, e il potere, di Adnan, che, nonostante i ripetuti tentativi israeliani di accusarlo di presunte attività terroristiche, è stato detenuti solo per lunghi periodi nel cosiddetto regime di detenzione amministrativa, un sistema pensato per mettere a tacere accademici, intellettuali e attivisti palestinesi che sono guide nella loro comunità.

Adnan, tuttavia, non poteva essere messo a tacere.

A differenza dei suoi precedenti arresti da parte di Israele, la detenzione finale di Adnan, il 5 febbraio, è stata diversa. Israele, questa volta, voleva accusarlo di incitamento alla violenza e di appartenenza a un’organizzazione illegale. Una condanna di questa natura gli avrebbe garantito di trascorrere più di cinque anni in prigione.

Ma perché proprio ora? Con la ribellione armata già in corso in Cisgiordania, in particolare nelle città del nord, dove Adnan aveva molta autorevolezza e influenza, tenerlo in libertà poteva rivelarsi rischioso per Israele. Mentre i combattenti palestinesi armati vengono trucidati a Nablus, Jenin, Gerico, Betlemme e Hebron, anche la dirigenza politica ribelle viene messa da parte attraverso detenzioni arbitrarie e accuse inventate.

Infatti, una nuova classe dirigente si è venuta formando in tutti i Territori Occupati, offrendo un’alternativa non solo all’Autorità Palestinese, ma anche ai leader delle fazioni che sembrano operare esclusivamente attorno a linee di partito. Sebbene Adnan fosse affiliato al Jihad Islamico Palestinese, era anche un membro del nuovo movimento politico trasversale che cerca un terreno comune tra tutti i palestinesi, indipendentemente dalla posizione geografica, dalla politica o dall’ideologia.

Dal punto di vista israeliano, il rilascio di Adnan avrebbe creato un precedente, proprio come era accaduto anni prima, quando Adnan aveva trasformato il valore dello sciopero della fame, rendendolo uno strumento per ottenere la sua libertà. Inoltre, Israele non voleva che Adnan tornasse nelle strade, conducendo proteste di massa contro l’Occupazione israeliana, parlando di Resistenza e protestando contro coloro che collaboravano con l’esercito israeliano.

Quindi, lo hanno semplicemente lasciato morire. La moglie di Adnan, Randa Mousa, ha dichiarato al Palestine Chronicle: “In un’occasione (80 giorni dopo l’inizio del suo ultimo sciopero della fame), aveva perso conoscenza all’interno della sua cella, che era piena di telecamere di sorveglianza. Le guardie israeliane hanno cercato di salvarlo solo dopo 30 minuti”. Alla fine, è morto da solo e senza cure mediche, ed è stato trovato senza vita all’interno della sua cella dalle guardie carcerarie israeliane.

Poco dopo l’annuncio della morte di Adnan, i palestinesi di tutti i gruppi di Resistenza a Gaza hanno lanciato razzi contro Israele, sono scoppiate proteste di massa in Cisgiordania e a Gerusalemme ed è stato dichiarato uno sciopero generale. Il giovane studente di Birzeit era cresciuto fino a diventare la figura più unificante in Palestina, anche dopo la sua morte.

Nel suo testamento, Adnan si è rivolto al suo popolo unitariamente, senza un solo riferimento a principi o linguaggi di parte. Ha elogiato i “rivoluzionari” e ha parlato di una vittoria assicurata. I riferimenti che ha fatto a sua moglie, ai figli, ai genitori, agli zii e alle zie si sono intrecciati ai riferimenti a tutti i palestinesi, ovunque essi si trovino, quasi a dire che tutti i palestinesi sono un’unica famiglia.

I palestinesi come Adnan rappresentano un vero pericolo per Israele. Sono spesso figure povere, umili, comuni, ma unificanti, che sfidano la narrazione politica dominante sin dagli Accordi di Oslo; un processo che ha diviso i palestinesi in classi, trasformando i fratelli in nemici e consentendo a Israele di mantenere la sua occupazione militare e il suo apartheid senza ostacoli.

Adnan, tuttavia, non era il fondatore di questa nuova mentalità.  Lui era, anzi, l’epifenomeno di una cultura politica completamente nuova che ha permeato la Palestina per anni, una modalità di Resistenza collettiva che non può essere facilmente schiacciata, messa a tacere o annientata. La sua morte, sebbene tragica, potrebbe contribuire a un nuovo riscatto dei palestinesi, fondato sull’unità, la resistenza popolare e la speranza di una vittoria certa.

(Leggi l’originale inglese qui)

- Ramzy Baroud is a journalist and the Editor of The Palestine Chronicle. He is the author of six books. His latest book, co-edited with Ilan Pappé, is “Our Vision for Liberation: Engaged Palestinian Leaders and Intellectuals Speak out”. Dr. Baroud is a Non-resident Senior Research Fellow at the Center for Islam and Global Affairs (CIGA). His website is www.ramzybaroud.net

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