‘Che Dio ti abbia in gloria, figliolo’ – Le madri di Arouri e Gramsci

(Image: Palestine Chronicle)

By Romana Rubeo

Ascoltando il potente messaggio della madre di Arouri, ho provato la sensazione che il timore di Gramsci di ferire la propria mamma fosse stato placato, e nel miglior modo possibile.

Saleh al-Arouri, vicecapo del politburo di Hamas, è stato ucciso martedì 2 gennaio da un drone israeliano, mentre si trovava nel suo ufficio, in un quartiere alla periferia meridionale di Beirut ovest.

Immediatamente dopo la diffusione della notizia della sua morte, sono scoppiate proteste spontanee in diverse città della Cisgiordania occupata, e nel suo villaggio natale, Aroura, vicino a Ramallah.

Il messaggio di una madre

I giornalisti hanno contattato la famiglia di al-Arouri e hanno parlato con la madre, Aisha, di 82 anni.

Per quanto devastata dal dolore, la donna ha raccontato al mondo quanto sia orgogliosa della scelta del figlio di dedicare tutta la sua esistenza alla liberazione della Palestina.

“Che Allah lo abbia in gloria. Ogni volta che un leader muore, ne nasce uno nuovo, che si rivela migliore. Allah è generoso”, ha detto Aisha.

“Non vedo Saleh da 20 anni o più. Lo hanno esiliato. Lo hanno imprigionato per 15 anni, lo hanno liberato per poi arrestarlo di nuovo. Non hanno mai smesso di perseguitarlo, ha trascorso18 anni in prigione. Lo hanno esiliato in Siria, dalla Siria alla Turchia, dalla Turchia al Qatar e dal Qatar al Libano”, ha aggiunto la donna, concludendo con un messaggio potente:

“Ma l’occupazione israeliana è miseramente fallita, e ora è in rovina di fronte alla potenza della Resistenza”.

Le forti parole di Aisha risuonano come un messaggio per tutti i partigiani e i combattenti che hanno fatto una scelta coraggiosa: sacrificare la propria vita, per una causa più grande.

Il rimorso di Gramsci

Rinchiuso in una prigione fascista, all’inizio degli anni ’30, l’intellettuale italiano Antonio Gramsci scriveva: 

“Per le mie opinioni, sono disposto a perdere la vita, non solo a restare in prigione. Ed è per questo che sono sereno, e in pace con me stesso”.

Gramsci provava, però, un forte rimorso per aver causato dolore alla madre, come scrisse in una lettera del 1931:

“Carissima mamma:

“Vorrei proprio abbracciarti stretta stretta perché sentissi quanto ti voglio bene e come vorrei consolarti di questo dispiacere che ti ho dato: ma non potevo fare diversamente.

“La vita è cosí, molto dura, e i figli qualche volta devono dare dei grandi dolori alle loro mamme, se vogliono conservare il loro onore e la loro dignità di uomini.”

Ascoltando il potente messaggio della madre di Arouri, mi è sembrato che il timore di Gramsci di ferire la propria mamma fosse stato placato, e nel miglior modo possibile.

Aisha, come fosse la madre di Gramsci, era desiderosa di dire a suo figlio che no,  non doveva preoccuparsi di arrecare dolore a lei, poiché in quanto mamma, conosce e rispetta la missione del figlio, e ne va immensamente fiera.

“Che Allah lo abbia in gloria”, ha detto Aisha, rivolgendosi a suo figlio, Saleh, o ad Antonio.

E nella sua voce c’era un misto di angoscia, amore infinito, e onore.

Traduzione di Cecilia Parodi. Leggi l’articolo in inglese qui. 

- Romana Rubeo è una giornalista italiana, caporedattrice del The Palestine Chronicle. I suoi articoli sono apparsi in varie pubblicazioni online e riviste accademiche. Laureata in Lingue e Letterature Straniere, è specializzata in traduzioni giornalistiche e audiovisive.

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