By Romana Rubeo
Nel suo articolo, Harel illustra alcune criticità, che stanno rendendo molto difficile per Tel Aviv il prolungamento di questa fase della guerra.
In un articolo, pubblicato venerdì sul quotidiano israeliano Haaretz, il giornalista e analista politico israeliano Amos Harel ha sostenuto che esiste “un ampio divario, quasi incolmabile” tra le dichiarazioni dei politici israeliani e la realtà di Gaza.
Nell’articolo Harel illustra alcune criticità che stanno rendendo molto difficile per Tel Aviv il prolungamento di questa fase della guerra. Secondo Harel, Israele si potrebbe ritrovare presto costretto a mobilitare i soldati di riserva, e creare una zona cuscinetto.
Questi i punti principali dell’articolo.
I riservisti
Secondo l’articolo, reclutare centinaia di migliaia di riservisti pone un “onere enorme” sull’economia israeliana, sugli stessi riservisti e sulle loro famiglie.
Secondo il giornalista questo porta alla “necessità di un cambiamento fondamentale”.
“Sarà necessario accettare vari compromessi e lasciare i riservisti nelle loro case, per continuare la guerra in una nuova forma”.
La zona cuscinetto
Harel ritiene che, uno di questi compromessi, dovrebbe essere la creazione di una “zona cuscinetto” che separi Gaza da Israele.
Il rapporto rileva che “gli insediamenti israeliani lungo il confine sono ancora abbandonati” e che “servirà molto tempo per ripristinare gli ingenti danni causati da Hamas” il 7 ottobre.
Secondo Harel, le attività devono spostarsi “dal controllo della maggior parte del territorio nel nord della Striscia, e di una parte relativamente piccola del sud (…) a operazioni di raid mirate” contro le roccaforti di Hamas.
Il confine settentrionale
Harel sostiene che “il personale di riserva del Comando Nord sarà sostituito da unità regolari, che rafforzeranno ulteriormente il confine libanese, finché non si troverà una soluzione alla crisi con Hezbollah”.
“In pratica, Hezbollah ha imposto una striscia di sicurezza sul territorio israeliano, e ha tenuto tutti i cittadini israeliani lontani dal confine”, osserva il rapporto.
Il problema del tempo
“Il tempo è un elemento critico in qualsiasi piano d’azione militare, ma a Gaza le cose sono diverse”, ha osservato Harel, aggiungendo che:
“La manovra di terra a Gaza è iniziata otto settimane fa, ma nelle ultime settimane la maggior parte dei progressi delle forze israeliane (…) si sono ridotti a movimenti piuttosto irrisori”.
Harel spiega la “lentezza” causata dalla “paura di ulteriori vittime” e il “desiderio di non fare del male agli ostaggi” (israeliani).
Tuttavia, le prove presentate dai gruppi della Resistenza Palestinese, e i resoconti dei soldati israeliani che hanno operato nella Striscia, sembrano indicare che la “lentezza” dipende in gran parte dall’imponente resistenza sul territorio.
I tunnel
Harel, infatti, ha riconosciuto la “forte resistenza di Hamas” e “l’elevato numero di vittime dell’IDF”, che, secondo quanto riferito, impediscono all’esercito israeliano di trovare e smantellare i tunnel.
“Dalle pubblicazioni dell’IDF sui combattimenti, non abbiamo prove che l’esercito invii combattenti nelle profondità dei tunnel. I soldati entrano solo in alcuni di essi, prima attentamente scansionati e isolati”, osserva il rapporto.
Harel ha anche ammesso che “sta diventando sempre più chiaro che Israele non dispone di informazioni sufficienti su quel che fa il nemico”.
Il senso di soddisfazione
Secondo Harel, “lo sforzo del portavoce dell’IDF di mantenere un senso di soddisfazione nel pubblico, è ormai evidente”.
“Tuttavia”, aggiunge il rapporto, “sembra che l’effetto di questa campagna mirata all’opinione pubblica israeliana stia diminuendo”.
“Esiste il pericolo che il pubblico, nel tempo, perda fiducia nella credibilità degli annunci, e che dubiti del raggiungimento degli obiettivi di guerra da parte dell’esercito”, ha avvertito Harel.
Le divisioni politiche
Il rapporto evidenzia anche la “crescente spaccatura” tra Netanyahu e il suo partito Likud da un lato, e i ministri del gabinetto di guerra Benny Gantz e Gadi Eisenkot dall’altro.
Netanyahu, inoltre, deve fare i conti con le continue minacce da parte dell’ala più radicale del suo governo di estrema destra, vale a dire il ministro della Sicurezza Nazionale israeliano Itamar Ben-Gvir e il Ministro delle Finanze Bezalel Smotrich.
“Ogni giorno i ministri Itamar Ben-Gvir, Bezalel Smotrich, e talvolta alcuni ministri del Likud, chiedono la continuazione e l’accelerazione della guerra. E intanto minacciano di ritirarsi in caso il movimento militare venisse ridotto”, si legge nell’articolo.
“In pratica, si è creata una situazione in cui i sistemi politici e di sicurezza di Israele sono congelati dentro l’aspettativa infondata di un rapido smantellamento e distruzione, che prima non erano all’ordine del giorno, nonostante le promesse di Netanyahu e altri”, ha continuato Harel, aggiungendo:
“Una parte dell’opinione pubblica israeliana credeva davvero che, in poche settimane, l’IDF avrebbe ripulito la Striscia di Gaza da tutti gli edifici, e costruito un parco nel nord della Striscia, proprio di fronte agli insediamenti distrutti”.
La Fase Tre
“In considerazione dell’affollamento nel sud, e della crescente sfida nel nord, il passaggio alla fase tre della guerra contro la Striscia è una mossa auspicabile, date le difficili circostanze”, afferma il rapporto.
“Il capo di stato maggiore Halevy, che sembra aver già digerito il cambiamento della situazione, dovrebbe spiegare se è giunto il momento di passare, in tempi abbastanza brevi, alla fase tre, più limitata”, ha concluso.
Traduzione di Cecilia Parodi. Leggi l’articolo in inglese qui.
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