Dalle bot farm alla censura: La guerra della disinformazione di Israele contro i palestinesi

The Israeli government and its affiliates crafted a multi-layered strategy to dehumanize Palestinians. (Image: Palestine Chronicle)

By Ahmad Qadi

Il governo israeliano e i suoi affiliati hanno escogitato una strategia a più livelli per disumanizzare i palestinesi, delegittimare i loro diritti e rivendicazioni e infine legittimare la sua orribile violenza.

Dall’inizio della sua guerra genocida su Gaza, Israele ha identificato lo spazio digitale come un campo di battaglia cruciale, da tempo consapevole del potere delle narrazioni online. Parallalamente alla distruzione e alla pulizia etnica sul campo, ha condotto una guerra digitale incessante volta a tacitare la narrativa palestinese.

Impiegando una serie di strategie per dominare il discorso digitale, Israele ha investito enormi risorse per sopprimere le voci palestinesi online. Eppure, nonostante le sue capacità, controllare la narrativa digitale si è rivelato molto più difficile, poiché gli sforzi per cancellare le realtà palestinesi online rispecchiano le sue azioni sul terreno.

Come tattica chiave nella sua guerra digitale, Israele ha lanciato campagne di disinformazione per screditare i palestinesi, erodere l’empatia nei loro confronti, delegittimare le loro rivendicazioni e giustificare i suoi attacchi genocidi.

Campagna di disinformazione

Dopo il 7 ottobre 2023, Israele ha lanciato una massiccia operazione di influenza e una campagna di disinformazione per giustificare i suoi attacchi su larga scala contro i civili palestinesi e le infrastrutture nella Gaza assediata.

Contemporaneamente, questi sforzi miravano a delegittimare le rivendicazioni palestinesi sulla loro terra e sui loro diritti, mentre li disumanizzavano.

Il Ministero degli Affari della Diaspora di Israele ha finanziato una campagna segreta mirata a influenzare i legislatori statunitensi, in particolare i Democratici, sottoponendoli a narrazioni pro-Israele. Questo includeva l’uso di contenuti generati dall’intelligenza artificiale su siti web e piattaforme social.

Il governo israeliano è stato anche collegato a campagne che diffondevano islamofobia e sentimenti anti-musulmani come parte della sua strategia di disinformazione più ampia. Il Ministero degli Affari della Diaspora ha stanziato circa 2 milioni di dollari per questa operazione di disinformazione, che cercava di disumanizzare i palestinesi e diffondere false accuse.

OpenAI ha identificato e interrotto campagne di disinformazione che coinvolgevano gruppi israeliani che utilizzavano l’IA per generare contenuti, tra cui commenti brevi e articoli lunghi in diverse lingue. Israele ha impiegato strumenti di IA e fattorie di bot per amplificare la disinformazione, con l’obiettivo di influenzare l’opinione pubblica e disumanizzare ulteriormente i palestinesi.

Una tale iniziativa ha coinvolto la compagnia israeliana STOIC, che, con finanziamenti dal Ministero degli Affari della Diaspora, ha utilizzato l’IA per produrre articoli e commenti su piattaforme come Instagram, Facebook e X (precedentemente Twitter).

Le narrazioni generate dall’IA erano strategicamente mirate a pubblici in Canada, negli Stati Uniti e in Israele. Per amplificare la portata di queste narrazioni, il Ministero degli Affari della Diaspora ha finanziato un’operazione segreta, sfruttando contenuti generati dall’IA da STOIC per modellare il discorso pubblico e influenzare i legislatori americani, utilizzando strumenti come ChatGPT di OpenAI.

Influencers e Social Media

Contemporaneamente, il Ministero degli Affari Esteri di Israele ha lanciato una campagna manipolativa emotivamente su YouTube mirata a disumanizzare i palestinesi. La campagna è stata analizzata in un rapporto prodotto da 7amleh – Il Centro Arabo per il Sostenimento dei Social Media, il quale ha concluso che gran parte dei contenuti promossi violava gli standard della comunità di YouTube, tanto erano emotivamente carichi.

La campagna includeva una serie di annunci grafici progettati per provocare forti reazioni emotive nei telespettatori. In sole tre settimane dopo il 7 ottobre, il ministero ha creato 200 annunci destinati a paesi europei—come Germania, Francia, Svizzera, Belgio, Regno Unito e Stati Uniti—raggiungendo milioni di spettatori. Questi annunci facevano parte di una strategia più ampia per modellare le percezioni globali e disumanizzare ulteriormente i palestinesi.

Uno degli annunci particolarmente controversi, come evidenziato nel rapporto, ambientato su uno sfondo di arcobaleni e unicorni, era basato su una favola per bambini. Google ha sottolineato che l’annuncio era stato etichettato in modo appropriato per garantire che non apparisse accanto a contenuti destinati ai bambini.

Il testo dell’annuncio recitava: “Sappiamo che tuo figlio non può leggere questo. Abbiamo un messaggio importante per te come genitori. Quaranta bambini sono stati uccisi in Israele dai terroristi di Hamas (ISIS). Proprio come faresti tutto per tuo figlio, faremo tutto per proteggere i nostri. Ora abbraccia il tuo bambino e stai con noi.” Il linguaggio—“Stai con noi”—esortava esplicitamente a supportare l’azione militare israeliana, ma Google non ha classificato l’annuncio come incitamento alla violenza o violazione dei diritti umani.

Contemporaneamente, gli influencer delle piattaforme social sono stati contattati tramite email e invitati a diffondere la propaganda israeliana in cambio di un compenso finanziario. Un influencer di TikTok ha condiviso un’email che gli offriva 5.000 dollari per postare contenuti pro-Israele, insieme a sessioni di “lavaggio del cervello” per comprendere meglio la situazione. Sebbene non sia chiaro il numero esatto di influencer raggiunti o che abbiano accettato l’offerta, è ragionevole supporre che molti l’abbiano fatto.

Contemporaneamente, Israele e gruppi pro-Israele hanno fatto pressione sulle piattaforme social per rimuovere contenuti pro-palestinesi, zittendo giornalisti, attivisti e influencer tramite minacce o danneggiando le loro carriere. Meta, per esempio, ha adottato diverse misure per censurare contenuti pro-palestinesi, oltre alle sue pratiche esistenti che già colpiscono sproporzionatamente le voci palestinesi.

Una di queste misure ha comportato l’abbassamento della soglia di fiducia per i contenuti palestinesi dal 80% al 25%, il che significa che ora i contenuti hanno una probabilità maggiore di essere rimossi se considerati potenzialmente in violazione degli standard della comunità. Questo cambiamento ha portato a un significativo aumento delle rimozioni di contenuti, come evidenziato in un altro rapporto prodotto da 7amleh.

D’altro canto, molti gruppi pro-Israele hanno attivamente minacciato attivisti e giornalisti pro-palestinesi, cercando di danneggiare le loro carriere, screditare le loro reputazioni e delegittimare il loro lavoro per oscurare ciò che accade sul terreno. Un esempio notevole è HonestReporting, che ha inviato oltre 50.000 lettere a media in Canada dal ottobre 2023, prendendo di mira i giornalisti.

‘Animali umani’

La diffusione di disinformazione sulla guerra genocida israeliana ha coinvolto diversi tipi comuni di disinformazione: foto e video manipolati, false affermazioni, notizie false, riutilizzo di contenuti vecchi, contenuti falsificati, narrazioni emotivamente cariche, account e bot falsi, contenuti alterati, contenuti fuori contesto, coinvolgimento di influencer e celebrità.

Sono state impiegate tattiche infami, tra cui il presentare l’attacco del 7 ottobre contro Israele in modo tale da privarlo del contesto storico, presentandolo come un evento isolato piuttosto che come una conseguenza di decenni di colonizzazione e repressione. Israele ha cercato di spingere la narrazione secondo cui i palestinesi avrebbero attaccato Israele senza causa, dipingendoli come “animali umani” destinati per natura alla violenza. Questa narrativa, diffusa da politici israeliani, entità e affiliati, affermava falsamente che i palestinesi agivano per eliminare gli ebrei, invece che come reazione a un’ingiustizia storica e un assedio che durano da molti anni.

Contemporaneamente, mentre Israele lavorava diligentemente per amplificare l’impatto dell’attacco, mostrando la distruzione e le vittime, necessitava di giustificazioni più forti per fabbricare un consenso globale per le sue azioni nella Striscia di Gaza. Per ottenere ciò, Israele ha fabbricato affermazioni esagerate sulla portata della violenza contro gli israeliani durante l’attacco del 7 ottobre, tra cui false segnalazioni di “40 bambini decapitati”, “bambini nei forni” e “stupro sistematico” delle donne israeliane.

Queste affermazioni sono rimaste largamente incontestate e sono state adottate dai media tradizionali di tutto il mondo, prima che molti organi di stampa le ritrattassero. Ciò ha incluso il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, che inizialmente aveva sostenuto l’affermazione per poi rettificarla.

Altri falsi sono stati fabbricati e diffusi durante le operazioni israeliane per giustificare e legittimare gli attacchi a civili e strutture sanitarie. Una di queste affermazioni riguardava la presunta presenza di un centro operativo di Hamas sotto l’ospedale Al-Shifa, o che Hamas avesse preso il controllo dell’ospedale. Queste affermazioni erano destinate a fornire un pretesto per gli ampi attacchi di Israele alle strutture sanitarie nella Striscia di Gaza.

Mentre queste false affermazioni erano progettate per preparare l’opinione pubblica e globale ad accettare la pulizia etnica e la distruzione di intere comunità, un altro strato di questa campagna di disinformazione lavorava in parallelo, tentando di sbiancare le azioni di Israele affermando che i palestinesi stavano fingendo la loro morte e screditando le vittime.

Campagne ‘Pallywood’

La campagna “Pallywood” è un esempio prominente di contenuti presi da scene di recitazione in contesti o periodi diversi, falsamente affermando che le scene di morte fossero state messe in scena. Questa campagna non si è limitata agli utenti comuni; un caso notevole ha coinvolto il portavoce di lingua araba dell’ufficio del primo ministro israeliano, che ha condiviso una scena dal Libano, affermando falsamente che fosse da Gaza.

Un altro video suggeriva che i palestinesi stessero fingendo le loro ferite a Gaza, anche se il filmato era effettivamente di un reportage del 2017 su un truccatore che lavorava su film palestinesi e con organizzazioni di beneficenza. Numerosi altri esempi sono stati diffusi da utenti israeliani o pro-Israele per ridurre l’empatia globale verso i palestinesi.

La campagna di disinformazione israeliana è profondamente intrecciata con il genocidio sul terreno. Senza una così vasta operazione di influenza, Israele non avrebbe avuto la libertà di portare avanti la distruzione di Gaza e delle sue comunità.

Il governo israeliano e i suoi affiliati hanno esacogitato una strategia a più livelli per disumanizzare i palestinesi, delegittimare i loro diritti e rivendicazioni, screditarli, minare la solidarietà, seminare confusione tra attivisti e media, e infine legittimare la sua violenza orribile.

- Scrittore e sostenitore dei diritti digitali della Palestina, Ahmad è il Responsabile della Documentazione presso 7amleh – Il Centro Arabo per il Sostenimento dei Social Media. Il suo lavoro si focalizza sulla censura digitale, sui danni online e sulla responsabilità delle piattaforme. Ha scritto questo report per il Palestine Chronicle.

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