By Nurah Tape
Il Sudafrica ha dichiarato che “le prove dell’intento genocida” da parte di Israele a Gaza “non sono solo agghiaccianti”, ma “anche schiaccianti e incontrovertibili”.
Queste le parole dell’avvocato Tembeka Ngcukaitobi, un membro della squadra legale del Sud Africa che, giovedì, ha presentato contro Israele l’accusa di genocidio presso la Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) dell’Aia.
Nel dibattito in aula, Ngcukaitobi ha sottolineato “una caratteristica straordinaria del caso”, ovvero il modo in cui “leader politici, comandanti militari e persone che ricoprono posizioni ufficiali in Israele, hanno sistematicamente dichiarato il loro intento genocida in termini espliciti”.
“Queste dichiarazioni vengono poi ripetute dai soldati a Gaza, mentre sono impegnati nella distruzione dei palestinesi, e delle infrastrutture”, ha aggiunto.
Utilizzando prove video e audio, Ngcukaitobi ha elencato dichiarazioni di alti funzionari governativi israeliani, membri della Knesset e leader militari, come ad esempio il riferimento biblico ad Amalek da parte del Primo Ministro Benjamin Netanyahu, poi filtrato dai “soldati di fanteria”.
L’avvocato ha, inoltre, evidenziato che è “ormai una tendenza” tra i soldati a riprendersi mentre commettono atrocità contro i civili a Gaza.
“La portata della distruzione rende chiaro che l’intento genocida è ben compreso e messo in atto, che la distruzione della vita palestinese è una politica statale articolata”.
“Ogni ipotesi che tenda a sminuire le parole dei politici di alto livello, come se non intendessero dire quel che hanno affermato, o come se il significato delle loro parole fosse stato frainteso dai soldati a Gaza, è priva di fondamento”, ha sottolineato l’avvocato.
Modello sistematico di condotta genocida
L’avvocato Adila Hassim, che ha aperto le argomentazioni, ha dichiarato:
“Il Sud Africa sostiene che Israele abbia trasgredito l’Articolo II della Convenzione di Ginevra, commettendo azioni che rientrano nella definizione di atti di genocidio. Le azioni mostrano un modello sistematico di condotta dalla quale si può dedurre un genocidio”.
Hassim ha sottolineato la portata di morte e distruzione inflitte alla popolazione palestinese, dall’esercito israeliano.
“Negli ultimi 96 giorni, Israele ha sottoposto Gaza a una delle campagne di bombardamento più pesanti nella storia della guerra moderna. I palestinesi a Gaza vengono uccisi da armi e bombe israeliane provenienti dall’aria, dalla terra e dal mare”.
“Sono, inoltre, a rischio immediato di morte per fame, disidratazione e malattie, a causa del continuo assedio da parte di Israele, della distruzione delle città, degli aiuti insufficienti concessi alla popolazione palestinese, e dell’impossibilità di distribuire questi aiuti limitati mentre cadono le bombe. Questa condotta rende impossibile ottenere gli elementi essenziali per la vita”.
Hassim ha fatto riferimento al primo ordine di evacuazione di Israele del 13 ottobre, che richiedeva lo sfollamento di oltre un milione di persone, inclusi bambini, anziani, feriti e infermi.
Ha detto: “Interi ospedali dovevano evacuare, anche i neonati in terapia intensiva. L’ordine imponeva loro di evacuare da nord verso sud entro 24 ore. L’ordine stesso era genocida.
Richiedeva un movimento immediato, consentendo di prendere solo ciò che poteva essere trasportato al momento, senza alcuna assistenza umanitaria. Era chiaramente calcolato per causare una deliberata distruzione della popolazione”.
Hassim ha continuato dimostrando come la condotta di Israele violi l’Articolo II(a); II(b); II(c); e II(d) della Convenzione, ovvero: uccidere i palestinesi a Gaza; causare gravi danni mentali e fisici ai palestinesi di Gaza; infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita intese a provocarne la distruzione fisica totale o parziale; violenza riproduttiva.
Hassim ha affermato:
“I genocidi non vengono mai dichiarati in anticipo. Ma questa Corte ha 13 settimane di prove che mostrano in modo incontrovertibile un modello di condotta, e le relative intenzioni che giustificano una plausibile affermazione di atti genocidi”.
Inoltre, ha aggiunto che “Niente fermerà queste sofferenze, tranne un’ordinanza di questa Corte”
“Senza l’indicazione di misure provvisorie, le atrocità continueranno; le Forze di Difesa Israeliane hanno dichiarato l’intenzione di protrarre questa linea di condotta per almeno un anno”.
La questione della giurisdizione
Il Professore di Diritto Internazionale, John Dugard, ha aperto la sua presentazione affermando che entrambi i popoli del Sud Africa e di Israele hanno una storia di sofferenza.
“Entrambi gli Stati sono diventati parti della Convenzione sul Genocidio, con la determinazione di porre fine alla sofferenza umana”.
Inoltre, che “E’ nei termini della Convenzione, dedicata alla salvezza dell’umanità, che il Sudafrica porta la controversia davanti a questa Corte”.
Ha sottolineato come il Sudafrica abbia cercato di impegnarsi con Israele, con mezzi diplomatici, quando l’operazione del 7 ottobre di Hamas ha causato “un attacco a Gaza che ha provocato l’uccisione indiscriminata di civili palestinesi innocenti, la maggior parte dei quali erano donne e bambini”.
Il governo sudafricano ha ripetutamente espresso la propria preoccupazione, nel Consiglio di Sicurezza e in dichiarazioni pubbliche, riguardo all’evidenza che “le azioni di Israele fossero diventate genocide”, ha spiegato Dugard.
Ha citato il 10 novembre, quando tramite un’iniziativa diplomatica formale, ha informato Israele che “condannava le azioni di Hamas, ma voleva che la Corte Penale Internazionale (CPI) indagasse sulla leadership di Israele per crimini internazionali, compreso il genocidio”.
Quando il Sudafrica ha deferito Israele alla Corte Penale Internazionale (CPI) affinché indagasse sul crimine di genocidio, si è trattato di un “atto importante da parte di uno Stato”.
Nell’annunciare tale decisione, il presidente Cyril Ramaphosa aveva espresso pubblicamente la propria ripugnanza “per ciò che sta accadendo adesso a Gaza, che si è trasformata in un campo di concentramento, dove sta avendo luogo un genocidio”.
Il Sudafrica aveva ripetuto l’accusa in una riunione dei BRICS il 21 novembre, e durante una sessione speciale di emergenza dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 21 novembre.
Ha poi dichiarato che “non era arrivata alcuna risposta da parte di Israele” e che, tuttavia, “non era necessario” poiché a quel punto “la controversia si era cristallizzata in una questione di diritto”.
Alla fine del 2000, dopo lo scoppio della Seconda Intifada palestinese, Dugard è stato nominato dalla Commissione delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (UNHCR) come Presidente di una commissione d’inchiesta sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi.
Diritti del popolo palestinese
L’avvocato, e professore di diritto, Max Du Plessis ha affermato alla Corte: “I palestinesi di Gaza, in quanto parte sostanziale e importante del gruppo nazionale, razziale ed etnico palestinese, hanno semplicemente e profondamente il diritto di esistere”.
Per inquadrare il diritto di esistere, e le minacce a tale diritto “è necessario che la Corte comprenda che la richiesta del Sudafrica è inserita in un contesto particolare”, ha spiegato.
Du Plessis ha affermato che, quanto sta accadendo ora a Gaza, non è definibile come un semplice conflitto tra due parti.
Si tratta, invece, di atti distruttivi perpetrati da una potenza occupante, Israele, che ha “sottoposto il popolo palestinese a una violazione oppressiva e prolungata dei diritti all’autodeterminazione per 56 anni”.
Tali violazioni, ha aggiunto l’avvocato, “si verificano in un mondo in cui Israele, per anni, si è considerato al di sopra della legge. “
Du Plessis ha citato Arif Husain, il capo economista del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite, che “il 3 gennaio ha dichiarato, in modo agghiacciante”:
“Ho fatto solo questo negli ultimi due decenni, sono stato in tutti i tipi di conflitti e crisi. Per me questa situazione a Gaza non ha precedenti, a causa, in primo luogo, del numero dell’intera popolazione in un luogo particolare; secondariamente per la gravità; e in terzo luogo, per la rapidità con la quale tutto ciò sta accadendo, che non ha precedenti. Nella mia vita, non ho mai visto nulla di simile in termini di gravità, in termini di portata e in termini di velocità”.
Du Plessis ha affermato che il Sudafrica si è rivolto alla Corte Internazionale di Giustizia “Per proteggere i diritti fondamentali dei palestinesi di Gaza, tra i quali essere protetti da atti di genocidio, tentato genocidio, incitamento diretto e pubblico al genocidio, complicità e cospirazione per commettere un genocidio”.
Rischio di pregiudizio irreparabile e urgenza
Partendo dalla citazione di un funzionario delle Nazioni Unite “Gaza è diventata un luogo di morte e disperazione”, l’avvocato irlandese Blinne Ní Ghrálaigh, ha dichiarato l’urgente bisogno di misure provvisorie, per proteggere i palestinesi di Gaza da un pregiudizio irreparabile, causato dalle violazioni della Convenzione sul Genocidio da parte di Israele.
Citando inoltre le parole del Commissario Generale dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione, Ni Ghrálaigh ha dichiarato che è necessario “porre fine alla decimazione di Gaza e della sua popolazione”.
“Per quanto riguarda il criterio del pregiudizio irreparabile, ormai da decenni la Corte lo ha ripetutamente soddisfatto, in situazioni in cui emergono seri rischi per la vita umana o per altri diritti umani fondamentali”, come nel caso Armenia contro Azerbaigian.
Ní Ghrálaigh, che è comparsa davanti alla Corte Internazionale di Giustizia a nome della Croazia nel caso di genocidio da parte della Serbia, ha affermato quanto sia rilevante il fatto che la Corte abbia ritenuto necessarie misure provvisorie in tutti e tre i casi in cui erano state precedentemente avanzate richieste, in relazione a violazioni della Convenzione sul Genocidio. Lo ha fatto nel caso Bosnia contro Serbia nel 1993, nel caso Gambia contro Myanmar e, più recentemente, indicando misure provvisorie nel caso Ucraina contro Russia”.
“Se l’indicazione di misure provvisorie era giustificata dai fatti, nei casi citati, come potrebbe non esserlo adesso, in una situazione di ben maggiore gravità, dove il rischio imminente di un danno irreparabile è decisamente maggiore?” ha domandato.
Ni Ghrálaigh ha proseguito affermando che la comunità internazionale continua a deludere il popolo palestinese:
“Nonostante l’aperta retorica disumanizzante da parte di funzionari governativi e militari israeliani, accompagnata dalle azioni dell’esercito israeliano sul campo; nonostante l’orrore del genocidio contro la popolazione palestinese trasmesso in diretta streaming da Gaza sui nostri telefoni cellulari, computer e schermi televisivi”.
Ha aggiunto, inoltre, che si tratta del “Primo genocidio della storia in cui le vittime trasmettono la propria distruzione in tempo reale nella disperata, ma finora vana, speranza che il mondo faccia qualcosa”.
“Gaza rappresenta un ‘fallimento morale’, come descritto dal Comitato Internazionale della Croce Rossa, solitamente cauto”.
Misure provvisorie richieste
Il professor Vaughan Lowe, nella sua presentazione, ha sottolineato che la Corte, in questa fase, non deve determinare se Israele abbia agito contrariamente agli obblighi della Convenzione sul genocidio.
“Ora preoccupa solo la questione di quali misure provvisorie siano necessarie, in attesa della decisione finale in merito”, ha detto Lowe.
Ha delineato cinque requisiti per l’ordinazione di misure provvisorie, tra cui:
la giurisdizione ‘prima facie’; un collegamento tra le misure richieste e i diritti alla base della pretesa; la plausibilità dei diritti rivendicati; il rischio di pregiudizio irreparabile che possa verificarsi prima della decisione definitiva sulla controversia, e l’urgenza.
Lowe ha sottolineato che il proseguimento delle operazioni israeliane dopo l’attacco del 7 ottobre “è il fulcro di questo caso”.
“Israele dice che la Palestina e i palestinesi non sono l’obiettivo, ma che l’obiettivo è distruggere Hamas. Ma, mesi di bombardamenti continui, di interi blocchi residenziali rasi al suolo e taglio di cibo, acqua, elettricità e comunicazioni a un’intera popolazione, non possono essere considerati in modo credibile una caccia all’uomo contro i membri di Hamas.
“Si tratta di un attacco indiscriminato, che uccide, mutila e terrorizza l’intera popolazione di Gaza, senza riguardo a questioni di innocenza o colpevolezza, cancellando le case e le città in cui vivono”, ha detto Lowe, “e distruggendo ogni possibilità pratica del loro ritorno e di ricostruire la propria casa tra le macerie”.
Lowe ha chiesto alla Corte un’ordinanza per la “sospensione immediata” delle operazioni militari israeliane dentro e contro Gaza.
È inutile che Israele affermi di fare tutto il possibile per ridurre al minimo la morte di uomini, donne e bambini innocenti. L’uso di bombe anti-bunker da 2.000 libbre, di ‘dumb bombs’ nelle aree residenziali, e l’incessante bombardamento di Gaza e delle cosiddette ‘aree sicure’ verso cui i palestinesi sono stati indirizzati da Israele, raccontano un’altra storia”,
“Ma questo non è l’unico punto. Non è solo una questione di portata di uccisioni indiscriminate. È anche una questione di intenzione”.
Il professore ha spiegato che “Se un’operazione militare, indipendentemente da come venga condotta, viene effettuata con l’intenzione di distruggere un popolo, in tutto o in parte, viola la Convenzione sul Genocidio e deve cessare. Tutte le operazioni militari che violano la Convenzione sul Genocidio devono cessare”.
Ha poi affermato: “Il punto non è semplicemente che Israele sta agendo in modo sproporzionato: il punto è che il divieto di genocidio è uno stato di diritto assoluto e perentorio”.
“Niente potrà mai giustificare un genocidio. Non importa ciò che alcuni individui all’interno del gruppo di palestinesi a Gaza possono aver fatto, e non importa quanto grande possa essere la minaccia per i cittadini israeliani, attacchi genocidi contro tutta Gaza e tutta la sua popolazione, con l’intento di distruggerli, non possono essere giustificati”, ha sottolineato Lowe.
Il professore ha concluso dicendo “Questo non è il momento per la Corte di stare immobile e tacere”.
“È necessario che affermi la propria autorità, e ordini il rispetto degli obblighi derivanti dalla Convenzione sul Genocidio. È difficile pensare a un caso, nella storia recente, che sia stato così importante per il futuro del diritto internazionale, e della Corte”.
Riconoscere la Nakba in corso
Vusi Madonsela, ambasciatore straordinario e plenipotenziario del Sudafrica presso il Regno dei Paesi Bassi, ha concluso affermando: “Nella nostra richiesta, il Sudafrica ha riconosciuto la continua Nakba del popolo palestinese attraverso la colonizzazione israeliana dal 1948, che ha sistematicamente espropriato, sfollato e frammentato con la forza il popolo palestinese, negandogli deliberatamente il diritto inalienabile, e riconosciuto a livello internazionale, all’autodeterminazione, e il diritto al ritorno, riconosciuto a livello internazionale, come rifugiati nelle loro città e villaggi, in quello che oggi è lo Stato di Israele. “
Ha poi elencato le misure richieste dal Sud Africa, che includevano:
-l’immediata sospensione delle operazioni militari israeliane dentro e contro Gaza;
-che eventuali unità armate militari, o irregolari, non intraprendano iniziative volte a favorire le operazioni militari di cui sopra;
-adottare misure ragionevoli per prevenire il genocidio;
– richiedere a Israele di presentare un rapporto alla Corte su tutte le misure adottate per dare effetto a questa Ordinanza entro una settimana, a partire dalla data dell’Ordinanza, e successivamente a intervalli regolari come la Corte deciderà, fino alla sentenza finale
La decisione sul caso verrà resa dalla Corte, e le relazioni saranno pubblicate dalla Corte.
Venerdì Israele presenterà le proprie argomentazioni.
Traduzione di Cecilia Parodi. Leggi l’articolo in inglese qui.
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