Volontà e tenacia: la distruzione delle infrastrutture sportive a Gaza non fermerà lo sport

Ragazze palestinesi prendono parte ad una competizione sportiva a Gaza. (Foto: Mahmoud Ajjour)

By Issam Khalidi

È stato dimostrato nel corso della storia: ogni volta che Israele ha tentato di distruggere il popolo palestinese, la sua storia e cultura, il popolo è diventato più forte e più resistente di prima.

È ormai diffusa la percezione che il genocidio di Israele venga utilizzato insieme a vari altri obiettivi, al fine di raggiungerli simultaneamente. C’è una chiara determinazione, tra le autorità israeliane, a distruggere tutto quel che riguarda il popolo palestinese, comprese la cultura, la storia e l’identità.

Lo sport è parte integrante della cultura e della storia palestinese. Ed è sempre stato l’incubo di Israele, una spina nel fianco poiché porta con sé un simbolo del popolo palestinese, la bandiera e il nome. Israele mira a distruggere l’eredità sportiva costruita nel corso di un secolo.

Prima del 7 ottobre, la politica di apartheid israeliana vietava agli atleti di Gaza di partecipare allo sport, e di rappresentare la Palestina con i loro fratelli e sorelle in Cisgiordania. Inoltre, il bombardamento israeliano contro questo settore a Gaza, negli ultimi due decenni ha reso disabili centinaia di atleti. Non c’è spazio in questo articolo per i nomi di tutti i martiri, e per tutti i crimini di Israele contro lo sport palestinese.

È stato rilevato che oltre 300 atleti sono stati uccisi, e 50 impianti sportivi sono stati distrutti. Ad esempio, Freej Al-Hallaq, un atleta veterano affetto dal morbo di Alzheimer, è stato giustiziato a sangue freddo dalle forze israeliane davanti all’ospedale Al-Shifa, lasciandolo sanguinare a lungo dopo l’esecuzione.

A seguito del bombardamento della sua casa nel campo di Nuseirat, Nagham Abu Samra, campionessa palestinese di karate e membro della squadra nazionale palestinese, è morta dopo aver subito ferite causate dalle schegge ed essere entrata in coma.

Il maratoneta Majed Abu Marahel, il primo palestinese a gareggiare alle Olimpiadi del 1996, è morto recentemente a Gaza a causa dell’embargo disumano, e della distruzione del sistema sanitario di Gaza da parte di Israele.

Israele ha trasformato gli stadi della Striscia di Gaza in prigioni, centri di tortura e luoghi di esecuzione. E’ accaduto allo stadio Yarmouk di Gaza, dove decine di civili sono stati costretti a togliersi i vestiti all’aperto.

Questa distruzione del patrimonio sportivo non è diversa da quella avvenuta nel 1948; include la distruzione di impianti, edifici dei club, l’uccisione di allenatori, amministratori e giornalisti sportivi. Per non parlare della perdita di tonnellate di documenti storici e amministrativi ormai sepolti sotto alle macerie. Queste sono enormi preoccupazioni sia per gli storici, che per gli studiosi.

Vale la pena sottolineare che gli sport non sono un fenomeno nuovo a Gaza, e che sono fioriti sin dagli anni ’20. Nel 1925 “Filastin” riferì di due partite tra il Club Ortodosso di Giaffa e il Club Sportivo di Gaza, che fu uno dei primi club atletici fondati in Palestina.  “Filastin” descrisse una delle partite del maggio 1927 tra questi due club.

“Quanto accaduto di recente a Gaza è una delle manifestazioni più sorprendenti di questa rinascita sportiva. Il loro spirito patriottico, e la loro affinità erano evidenti durante e dopo la partita”.

È importante riconoscere che, tra il 1948 e il 1967, gli sport a Gaza variavano da quelli nelle aree della diaspora, in diversi modi. Dopo il 1948, il movimento sportivo a Gaza divenne un punto focale per tutte le attività sportive in diaspora. Da Gaza, la Palestina ha organizzato la partecipazione a giochi arabi e internazionali (come i Giochi Panarabi e i Giochi dell’Amicizia in Cambogia).

Lo sport nella Striscia di Gaza è cresciuto in modo significativo sotto l’amministrazione egiziana, in un momento in cui lo sport si stava sviluppando in Egitto, a differenza di altri paesi arabi.

Oltre ai club di Gaza fondati prima del 1948, l’UNRWA ha aperto centri di servizio (a Jabalia, Rafah, Khan Yunis, Al-Shati’, Al-Nuseirat, Al-Breij e Al-Maghazi) nel 1951, che sono diventati club con le proprie squadre, ha partecipato a campionati locali e arabi e ha svolto un ruolo importante nello sviluppo dello sport.

Nel 1962, la dirigenza sportiva decise di formare un’associazione calcistica [al-Ittihad al-Riyadi al-Falastini li Korat al-Qadam] (Federazione sportiva palestinese – Calcio). I club affiliati alla Federazione erano quindici.  Altre tre Federazioni in Palestina sono state accettate nelle rispettive Federazioni: Boxe, Sollevamento Pesi e Pallacanestro. 

Nell’agosto 1963 si fece domanda per aderire alla FIFA. Tuttavia, la FIFA respinse la richiesta con il pretesto che non esisteva alcuna Palestina, e quindi che Gaza non poteva essere in Palestina. La parte di un paese, accettato come membro, è contraria alle regole della FIFA.

Lo sport ha continuato a svilupparsi nel settore di Gaza dopo il 1967, grazie a solide basi stabilite negli anni Cinquanta e Sessanta. La Lega dei club Rabitat al-Andiya è stata fondata a Gaza alla fine degli anni ’70 e funzionava da ministero per lo sport e la gioventù.

Nonostante l’assedio del 2007, e le difficoltà che Israele ha posto nello sport a Gaza, tutti gli sport hanno continuato a prosperare. Il numero di club sportivi a Gaza ha raggiunto quota 58. Lo sport nella Striscia non si limita alle competizioni, alle coppe e all’intrattenimento. E’ una forma di fermezza, e di sfida all’occupazione. Ha unito il popolo della Striscia e le sue fazioni, e ha reso omaggio ai martiri.

È stato dimostrato, nel corso della storia: ogni volta che Israele ha tentato di distruggere il popolo palestinese, la sua storia e cultura, il popolo è diventato più forte e più resistente di prima. Le barriere che Israele pone davanti agli sport palestinesi, così come la distruzione che perpetra contro lo sport palestinese, continueranno ad essere ispirazione affinché tutti gli sport palestinesi rimangano competitivi in ​​futuro.

Probabilmente la prova più significativa di tutto questo è stata il successo della nazionale di calcio palestinese nel giugno 2024, quando la squadra ha raggiunto il terzo turno delle qualificazioni asiatiche, dopo essere arrivata seconda in un girone che comprendeva anche Australia, Libano e Bangladesh e dopo essersi qualificata seconda nel proprio girone. Oggi, il ranking FIFA della Palestina è di 95 su 185 squadre. Questa posizione è accettabile, considerando le condizioni in cui vivono i palestinesi. Un anno dopo l’ammissione della Palestina alla FIFA nel 1998, nel 1999 era al 170° posto nel mondo e nel 2015 al 134°.

Non c’è dubbio che il popolo di Gaza, che ha trovato un nuovo fronte nella storia della guerra – i tunnel – da dove lancia attacchi contro le forze di occupazione e compie miracoli con la sua fermezza ed eroismo, non avrà problemi a ricostruire le proprie vite al più presto. 

Sicuramente sono stati causati seri danni alle infrastrutture sportive. Nonostante ciò, sono stati fatti pochi danni alla volontà, alla tenacia e alla determinazione necessarie a costruire una vita dignitosa in futuro.

 

Traduzione di Cecilia Parodi. Leggi l’articolo in inglese qui. 

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