Il Palestine Chronicle ha parlato con i palestinesi nella Striscia, che stanno subendo un genocidio da parte di Israele da quasi sei mesi, per chiedere la loro opinione sulla risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Venerdì il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite non è riuscito ad approvare un progetto di risoluzione guidato dagli Stati Uniti, che chiedeva “un imperativo cessate il fuoco immediato e prolungato”.
Sia la Russia che la Cina hanno posto il veto alla risoluzione, che condizionava il cessate il fuoco a Gaza al rilascio “immediato” di tutti gli “ostaggi rimanenti” attualmente detenuti a Gaza.
L’ambasciatore russo, Vassily Nebenzia, ha dichiarato che gli Stati Uniti stanno cercando di “vendere un prodotto” al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite utilizzando il termine “imperativo” senza chiedere un reale cessate il fuoco.
Dissonanza cognitiva: la politica estera ambivalente degli Stati Uniti prolunga il genocidio a Gaza. L’analisi di @RamzyBaroud https://t.co/TfmczcWfu5#gaza #GENOCIDIO #America #biden #criminidiguerra #criminali pic.twitter.com/kEXYE4jmsz
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Da parte sua, il rappresentante cinese Zhang Jun, ha affermato che il Consiglio dovrebbe chiedere un cessate il fuoco immediato e incondizionato, aggiungendo che si è perso troppo tempo al riguardo.
Il Palestine Chronicle ha parlato con i palestinesi nella Striscia, che stanno subendo un genocidio da parte di Israele da quasi sei mesi, per chiedere la loro opinione sulla faccenda.
“Vogliamo vivere in pace”
“La risoluzione degli Stati Uniti non prevedeva una fine permanente della guerra”, ha detto al Palestine Chronicle Israa Al-Bardini, una palestinese sfollata a Deir Al-Balah.
“La proposta collegava la decisione di porre fine al genocidio alla negoziazione tra Hamas e le forze di occupazione israeliane. Ciò significa che, anche se venisse approvato, i negoziati potrebbero fallire, come accaduto a novembre”.
“Quello che vogliamo è la fine permanente della guerra”.
“Il sangue di oltre 100.000 palestinesi a Gaza, la maggior parte dei quali bambini e donne, non è sufficiente perché il mondo si unisca in una posizione decisa per costringere Israele a fermare l’attacco contro Gaza?” si chiede Baraa Eid, attualmente sfollato nel campo di Al-Bureij, nel centro della Striscia di Gaza.
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“Non abbiamo alcun ruolo nel gioco politico tra gli altri grandi paesi. Vogliamo vivere in pace nella nostra patria, e vogliamo che l’ingiusto blocco che Israele ci ha imposto dal 2006 venga revocato”, ha detto al Palestine Chronicle.
“Ciò che sta accadendo sul campo adesso è la continuazione di una guerra brutale, con sempre più martiri e vittime ogni giorno”, ha concluso Eid.
Interessi israeliani contro interessi palestinesi
“La risoluzione guidata dagli Stati Uniti ha servito gli interessi dell’occupazione israeliana più dei nostri”, ha detto Mohammed Abu Warda, un giovane di Gaza, al Palestine Chronicle.
“La risoluzione chiedeva il rilascio dei prigionieri israeliani, condannava la Resistenza e criminalizzava le loro azioni, che sono essenzialmente di autodifesa”, ha continuato.
Inoltre, “proponeva solo una cessazione temporanea della guerra, non permanente”.
“Noi a Gaza non vogliamo una cessazione temporanea dei combattimenti; vogliamo la fine definitiva della guerra”, ha continuato Abu Warda.
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“Vogliamo che l’occupazione venga ritenuta responsabile dei suoi crimini. Vogliamo una rapida ricostruzione della Striscia. Vogliamo che i prigionieri vengano rilasciati. Vogliamo che la nostra dignità sia protetta. Vogliamo garantire una vita ai nostri figli. Vogliamo spezzare l’ingiusto assedio israeliano su Gaza. Vogliamo vivere come il resto del mondo, con dignità, libertà e pace completa”.
Abu Warda ha condannato gli Stati Uniti che “stanno ancora al fianco dell’occupazione e continuano a fornire armi”.
“Se gli Stati Uniti volessero davvero fermare la guerra a Gaza e porre fine alla fame e alla carestia, la soluzione sarebbe semplice: smettere di sostenere Israele con le armi”, ha affermato con fermezza.
“Le nostre speranze”
Wafaa Abu Kamil è attualmente sfollata nel campo di Nuseirat, nel centro di Gaza. Le sue opinioni sono simili.
“Non vogliamo una cessazione temporanea dei combattimenti, perché garantirebbe a Israele il ritorno degli ostaggi, permettendogli di continuare il genocidio, il che non è a nostro favore. Siamo esposti alla morte in ogni momento”.
“Gli Stati Uniti e l’Occidente si preoccupano solo dei prigionieri israeliani, e sono indifferenti allo spargimento di sangue di oltre 100.000 palestinesi caduti in questa guerra, tra morti e feriti”, ha detto Abu Kamil.
“Tutto questo deve finire. Vogliamo i nostri diritti e vogliamo vivere in pace nella nostra patria. Non riponiamo le nostre speranze nel Consiglio di Sicurezza per fermare la guerra; le nostre speranze risiedono nella nostra resilienza e fermezza. Viviamo in questa terra, e non ce ne andremo mai”.
Traduzione di Cecilia Parodi. Leggi l’articolo in inglese qui.
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