Quando la guerra sarà finita – Gaza inaugura l’era della nuova resistenza armata 

(Image: Palestine Chronicle)

By Redazione Palestine Chronicle

Dopo 100 giorni di fermezza contro il genocidio in atto a Gaza, si impone una domanda importante: questa è l’era della resistenza armata palestinese?

Nel suo discorso per commemorare il 100° giorno di genocidio, Abu Obeida, portavoce militare delle Brigate Al-Qassam, ha dichiarato che la maggior parte delle armi usate dalla Resistenza nella Striscia, sono state fabbricate dalla Resistenza stessa.

Secondo Abu Obeida, le armi includono fucili di precisione, proiettili antiuomo e vari tipi di armamenti, compreso il sofisticato fucile Al-Ghoul.

Gran parte delle munizioni della Resistenza sono state fabbricate a Gaza, come dichiarato.

Queste parole non avrebbero avuto lo stesso impatto prima del 7 ottobre, ma hanno molta influenza dopo 100 giorni di un implacabile attacco che ha coinvolto centinaia di migliaia di soldati israeliani, dotati degli armamenti più avanzati al mondo.

La leggenda del Merkava

Per anni, molte voci, comprese quelle dell’Autorità Palestinese a Ramallah, hanno sostenuto l’inutilità della Resistenza, data l’impossibilità di avere un impatto efficace contro una potenza militare di gran lunga superiore, come Israele.

Un’affermazione basata su una valutazione onesta, dopo tutto, considerato che le Forze di Difesa Israeliane (IDF) sono uno degli eserciti più avanzati al mondo, e il “più potente del Medio Oriente”.

Il “potere” dell’IDF non deriva dall’IDF stesso, perché la maggior parte dell’“industria della sicurezza” in Israele è dedicata alla tecnologia high-tech, e quasi tutta la produzione è destinata all’esportazione. 

Senza il sostegno finanziario e militare degli Stati Uniti, inclusi centinaia di milioni dedicati alla “ricerca”, l’esercito israeliano non avrebbe ottenuto questo status.

Naturalmente, c’è il Merkava, orgoglio e gioia dell’industria militare israeliana, descritto come impenetrabile, il miglior carro armato del mondo.

‘Fuochi d’artificio’

La Resistenza Palestinese ha combattuto utilizzando i mezzi più semplici e, occasionalmente, contrabbandando armi.

Nel corso degli anni, i razzi palestinesi sono diventati noti come “fuochi d’artificio” fatti in casa.

Il termine non era inteso a sminuire le capacità della Resistenza, ma ad accentuare l’enorme differenza tra l’esercito israeliano e la Resistenza palestinese, ma questa espressione ha, in una certa misura, travisato la verità dei fatti.

I Qassam 1 e 2 sono nati come razzi rudimentali dalle capacità estremamente limitate, in termini di portata e testata esplosiva, ma i razzi di Hamas si sono evoluti in modo esponenziale nel corso degli anni, fino a raggiungere una gittata di quasi 250 chilometri, come nel caso dell’Ayyash 250.

Non ha molta importanza il danno che possono creare, il loro valore è diventato strategico poiché ha permesso di mettere in difficoltà l’economia, gli aeroporti israeliani, e limitare i movimenti in tutto il paese.

L’industria “umana”

Il risultato più impressionante della Resistenza riguarda il combattimento vero e proprio sul campo.

Il fatto che la Resistenza sviluppi le proprie munizioni la rende meno vulnerabile, alle lunghe guerre e agli assedi. Il potente esercito israeliano non avrebbe sostenuto l’attacco contro Gaza per più di un mese se non fosse stato per l’enorme arsenale messo a disposizione dal Pentagono e da altre potenze occidentali.

Ma c’è altro. Nel suo discorso, Abu Obeida ha affermato che la fabbrica più importante della Resistenza, è l’industria dell’essere umano, del palestinese stesso: impavido, determinato e imbattibile.

Il portavoce di Al-Qassam ha detto che quando i combattenti tornano dalle loro missioni nel nord, nel centro o nel sud di Gaza, raccontano storie sull’eroismo dei loro compagni, e sulla codardia dei nemici.

I soldati israeliani vengono “trascinati” in guerra, ha detto Abu Obeida, una guerra che non vogliono combattere, anzi, non possono combattere.

100 giorni

Nel centesimo giorno, il governo israeliano ha dichiarato di aver inviato quasi 300.000 riservisti, vantandosi di traguardi e obiettivi presumibilmente raggiunti.

Eppure, questo enorme esercito è rimasto stordito da alcune migliaia di combattenti palestinesi, rintanati sottoterra, senza accesso a cibo adeguato o acqua pulita, che fabbricano le proprie armi, mentre guardano il loro popolo massacrato in un genocidio senza precedenti.

L’unico risultato effettivo che Israele può rivendicare è l’uccisione e il ferimento di quasi 100.000 civili palestinesi.

Le affermazioni sulla distruzione dei lanciarazzi e dei depositi di munizioni di Hamas sono state respinte da Abu Obeida, il quale ha ribattuto che nessuna di queste dichiarazioni è reale, e che la Resistenza lo dimostrerà. Sono ridicoli, ha detto, perché i razzi della Resistenza non vengono mai lasciati in superficie, pronti a sparare, come sostengono gli israeliani.

Questo tipo di resistenza armata, in cui i combattenti fabbricano le proprie armi in loco, diventerà nei prossimi anni un pilastro centrale della resistenza collettiva palestinese contro l’occupazione israeliana e l’apartheid.

Quando la guerra sarà finita

Quando la guerra a Gaza sarà finita, la possibilità di una ribellione armata in Cisgiordania diventerà ancora più forte. Si prevede che, oltre alla lotta che comincerà nel nord della Cisgiordania, gli attori politici di tutta la regione aumenteranno in termini di potere e rilevanza, modellandosi sulle Brigate Al-Qassam e Al-Quds, unificandosi attorno a un unico obiettivo, quello di combattere l’occupazione straniera e l’ingerenza politica.

La Resistenza Islamica dell’Iraq ha chiesto il ritiro completo delle forze americane dal paese, e questo è un esempio calzante.

Washington e gli alleati occidentali sanno, così come Tel Aviv, che il Medio Oriente post-guerra di Gaza emergerà come una regione completamente diversa da quella che esisteva prima. 

Ed è questo il motivo per cui Washington, senza sorprenderci, ha interpretato l’attacco israeliano su Gaza come una guerra americana.

Ma è stato un errore strategico, perché l’imminente sconfitta israeliana verrà interpretata anche come una sconfitta americana. 

Né gli attacchi USA-Regno Unito al gruppo Ansarallah nello Yemen, né tutta la potenza di fuoco americana potranno ormai cambiare l’equazione.

Queste dinamiche si sono verificate a causa di combattenti locali, impegnati in un’area assediata, il che dovrebbe costringerci a rivisitare le nozioni che abbiamo abbracciato per anni, ovvero che Israele è imbattibile, che la resistenza armata non è una soluzione e che la causa palestinese, come qualcuno di tanto in tanto sostiene, è una “causa persa”.

Per quanto riguarda il potente Merkava, finora oltre 1.000 esemplari sono stati danneggiati o distrutti, ed è quindi probabile che contribuirà all’industria israeliana dei rottami. 

La leggenda del Merkava è finita, per mano degli Yassin-105, nelle strade di Gaza devastate dalla guerra.

Traduzione di Cecilia Parodi. Leggi l’articolo in inglese qui.

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