By Romana Rubeo
Khaled El Qaisi è stato scarcerato, ma permane ancora uno stato di limitazione della libertà. La prossima udienza è fissata per l’8 ottobre. Tutto quello che è successo finora e tutto quello che c’è da sapere.
Khaled El Qaisi, lo studente italo palestinese detenuto in Israele senza capi di accusa dal 31 agosto, è stato scarcerato domenica 1 ottobre dopo un’udienza nella corte di Rishon Lezion, a sud di Tel Aviv.
“Ci è stato comunicato che Khaled è stato scarcerato e che potrebbe raggiungere in giornata Betlemme,” la moglie Francesca Antinucci ha dichiarato ai microfoni di RaiNews24.
“Non si tratta di una liberazione, ma di scarcerazione,” sottolinea Antinucci, specificando che El Qaisi dovrà restare a disposizione delle autorità israeliane in quanto sono ancora in corso delle indagini.
Il divieto di espatrio è stato esteso al momento fino all’8 ottobre e il rilascio è avvenuto “dietro cauzione a garanzia di una terza persona,” a quanto detto da Antinucci.
“Formalmente non si tratta di arresti domiciliari”, spiega ancora la moglie di El Qaisi, chiarendo che le limitazioni imposte a suo marito riguardano anche i contatti con il mondo esterno.
Dalle informazioni raccolte dal legale in Israele e dal consolato, El Qaisi sarebbe stato rilasciato a un checkpoint in prossimità di Ramallah.
Antinucci si dice “rasserenata” dalla scarcerazione di El Qaisi, ma non nega che restino “molti interrogativi sulla (sua) possibilità di muoversi da uomo libero”.
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Sebbene, dunque, non si tratti di arresti domiciliari in senso stretto, permane la limitazione delle libertà personali ai danni di El Qaisi.
Sicuramente, a essere limitata è la libertà di movimento, in quanto per lo studente italo-palestinese si prefigura il divieto temporaneo di espatrio e l’obbligo di restare a disposizione delle autorità sotto l’occhio vigile di un familiare che si è offerto di farsi da garante.
Questa pratica, molto diffusa nell’ordinamento israeliano, viene applicata regolarmente anche ai danni dei minori palestinesi, con conseguenze gravi sugli equilibri familiari.
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Dove è stato detenuto Khaled El Qaisi
Khaled El Qaisi è stato detenuto nel carcere di Petah Tikva, costruito su un insediamento coloniale illegale.
Secondo l’Associazione per i diritti dei prigionieri palestinesi, Addameer, il centro “è stato costruito per facilitare interrogatori di stampo militare sui detenuti palestinesi.”
Il legale della famiglia di El Qaisi in Italia, Flavio Rossi Albertini, in effetti, aveva espresso timori in merito alle procedure di interrogatorio adottate dalle autorità del carcere in una recente intervista con Chiara Cruciati, per Il Manifesto.
“In Israele invece si possono adottare forme di interrogatorio fisico, cioè forme di pressione per ottenere informazioni,” aveva detto il legale della famiglia.
“Penso a posizioni molto scomode da far assumere all’indagato per ore e ore e che incidono sulla sua serenità psicofisica, (…), interrogatori di notte, interrogatori continuati, interrogatori senza legale. Sembra che Khaled questi abusi li abbia subiti: è detenuto in un carcere noto per essere un centro finalizzato agli interrogatori dei servizi,” aveva aggiunto.
Senza Accusa Formale
Khaled El Qaisi è stato arrestato il 31 agosto scorso al valico di Allenby, che si trova al confine tra Giordania e Palestina, mentre era con sua moglie e suo figlio di quattro anni, di ritorno da un viaggio a Betlemme.
Finora, i capi di accusa non sono mai stati esplicitati ed El Qaisi è stato trattenuto per un mese senza accusa formale.
Rossi Albertini aveva spiegato nelle scorse settimane che al suo assistito non era “consentito conoscere gli atti che hanno determinato la sua custodia e la possibile durata.”
Rossi Albertini aveva anche espresso la preoccupazione circa “la facoltà concessa all’autorità israeliana di poter sostituire, in difetto di prove, la detenzione penale con quella amministrativa.”
La detenzione senza capi di accusa né processo non sono un caso isolato. Come ricorda Francesca Albanese, Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sui Territori palestinesi occupati, interpellata da Cecilia Dalla Negra per OrientXXI, si tratta di “una pratica comune per i palestinesi che vivono sotto l’occupazione israeliana da 56 anni. Attualmente, più di 1.000 palestinesi si trovano in questa situazione, con circa 600-700 nuovi casi l’anno.”
Nella sua intervista con Rai News 24, Francesca Antinucci ha espresso due timori principali.
Il primo riguarda la reale possibilità che suo marito possa tornare presto in Italia da uomo libero. Il secondo è: “Potrà tornare liberamente in Palestina?”
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Perché la stampa non ne ha parlato?
L’ordinamento israeliano prevede che le autorità possano imporre un gag order, ovvero il divieto di diffondere informazioni in relazione a un determinato caso, che pone, di conseguenza, anche un bavaglio alla stampa.
Il gag order è stato imposto sul caso di El Qaisi, e, come spiega Rossi Albertini, anche “se il suo avvocato locale dovesse riuscire a comprendere, anche in maniera fortunosa o in via informale, quelli che sono i fatti non li potrebbe riferire”.
Gli organi di stampa in Israele, pertanto, non possono pubblicare notizie in merito al ricercatore italo-palestinese, in virtù della censura assoluta imposta a giornalisti e legali.
Meno comprensibile, invece, è il silenzio dei media mainstream in Italia che, per settimane, hanno, nel migliore dei casi, trattato il caso molto marginalmente, tanto da spingere il Comitato per la liberazione di El Qaisi a convocare una mobilitazione nazionale davanti alle sedi RAI.
La campagna di sensibilizzazione
Grande rilevanza ha avuto, senza dubbio, il Comitato Free Khaled, creato “con l’intento di fare pressione sulle autorità italiane in vista di un ritorno in tempi rapidi dello studente,” secondo Rossi Albertini.
Nonostante il conforto derivante dalla notizia della scarcerazione di El Qaisi, il comitato ha spiegato sulla sua pagina Facebook che, insieme alla famiglia dello studente resteranno “vigili su una situazione ancora molto delicata, fino alla sua piena e definitiva soluzione.”
(The Palestine Chronicle)
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