Incendi divampano sulla terra rubata: Il fallimentare progetto sionista in fiamme

Uncontrolled fires sweep through central Israel. (Photo: video grab)

By Ronnie Kasrils

Il genocida stato di apartheid chiede aiuto all’Occidente per combattere gli incendi, mentre, senza alcuno scrupolo, il suo esercito brucia vivi bambini e adulti a Gaza.

Le foreste che coprono i villaggi palestinesi demoliti della Nakba del 1948 sono in fiamme in un momento in cui Israele si prepara a celebrare l’80° anniversario della sua coloniale “indipendenza”.

È un’immagine simbolica appropriata per le tossine fumanti all’interno di un sistema sionista fallimentare che si riduce in cenere.

Il genocida stato di apartheid chiede aiuto all’Occidente per combattere gli incendi, mentre, senza alcuno scrupolo, il suo esercito brucia vivi bambini e adulti a Gaza, in Cisgiordania e in Libano, per gentile concessione di bombe statunitensi, britanniche, francesi e tedesche, tra gli applausi della maggior parte degli israeliani e dell’internazionale sionista.

Quelli come me, che da bambini innocenti furono sedotti dal ladro Fondo Nazionale Ebraico (JNF) a fornire la paghetta per piantare alberi apparentemente per far fiorire il deserto, possono sentirsi redenti da qualunque causa stia ora spazzando via il terreno rubato dalla sua mimetizzazione.

Sono orgoglioso che, quando ero Ministro dell’Acqua e delle Foreste nel governo democratico sudafricano, impedii che una cosiddetta Foresta del Sud Africa nell’area galilea della Palestina Occupata venisse ribattezzata Foresta Nelson Mandela.

La vegetazione impiantata nasconde il villaggio palestinese spopolato e distrutto di Lubya, visitato dalla regista sudafricana Heidi Grunebaum, che ha realizzato un commovente documentario, “The Village Under the Forest”. L’attivista sudafricano e rinomato analista del Medio Oriente, Naeem Jeenah, che l’ha accompagnata nel viaggio alla ricerca del sito, racconta l’esperienza:

“Heidi ed io eravamo i due non cristiani che facevano parte di una delegazione sudafricana a una conferenza cristiana a Betlemme. Dopo la conferenza, tutti e otto eravamo determinati a visitare Lubya – anche se era molto fuori strada. Mentre ci recavamo lì, provavamo tutti sentimenti contrastanti, tra cui molta rabbia. Lubya era stata spopolata nel 1948 e alberi alieni erano stati piantati sopra il villaggio, e questa nuova ‘foresta’ era stata intitolata a noi! Trovammo resti di case, un pozzo d’acqua, persino una piccola moschea – in parte sepolta sotto la sabbia. Un reverendo del nostro gruppo era determinato a sradicare ogni albero del JNF che copriva Lubya, un compito senza speranza, ma il suo spirito rifletteva come ci sentivamo tutti: rabbia, sconfitta, tradimento. Forse avremmo dovuto distruggere il cartello che diceva ‘Foresta del Sud Africa’, con una foto della nostra bandiera sopra. Il film molto personale di Heidi su Lubya, in modi diversi, rispecchiava come ci sentivamo tutti e otto quel giorno.”

Il JNF piantò alberi alieni provenienti dall’Europa e dall’Australia, come il pino e l’eucalipto, pieni di linfa infiammabile che esplode come il napalm, in climi caldi e secchi.

Questi sono alberi assetati che, come i coloni sionisti alieni, prosciugano la preziosa acqua delle falde acquifere a spese della popolazione palestinese e depredano l’ambiente. Gli indigeni alberi di cedro e ulivo della regione furono ovviamente evitati in quanto troppo arabi.

I coloni piantarono alberi per creare la loro piccola Europa nel Levante, fingendo di far fiorire il deserto, e poi, quando arrivò la pulizia etnica, piantarono alberi a un ritmo sostenuto per coprire le scene di massacri e demolizioni di centinaia di villaggi, sperando di cancellare ogni segno di presenza palestinese.

Il JNF si vanta di aver piantato oltre 260 milioni di alberi dalla sua fondazione da parte di Theodor Herzl nel 1901. Nel mezzo del genocidio di Gaza e dell’assalto alla Cisgiordania, coloni demente compiono pogrom e incendiano i preziosi uliveti, fonte di sostentamento, nutrimento, eredità familiare, legami d’amore e cultura palestinesi, distruggendone quasi un milione dal 1967.

Alon Mizrahi, un israeliano anti-sionista esiliato, commenta:

“Per esperienza personale, quei boschetti e quelle ‘foreste’ non sembrano reali. Come coloro che li hanno piantati, emanano un senso di superficialità e fragilità. Sono cresciuto accanto a uno di essi e, senza sapere nulla della storia del sionismo, mi sono sempre sembrati strani e mai magici, come un vero bosco.”

“E così gli incendi che infuriano oggi in quei ‘parchi naturali’ di falsi e sinistri pini europei possono essere visti (se si ha un’anima e un’immaginazione) come un atto di resistenza e di rifiuto da parte delle comunità palestinesi che se ne sono andate da decenni ma non hanno mai abbandonato, né dimenticato, la loro patria.”

Le foreste di coloni in fiamme in Israele, una macchia coloniale sul paesaggio rubato, mi riportano all’inizio della lotta armata in Sud Africa nel 1961, quando incendiammo le piantagioni di canna da zucchero e di acacia dei coloni che, come gli israeliani, avevano espropriato la popolazione indigena e rubato la terra.

Come segno della paranoia che attanaglia Israele, il corrispondente di Hebrew Channel 14 Hillel Biton Rosen ha riflesso la paura che attanaglia le menti dei coloni: “Un mistero: dozzine di incendi sono scoppiati in tutto il paese – e nemmeno uno si trova in un’area araba”.

Ha ragione. La ragione, ovviamente, è che “le aree arabe” hanno alberi indigeni, e questi non sono infiammabili come gli alberi non autoctoni. Forse ci sono altre aree? Nei giorni bui del regime di apartheid in Sud Africa, c’era una paura ricorrente tra la comunità suprematista bianca che i servi neri servissero loro caffè avvelenato al risveglio o che gli tagliassero la gola.

Queste sono le paure dei coloni che amano godersi la vita indisturbati da qualsiasi segno di ribellione e non potranno mai godere del sonno dei buoni di cuore. Proprio come noi sudafricani abbiamo superato il colonialismo dei coloni e l’apartheid, la resistenza del popolo palestinese, rafforzata dalla solidarietà internazionale, vedrà la vittoria sicura come il sole sorge a est e tramonta a ovest.

(Leggi l’originale inglese qui)

– Ronnie Kasrils, veterano della lotta anti-apartheid, è stato ministro dell'intelligence in Sudafrica. È un attivista e autore. Ha contribuito questo articolo al Palestine Chronicle.

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*