Generazione dopo generazione fino alla liberazione: Verso un nuovo attivismo per la Palestina

La testa del corteo in solidarietà con la Palestina a Roma. (Photo: GPI, Supplied)

By Dalia Ismail

A prevalere è stata la narrazione palestinese, senza i soliti discorsi sulla solidarietà molto imperniati su una visione occidentale, e spesso volti solo ad appiattire la lotta di liberazione. 

Sabato 28 ottobre è stata scritta una nuova pagina della storia dell’attivismo per la Palestina in Italia. Oltre 40,000 persone hanno sfilato al corteo per la Palestina che si è svolto a Roma.

La manifestazione è partita da Porta San Paolo e si è conclusa in Piazza San Giovanni. I media e la questura di Roma stimano 20000 persone, molto probabilmente, però, il numero era più alto. 

Molti cori per la Palestina libera, per Gaza, per la resistenza palestinese. Numerosi i giornalisti che hanno provato ad infiltrarsi nel corteo per incastrare i manifestanti con le domande classiche su Hamas, ma sono stati subito cacciati dalla folla che ha gridato loro “fuori”. 

La manifestazione è stata pacifica ma non pacifista. C’erano tantissime bandiere palestinesi e bandiere dei partiti di sinistra. Erano presenti alcuni politici e attivisti di spicco come Viola Carofalo (Potere al Popolo) , Stefania Ascari (Movimento 5 stelle) e Alessandro Di Battista nonché intellettuali importanti con il coraggio di esporsi, che in questi giorni hanno perso dei lavori per aver espresso posizioni pro Palestina, come Moni Ovadia.

“Noi non dimenticheremo niente. Come non abbiamo dimenticato quando ci avete costretti a vivere in campi profughi 75 anni fa. Chiamate le cose con il proprio nome, questo non è un conflitto, in campo non ci sono due parti eguali. C’è un oppressore e un oppresso, un colonizzato un colonizzatore”.

Questa è una parte di uno dei discorsi fatti alla manifestazione dai Giovani Palestinesi d’Italia. 

Il comunicato della manifestazione ha subito numerose critiche da molte realtà, alcune anche sensibili alla causa palestinese ma non sempre rappresentative della società palestinese, per via del suo appoggio alla resistenza palestinese e all’attacco del 7 ottobre.

Gli attivisti, tra cui molti del movimento giovanile Giovani Palestinesi d’Italia, hanno dovuto operare un grande sforzo comunicativo per spiegare, anche alle realtà più scettiche, il punto di vista palestinese, che ha visto nel 7 ottobre una speranza che la liberazione reale è possibile. 

Tuttavia, lo scetticismo di alcuni non ha influito sui numeri: la presenza è stata massiccia, e molti attivisti ne sono convinti: una manifestazione per la Palestina di questo calibro non si vedeva, in Italia, da decenni. 

Questo evento ha costituito una rottura rispetto al solito attivismo pro Palestina, soprattutto nella capitale italiana, Roma.

La piattaforma programmatica è stata pensata proprio per definire una nuova era, che si lasci alle spalle la narrazione “pacifista” che ha caratterizzato la fase degli accordi di Oslo, e che, nel corso degli anni, ha dimostrato ampiamente di non portare miglioramenti alla situazione del popolo palestinese.

Fondamentale è stato il fatto che, per la prima volta in Italia, il corteo sia stato guidato da persone arabe e/o musulmane.

A prevalere è stata la narrazione palestinese, senza i soliti discorsi sulla solidarietà molto imperniati su una visione occidentale, e spesso volti solo ad appiattire la lotta di liberazione. 

Un momento importante, ripreso da molti media internazionali, è stato il passaggio di fronte alla sede della FAO: Uno dei manifestanti ha coraggiosamente strappato la bandiera israeliana, arrampicandosi sul cancello di recinzione del palazzo.

“Generazione dopo generazione fino alla liberazione” è stato lo slogan esposto sullo striscione dei giovani palestinesi d’Italia. Un chiaro riferimento al fatto che la lotta di liberazione palestinese si trasmetterà di generazione in generazione, finché non diventerà una realtà tangibile.

Ad aprire il corteo, una riproduzione gigante della “Chiave del Ritorno” che simboleggia il ritorno dei palestinesi nelle loro case, da cui sono stati cacciati durante la Nakba (Catastrofe), ovvero l’esodo forzato dei palestinesi teso a far spazio ai coloni sionisti e a concretizzare la fondazione violenta dello stato di Israele sulle rovine  della Palestina storica. 

(Photo: GPI; Video: Cecilia Parodi)

- Dalia Ismail è laureata in scienze politiche e relazioni internazionali. Da anni si occupa di sensibilizzare su alcune tematiche politiche e sociali. Ha contribuito questo articolo al Palestine Chronicle Italia.

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