Gazacidio: un termine potente per definire il genocidio a Gaza nella guerra di narrazioni

Why Palestinians should use the term Gazacide to indicate Israel's actions in Palestine. (Design: Palestine Chronicle)

By Ramzy Baroud

Il termine “Gazacidio” emerge come un potente strumento linguistico per descrivere la campagna centenaria di cancellazione e genocidio condotta da Israele e dal sionismo contro il popolo palestinese, unendo il discorso globale e la resistenza.

I palestinesi dovrebbero utilizzare il termine “Gazacidio” (Gazacide in inglese) per descrivere il genocidio israeliano a Gaza e l’esperienza collettiva palestinese più ampia, iniziata ancor prima della Nakba—la “catastrofe” che portò alla distruzione della patria palestinese nel 1948.

Sebbene il termine “Gazacidio” possa suggerire che lo sterminio e la cancellazione in tutte le sue forme riguardino solo Gaza, il suo significato è molto più ampio. La parola “Gaza”, insieme al genocidio e allo sterminio dei palestinesi—attualmente sotto indagine da parte della Corte Penale Internazionale (CPI) e della Corte Internazionale di Giustizia (ICJ)—è diventata un termine noto in tutto il mondo.

Per la prima volta nella storia delle discussioni su Palestina e a Israele, i palestinesi hanno coniato un termine che inchioda completamente Israele alle sue responsabilità ed è riconosciuto come tale da gran parte del mondo—popoli, governi, esperti legali e media.

Collegare “Gazacidio” ad altri crimini di guerra israeliani nella storia dipende in gran parte dal narratore o da chi trasmette i significati. Qui è importante ricordare l’insistenza di Edward Said in Covering Islam: “le interpretazioni dipendono molto da chi è l’interprete, a chi si rivolge, qual è il suo scopo e in quale momento storico avviene l’interpretazione”.

Questo principio si applica a numerose altre situazioni, incluso il termine “Olocausto”. Sebbene l’Olocausto sia un crimine contro l’umanità e uno degli atti di sterminio più devastanti del XX secolo, intellettuali e politici filo-israeliani lo hanno trasformato in un termine politico con significati più ampi, utilizzati e manipolati per giustificare l’esistenza di Israele e la distruzione della Palestina.

Una deviazione linguistica è fondamentale qui. Il suffisso “-cidio” deriva dal latino *caedo*, che significa “uccidere”. Questo suffisso è stato utilizzato in altri contesti relativi alla Palestina, come ecocidio (la distruzione dell’ambiente), scolasticidio (la distruzione delle scuole) e domicidio (la distruzione di case ed edifici), tra gli altri.

Tutti questi termini sono importanti. Tuttavia, sotto il profilo del branding, la possibilità che si diffondano al di fuori di circoli accademici, ambientali e altri contesti specifici è piuttosto limitate. Inoltre, sebbene questi termini siano rilevanti per la Palestina, possono applicarsi anche ad altri contesti politici nel Sud del mondo e, in effetti, nel mondo intero.

Ciò non significa che dovremmo escludere altri termini rilevanti che delineano realtà specifiche in Palestina, specialmente quelli che si rivolgono a pubblici specifici e potrebbero avere un impatto profondo su determinate comunità.

Il termine “Gazacidio”, tuttavia, è fondamentale in quanto rappresenta l’apice dei crimini israeliano-sionisti contro il popolo palestinese nell’ultimo secolo. È la peggiore manifestazione possibile di cancellazione fisica e sterminio di ogni aspetto della vita—istruzione (la distruzione delle scuole), spiritualità (la distruzione di moschee e chiese) e assistenza sanitaria (la distruzione degli ospedali).

Infatti, ogni forma di distruzione praticata contro i palestinesi negli ultimi 76 anni ha raggiunto la sua espressione più violenta e brutale nel genocidio in corso a Gaza. È anche essenziale ricordare che l’attuale genocidio è il culmine di numerose guerre e assedi imposti a Gaza dal 1948. Ciò significa che, anche nel contesto stesso di Gaza, l’ultimo genocidio non è un evento isolato.

Inoltre, “Gazacidio” è un termine che può essere adattato ad altre lingue. In arabo, غزّاسيد (Ghazzacide), in italiano, Gazacidio, in spagnolo, Gazacidio, in francese, Gazacide. Dal punto di vista comunicativo, un termine traducibile che risuona nelle diverse lingue continuerà a sottolineare l’impatto globale del genocidio israeliano a Gaza come la manifestazione più orribile di un genocidio iniziato nel 1948.

Infine, “Gazacidio” può servire da termine unificante per molti altri concetti utilizzati per descrivere il genocidio a Gaza. Mentre l’espressione “il genocidio di Gaza” è rilevante nei contesti legali e politici, “Gazacidio” è un iperonimo, un termine ombrello che può includere tutti gli altri concetti relativi al genocidio stesso, gli iponimi, nonché i contesti storici, legali e politici correlati che hanno portato a questo genocidio.

Gli israeliani sono consapevoli dell’importanza della guerra di narrazioni che seguirà il genocidio a Gaza. Così come hanno vinto la guerra delle narrazioni nel contesto politico occidentale dopo la Nakba, sono già pronti a lanciare una massiccia campagna mediatica, accademica e politica. Storicamente, queste campagne hanno fatto leva sulla formulazione di un nuovo linguaggio e sull’accusa di antisemitismo rivolta a chiunque osi metterlo in discussione.

Per approfondire la guerra di narrazioni, si veda il mio articolo co-scritto con Romana Rubeo, Dismantling the Violent Discourse of the State of Israel: on Zionism, Palestinian Liberation, and the Power of Language.

Questa volta, tuttavia, i palestinesi hanno molte più possibilità di vincere la guerra delle narrazioni, grazie alla portata dei crimini israeliani a Gaza e al contributo decisivo della resistenza palestinese nel discorso globale. Infatti, i giornalisti di Gaza, e persino persone comuni, hanno smontato da soli la propaganda israeliana, hasbara, e fornito il contesto necessario per smascherare i crimini senza precedenti di Israele nella Striscia.

Affinché questa vittoria abbia un impatto duraturo, però, deve essere seguita da una narrazione palestinese unificata che rifletta il sentimento collettivo del popolo palestinese a Gaza, nel resto della Palestina occupata e in tutto il mondo. Questa narrazione deve essere di unità, vittoria, resistenza, resilienza, sumoud, e determinazione a ritenere Israele responsabile di tutti i suoi crimini, incluso il Gazacidio.

Narrazioni frammentate tra fazioni, auto-colpevolizzazione, disfattismo o vittimismo non saranno sufficienti. Di certo, non potranno servire come punto di partenza per invertire la Nakba o per contrastare il danno immenso causato dal movimento sionista e da Israele.

Romana Rubeo, caporedattrice del Palestine Chronicle e linguista, ha fornito un contributo significativo a questo articolo.

- Ramzy Baroud is a journalist and the Editor of The Palestine Chronicle. He is the author of six books. His latest book, co-edited with Ilan Pappé, is “Our Vision for Liberation: Engaged Palestinian Leaders and Intellectuals Speak out”. Dr. Baroud is a Non-resident Senior Research Fellow at the Center for Islam and Global Affairs (CIGA). His website is www.ramzybaroud.net

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