By Redazione Palestine Chronicle
All’alba di lunedì 3 luglio, le forze di occupazione israeliane hanno fatto irruzione nella città di Jenin e nel suo campo profughi, in quella che è stata definita l’operazione più cruenta da parte di Israele dopo il massacro del 2002, nel corso della Seconda Intifada.
Almeno nove palestinesi sono stati uccisi, ma il bilancio delle vittime potrebbe essere destinato a salire, visto l’elevato numero dei feriti gravi.
L’invasione
Oltre alle forze da terra, l’esercito di occupazione ha schierato anche elicotteri e droni. La città di Jenin e il campo sono stati completamente accerchiati. Neanche alle ambulanze è stato permesso l’accesso nella zona per prestare i primi soccorsi ai feriti gravi.
I bulldozer israeliani hanno mirato anche le infrastrutture, determinando l’interruzione dei servizi idrico ed elettrico in varie zone del campo profughi di Jenin.
Su varie postazioni, sono stati poi schierati dei cecchini e dei tiratori scelti.
La Resistenza palestinese, dal canto suo, ha dichiarato in vari comunicati nel corso della giornata di aver intrapreso una strenua battaglia su più fronti. Video circolati sui social media hanno mostrato almeno due droni abbattuti e l’impiego di IED (improvised explosive devices) ai danni di cingolati e bulldozer israeliani.
𝐐𝐚𝐬𝐬𝐚𝐦 𝐉𝐞𝐧𝐢𝐧 𝐁𝐫𝐢𝐠𝐚𝐝𝐞𝐬: 𝐀 𝐩𝐞𝐫𝐟𝐞𝐜𝐭 𝐚𝐦𝐛𝐮𝐬𝐡
The group has trapped a number of Israeli soldiers near Al-Ansar Mosque in #Jenin
In the video, an Israeli military helicopter evacuates injured soldiers.
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— The Palestine Chronicle (@PalestineChron) July 3, 2023
Perché Jenin?
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato che l’esercito è impegnato in una battaglia per sterminare il terrorismo.
Jenin è, per Netanyahu e per Israele in generale, fonte di grandi preoccupazioni, in quanto centro nodale della resistenza palestinese, che ha portato avanti un numero non irrilevante di operazioni armate nel corso degli ultimi mesi.
Il massacro del 2002, infatti, non ha interamente sopito la strenua determinazione dei cittadini di Jenin, che, soprattutto dopo il maggio del 2021, hanno guidato, insieme a Nablus e ad altri centri, una rinnovata stagione di resistenza nella Cisgiordania occupata.
Netanyahu, con questa invasione, sta cercando di sopire gli animi più estremisti della sua coalizione di governo, in primis i ministri Itamar Ben-Gvir e Bezales Smotrich, che da tempo chiedono un’invasione su larga scala della West Bank.
Assenza di leadership
In parte, le azioni di resistenza di questi ultimi mesi sono state dettate dal bisogno, per il popolo palestinese, di reagire a una situazione ormai intollerabile che non riceve alcuna risposta politica.
La capacità di rappresentanza dell’Autorità Nazionale Palestinese e dell’ottuagenario presidente Mahmoud Abbas è ai minimi storici.
Le strade e le piazze, spesso invocate dalla Resistenza, sembrano aver sostituito una leadership altrimenti assente.
"The next Intifada in Palestine will be armed, non-factional, and popular, with consequences that are too difficult to gauge."
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— The Palestine Chronicle (@PalestineChron) July 3, 2023
La risposta della resistenza di Gaza potrebbe essere imminente
Una fonte interna alla resistenza palestinese ha dichiarato che Gaza potrebbe presto intervenire, e che la decisione della tempistica e delle modalità sarà appannaggio della resistenza stessa.
Nel frattempo, la Tana dei Leoni, il gruppo trasversale di resistenza attivo in tutta la Palestina e soprattutto in Cisgiordania, ha chiesto una mobilitazione generale, oltre a ribadire che molti suoi combattenti sono già arrivati a Jenin per sostenere la popolazione locale contro la brutale aggressione israeliana.
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(The Palestine Chronicle)
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