Perché non sorprende il fallito tentativo di assassinio israeliano a Doha

Israeli PM Benjamin Netanyahu, US President Donald Trump and top Hamas official Khalil al-Hayya. (Design: Palestine Chronicle)

By Robert Inlakesh

Gli obiettivi di Israele nella regione sono chiari. Come Benjamin Netanyahu ha ripetutamente dichiarato, lui cerca la “vittoria totale” in una “guerra a sette fronti”. Il messaggio è chiaro: Israele fa ciò che vuole, quando vuole. Nessuno lo fermerà.

Immediatamente dopo la conferma dei raid aerei israeliani contro la capitale del Qatar, mirati ad assassinare dirigenti del movimento Hamas, commentatori e analisti li hanno definiti scioccanti, addirittura senza precedenti. Tuttavia, la flagrante violazione del diritto internazionale non è stata sorprendente.

I raid, condotti dall’aviazione israeliana e annunciati pubblicamente dal Primo Ministro Benjamin Netanyahu, hanno provocato la morte di cinque persone, ma secondo Hamas nessuno dei leader del movimento è rimasto ucciso. Nonostante l’insistenza di Israele sul fatto che i bombardamenti abbiano avuto successo, sembra invece che il tentativo di eliminare i funzionari di Hamas sia fallito clamorosamente.

I due principali obiettivi dell’operazione israeliana sembrano essere stati Zaher Jabareen e Khalil al-Hayya, entrambi leader di alto livello di Hamas e figure essenziali del team negoziatore sul cessate il fuoco. Nel momento in cui il movimento politico palestinese stava elaborando una nuova risposta alla più recente proposta di tregua sponsorizzata dagli Stati Uniti, l’attacco israeliano sembra aver almeno temporaneamente interrotto il processo, mentre l’esercito israeliano prepara la strada alla sua ultima operazione militare, che dichiara avere come obiettivo l’occupazione di Gaza City.

Sebbene gli analisti abbiano reagito all’attacco definendolo “senza precedenti” e “scioccante”, non lo era affatto. Nel luglio 2024, gli israeliani assassinarono l’ex leader di Hamas Ismail Haniyeh a Teheran, meno di ventiquattro ore dopo che si era presentato al fianco del neoeletto presidente iraniano Masoud Pezeshkian.

Dopo l’assassinio del Primo Ministro yemenita Ahmed al-Rahawi, insieme a diversi membri del suo governo a Sana’a, il 28 agosto, il capo di stato maggiore israeliano Eyal Zamir ha chiarito che quei raid facevano parte di una più ampia serie di attacchi pianificati.

Zamir ha dichiarato che “le Forze di Difesa Israeliane agiscono in maniera offensiva, con iniziativa e superiorità operativa su tutti i fronti e in ogni momento”. Commentando l’annunciato assassinio del portavoce militare di Hamas, Abu Obeida, ha affermato che esso “si aggiunge a una serie di attacchi significativi delle IDF in Yemen, Libano, Siria e altri fronti”, e che “non è la fine”. Ha inoltre avvertito che “la maggior parte della leadership politica di Hamas rimasta si trova all’estero, e raggiungeremo anche loro”.

La notte precedente l’attacco a Doha, Israele aveva anche lanciato un raid con droni contro la nave Family della Gaza Freedom Flotilla, in acque tunisine. L’imbarcazione colpita era proprio quella a bordo della quale si trovava l’attivista di fama mondiale Greta Thunberg. Nelle stesse ventiquattro ore, Israele ha condotto innumerevoli raid aerei in Siria e nel sud del Libano, oltre a continuare i bombardamenti quotidiani su Gaza.

Per chi sostiene che un attacco contro una nazione amica, come il Qatar, sia imprevedibile, va ricordato che il 25 settembre 1997 il Mossad israeliano utilizzò passaporti canadesi falsi in un tentativo fallito di assassinare l’allora leader di Hamas Khaled Meshaal ad Amman, in Giordania.

L’operazione fallì perché le guardie del corpo di Hamas riuscirono a sventarla, ma Meshaal fu comunque avvelenato: Israele fu costretto a fornire un antidoto e a liberare prigionieri palestinesi di alto profilo per salvare l’accordo di normalizzazione con il Regno hashemita.

Ciò dimostra che un attacco a una nazione del Golfo non è affatto senza precedenti. Il 19 gennaio 2010, agenti del Mossad entrarono negli Emirati Arabi Uniti (EAU) con passaporti europei e australiani falsi per assassinare un leader militare di Hamas, Mahmoud al-Mahbouh, in un hotel a Dubai.

Dal 7 ottobre 2023, Israele ha condotto operazioni di assassinio a Gaza, in Cisgiordania, in Libano, Yemen, Siria, Iraq, Iran e ora anche in Qatar. Ha persino bombardato la sezione consolare dell’ex ambasciata iraniana in Siria lo scorso anno, senza che le nazioni occidentali abbiano condannato l’attacco.

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Sebbene il Qatar ospiti il Comando Centrale degli Stati Uniti ed è tra gli attori più vicini all’Occidente nella regione, le dichiarazioni rilasciate da paesi come il Regno Unito in merito al raid israeliano si sono limitate a invitare “entrambe le parti” a non alimentare l’escalation, esprimendo “preoccupazione”, ma senza alcuna condanna esplicita. Quanto agli Stati Uniti, è evidente che abbiano dato il via libera all’operazione e che abbiano addirittura recentemente trasferito sistemi di difesa aerea, originariamente destinati a proteggere le proprie forze a Doha, per metterli a disposizione degli israeliani.

Una mossa del genere era soltanto questione di tempo: se Israele decidesse di colpire Doha con raid aerei ogni due settimane, nulla lo ostacolerebbe, salvo forse i costi elevati.

Gli obiettivi israeliani nella regione sono chiari. Come Netanyahu ha ripetuto, lui cerca la “vittoria totale” in una “guerra a sette fronti”. Nel suo discorso sull’attacco a Doha, il premier israeliano ha dichiarato che i raid erano diretti contro quello che definisce “Asse del Male”, ovvero quello che il resto del mondo conosce come l’“Asse della Resistenza” guidato dall’Iran.

Il messaggio è chiaro: è un avvertimento al mondo intero, Israele fa ciò che vuole, quando vuole. Nessuno lo fermerà. Prendiamo ad esempio il Regno Unito, che dichiara di agire contro Israele riconoscendo la Palestina all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ma contemporaneamente invita il presidente israeliano Isaac Herzog a Londra per una visita di cortesia. Herzog ha apertamente elogiato l’attacco contro il Qatar ed è stato citato come prova dell’intento genocidario di Israele a Gaza presso la Corte Internazionale di Giustizia.

Il governo laburista britannico, il cui Primo Ministro e il cui Gabinetto ricevono fondi dalla Lobby sionista, ha designato come organizzazione terroristica Palestine Action, che cerca di fermare le forniture di armi britanniche a Israele. L’esecutivo ora continua a sprecare risorse pubbliche e di polizia, arrestando centinaia di attivisti pacifisti che protestano contro il bando a Palestine Action. Il governo britannico reprime inoltre attivisti e giornalisti contrari al genocidio a Gaza, strumentalizzando la legislazione antiterrorismo.

Come si collega tutto questo al bombardamento del Qatar? È semplice: nessuno chiede realmente conto a Israele delle sue azioni in modo tale da costringerlo a smettere di violare ogni norma concepibile del diritto internazionale. Israele è al di sopra della legge e l’attacco al Qatar passerà quasi certamente senza conseguenze. Anzi, è probabile che si ripeta, o che la prossima volta possa colpire l’Egitto.

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L’unica nazione araba che ha imposto un prezzo a Israele è lo Yemen; le altre sono state complici in un modo o nell’altro, fornendo direttamente supporto e armi alla macchina bellica israeliana, oppure rifiutandosi persino di adottare misure economiche per cercare di fermare il genocidio a Gaza.

Israele colpirà di nuovo Siria, Libano, Yemen, Iraq e naturalmente l’Iran. Agirà anche in qualsiasi altro teatro scelga, forse persino in Turchia. In Siria, infatti, gli israeliani hanno già ucciso soldati turchi e distrutto equipaggiamenti e basi fornite da Ankara.

Per ora, due obiettivi sono stati raggiunti dal raid israeliano contro il Qatar. Primo: dimostrare di poter colpire ovunque con totale impunità; secondo: interrompere almeno temporaneamente i negoziati per il cessate il fuoco.

Alcuni si aspettano che il Qatar reagisca in modo significativo, ma essendo così profondamente legato al campo statunitense, il Paese del Golfo è semplicemente incapace persino di difendersi militarmente, ed è improbabile che intraprenda il passo naturale di interrompere le forniture di gas come avvenne nel 1973.

Doha è alla mercé degli Stati Uniti e di Israele. Secondo alcune fonti, Washington avrebbe persino avvertito il Qatar dell’imminente attacco, il che potrebbe aver contribuito alla sopravvivenza della leadership di Hamas. Tuttavia, anche se lo avesse voluto, non era in grado di fare nulla di più per impedire il bombardamento.

(The Palestine Chronicle)

- Robert Inlakesh è un giornalista, scrittore e regista di documentari. Esperto di Medio Oriente, e specializzato in Palestina. Ha contribuito con questo articolo a The Palestine Chronicle.

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