By Ramzy Baroud
Ormai alcuni leader occidentali hanno iniziato a sentirsi sempre più a disagio di fronte all’enormità del genocidio di Gaza, e timidamente, stanno dichiarando che Netanyahu rischia di “andare troppo oltre”. Il genocidio israeliano a Gaza sarà ricordato come il collasso morale dell’Occidente.
Appena iniziato l’attacco israeliano, in seguito all’operazione Al-Aqsa del 7 ottobre, ogni riferimento morale o legale che Washington, e i suoi alleati occidentali, che apparentemente avevano a cuore, è stato improvvisamente abbandonato. I leader occidentali si sono precipitati in Israele, uno dopo l’altro, offrendo sostegno militare, politico e di intelligence, insieme a un assegno in bianco per il Primo Ministro israeliano di estrema destra, Benjamin Netanyahu e ai suoi generali, per permettere loro di tormentare i palestinesi.
Persone come il Segretario di Stato americano, Antony Blinken, sono addirittura arrivati a partecipare alla prima riunione del Consiglio di Guerra israeliano, in modo da poter prendere parte alla discussione che ha portato al genocidio di Gaza.
“Sono qui davanti a voi non solo come Segretario di Stato degli Stati Uniti, ma anche come ebreo”, ha detto il 12 ottobre. L’interpretazione di queste parole è inquietante, e in definitiva significa anche che Blinken ha perso ogni credibilità come americano, come politico e come essere umano imparziale.
Il suo capo, il Presidente Joe Biden, a ciclo infinito, ripete da anni che “non devi essere ebreo per essere sionista”. Effettivamente, ha tenuto fede alla sua massima, dichiarando più e più volte: “Sono un sionista”. Certamente lo è.
Come molti altri funzionari e politici statunitensi, e occidentali, il Presidente degli Stati Uniti ha abbandonato del tutto le leggi internazionali e umanitarie, anche la legge del suo stesso paese.
La legge Leahy, infatti, “proibisce al Dipartimento di Stato e al Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti di fornire assistenza militare alle unità delle forze di sicurezza straniere che violano impunemente i diritti umani”. Ma lui, come Blinken, ha aderito a un’affiliazione tribale e a nozioni ideologiche, che hanno semplicemente aggiunto benzina sul fuoco.
Sebbene siano “persone protette” ai sensi del diritto internazionale, i palestinesi sembrano di fatto sacrificabili, irrilevanti al punto che la loro morte collettiva appare necessaria affinché Israele mantenga la sua “impunità” e si protegga, come nelle parole del Ministro della Difesa israeliano, Yoav Galante, dagli “animali umani” di Gaza.
Se esistesse una parola più forte di ipocrisia, sarebbe necessario usarla. Ma, per ora, deve bastarci questa.
All’inizio dell’aggressione, molti giustamente hanno tracciato un parallelo tra la reazione dell’Occidente verso Gaza, e la sua rabbiosa risposta alla guerra in Ucraina. Con l’aumento del numero di vittime, il confronto è diventato inadeguato. Oltre 12.000 bambini sono stati uccisi a Gaza in 140 giorni di guerra, mentre 579 in due anni di guerra tra Russia e Ucraina.
Eppure, quando il Capo della Politica Estera dell’UE, Josep Borrell, è stato interrogato, a bruciapelo, in un’intervista su Al-Jazeera il 20 novembre, riguardo le violazioni del diritto internazionale a Gaza, ha dato due risposte completamente diverse. “Non sono un avvocato”, ha commentato quando è stata messa in dubbio la legalità delle atrocità compiute da Israele a Gaza. Ma quando l’intervistatore è passato a parlare dell’operazione Al-Aqsa Flood, Borrell non ha avuto tentennamenti “Sì, lo consideriamo un crimine di guerra, hanno ucciso civili senza alcuna ragione”, ha risposto.
Episodi del genere non si sono ripetuti spesso nei media statunitensi, semplicemente perché pochi giornalisti mainstream si preoccupano, o meglio, osano mettere in discussione il macabro comportamento di Israele nella Striscia di Gaza.
Tuttavia, quando si sono presentate simili opportunità, l’ipocrisia era palese, impossibile da nascondere. Marvel, ad esempio, nei confronti di Matthew Miller, portavoce del Dipartimento di Stato americano, ha risposto alle accuse di stupro sia a Gaza che in Israele.
Quando, il 18 febbraio, è stato intervistato sulle accuse di stupro contro donne palestinesi da parte dei soldati israeliani a Gaza, la sua risposta è stata: “Gli Stati Uniti hanno esortato Israele a indagare in modo approfondito e trasparente sulle accuse”. Confrontando questa risposta con quella a una domanda su accuse, non verificabili, di aggressioni sessuali da parte di palestinesi contro israeliane, sfatate anche dagli stessi media israeliani, ha detto in una conferenza stampa del 4 dicembre.
“Hanno commesso uno stupro. Non abbiamo alcun motivo di dubitare di questi rapporti”.
Simili esternazioni vengono prodotte quotidianamente da centinaia di leader occidentali, alti funzionari e media. Anche adesso, mentre il bilancio delle vittime ha battuto qualsiasi record di brutalità nella recente storia umana, continuano a parlare del “diritto di Israele a difendersi”, ignorando volontariamente il fatto che Israele ha perso questo diritto dal 1948, appena cominciata questa aggressione senza fine.
Il diritto internazionale sulle regole delle guerre e dell’occupazione militare, si colloca all’interno di un quadro –stabilito dalla Quarta Convenzione di Ginevra – che esiste per difendere i diritti degli occupati, non il diritto dell’occupante.
Questa verità, consolidata nel tempo, è ovvia per la stragrande maggioranza dell’umanità, tranne che per Washington e pochi altri.
Mentre dozzine di inviati da tutto il mondo testimoniavano davanti alla Corte Internazionale di Giustizia, tra il 19 e il 26 febbraio, protestando contro l’orribile violenza di Israele, l’occupazione prolungata e il sistema razziale di apartheid, gli Stati Uniti hanno inviato il loro rappresentante presso la più alta Corte del mondo per fare pressione in direzione opposta.
Con un ironico titolo di “Consulente legale ad interim del Dipartimento di Stato americano”, Richard Visek ha esortato la Corte Internazionale di Giustizia a ignorare del tutto il diritto internazionale.
“La Corte non dovrebbe ritenere che Israele sia legalmente obbligato a ritirarsi immediatamente e incondizionatamente dai territori occupati”, ha affermato.
Per troppo tempo, ma soprattutto a partire dal 7 ottobre, i governi occidentali, a cominciare da quello degli Stati Uniti, hanno violato ogni etica, morale e legge da essi stessi sviluppata, redatta, promossa e persino imposta al resto del mondo per decenni.
In pratica stanno smantellando le leggi e gli standard etici che hanno plasmato la loro forma.
Ormai alcuni leader occidentali hanno iniziato a sentirsi sempre più a disagio di fronte all’enormità del genocidio di Gaza, e timidamente, stanno dichiarando che Netanyahu rischia di “andare troppo oltre”.
Il genocidio israeliano a Gaza sarà ricordato come il collasso morale dell’Occidente. Eppure, nemmeno una totale ammissione di responsabilità potrebbe cancellare il fatto che sono partecipanti attivi alla campagna genocidaria di Netanyahu.
Tutto il sangue del numero spaventosamente alto di vittime palestinesi verrà infine diviso equamente tra Tel Aviv, Bruxelles, Londra, Sidney ,e tutti gli altri sostenitori del genocidio. Un crimine di questa portata non sarà mai dimenticato, né perdonato.
Traduzione di Cecilia Parodi. Leggi l’articolo in inglese qui.
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