
By Redazione Palestine Chronicle
Dopo la spinta dei sindacati di base, la CGIL si impegna ad aderire allo sciopero generale in caso di attacco alla Flotilla: pubblichiamo la lettera aperta dei Giovani Palestinesi d’Italia ai lavoratori e alle lavoratrici.
Dopo l’appello e il lavoro portato avanti dai sindacati di base, si è raggiunto un accordo operativo con la CGIL: la confederazione ha dichiarato che aderirà allo sciopero generale qualora venisse compiuto un attacco alla Flotilla.
In questo contesto, riteniamo cruciale rendere pienamente pubblico l’appello che segue: pubblichiamo integralmente la lettera aperta dei Giovani Palestinesi d’Italia, indirizzata ai lavoratori e alle lavoratrici della CGIL, con l’obiettivo di stimolare la coscienza operaia e la partecipazione attiva contro il genocidio in Palestina e la complicità istituzionale dell’Italia.
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Lettera aperta ai lavoratori e alle lavoratrici della CGIL
I Giovani Palestinesi d’Italia
Cari lavoratori e care lavoratrici,
Questa lettera nasce dall’urgenza di rompere il silenzio e la complicità. Da due anni il nostro popolo subisce un genocidio che alcuni ancora provano a negare. Dal 7 ottobre 2023, Gaza è stata trasformata in un campo di sterminio a cielo aperto: bombardata, affamata, assediata, ridotta a macerie: il suo popolo è l’unica cosa che rimane in piedi e resiste.
Nel frattempo “Israele” agisce indisturbato. È l’unico “Stato” al mondo che può bombardare contemporaneamente otto Paesi – Palestina, Libano, Qatar, Siria, Tunisia, Yemen, Iraq e Iran – senza subire alcuna conseguenza. Anzi, riceve armi, copertura diplomatica e sostegno incondizionato dall’Occidente. Mentre i governi si riempiono la bocca di parole su “diritti umani” e “democrazia”, nella realtà sono complici diretti del genocidio in corso.
L’Italia non è un’eccezione. È parte attiva di questa complicità: terzo esportatore di armi ad “Israele”, ospita basi NATO da cui partono missioni militari, firma accordi miliardari con chi bombarda il nostro popolo, e allo stesso tempo reprime chi scende in piazza per denunciare tutto questo. Parlano di “pace”, ma stringono la mano a criminali di guerra. Parlano di “diritti”, ma incarcerano rifugiati politici palestinesi, come Anan Yaeesh, perseguito solo per aver fatto parte della Resistenza in Cisgiordania.
Eppure, senza la Resistenza, non esisterebbe la Palestina. La Resistenza non è terrorismo, come vuole la propaganda occidentale: è il diritto di un popolo oppresso a difendere la propria terra e la propria dignità. Criminalizzarla significa schierarsi apertamente con l’occupante, legittimare il colonialismo e tentare di cancellare la storia.
Il 22 settembre, però, abbiamo visto un’altra Italia. Centinaia di migliaia di studenti e lavoratori hanno scioperato e riempito le piazze in decine di città. Porti e stazioni sono stati bloccati, strade paralizzate, voci unite in un solo grido: basta genocidio, basta complicità! Quella giornata ci ha mostrato la forza concreta della mobilitazione collettiva: quando la classe lavoratrice alza la testa, nessun governo può restare indifferente.
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Ed è da questa forza che nasce il nostro appello.
Vi invitiamo a unirvi a noi nelle prossime giornate decisive:
Scioperare per la Palestina. Uno sciopero generale e unitario, per fermare l’economia di guerra. Ogni fabbrica, ogni ufficio, ogni porto e ogni linea logistica che si ferma significa interrompere i flussi di armi e denaro che alimentano il genocidio;
Scendere in piazza con noi il 4 ottobre, a Roma. Una manifestazione nazionale che trasformi il dissenso in forza visibile. Una piazza che onori i martiri, sostenga chi resiste in Palestina, e ribadisca che l’Italia non sarà complice;
Bloccare i rifornimenti. Impedire che porti, aeroporti e linee di trasporto siano utilizzati per inviare armi e componenti verso Israele. Ogni carico fermato, ogni passaggio ostacolato, è un passo concreto per incrinare la macchina della morte sionista.
Compagne e compagni, la riuscita di queste giornate dipende da voi. Voi siete la spina dorsale dell’Italia: senza il vostro lavoro, nulla funziona. Quando decidete di fermarvi, il Paese si ferma con voi. Quando scegliete di non essere complici, aprite crepe reali nella complicità occidentale. Questa non è solo una testimonianza simbolica: è un atto di giustizia che produce conseguenze materiali, economiche e politiche.
Sappiamo che la repressione fa paura. Lo sappiamo bene, perché la repressione è la stessa che viviamo da decenni sulla nostra pelle. Ma l’alternativa è accettare di essere complici. E la storia non perdonerà chi ha taciuto.
Per questo vi chiediamo: unitevi a noi. Scioperate. Bloccate i rifornimenti. Riempite le piazze. Trasformiamo insieme la solidarietà in forza viva, capace di fermare davvero le mani insanguinate di chi arma “Israele”.
Israele si ferma con la Resistenza!
La resistenza è sciopero!
Embargo militare immediato contro “Israele”!
I Giovani Palestinesi d’Italia
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