Non esistono ragioni, giuridiche o morali, per convincere la Corte Internazionale di Giustizia a non ordinare le misure provvisorie richieste dal Sudafrica.
Tre ore di dibattimento orale, condotte da sei membri del team legale sudafricano: il primo giorno di udienze, presso la Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) sul caso di genocidio avviato contro Israele dal Sud Africa, è stato davvero professionale ed impressionante.
Nel 2020, per il caso di genocidio intentato dal Gambia contro il Myanmar, la Corte aveva ordinato all’unanimità le seguenti “misure provvisorie”, che sono pienamente (e senza dubbio intenzionalmente) coerenti con le misure provvisorie richieste dal Sudafrica:
“Per questi motivi, la Corte, indica le seguenti misure provvisorie all’unanimità:
La Repubblica dell’Unione di Myanmar, in conformità con gli obblighi derivanti dalla Convenzione per la Prevenzione e la Repressione del Crimine di Genocidio, nei confronti dei membri del gruppo Rohingya nel suo territorio, adotta tutte le misure in suo potere per prevenire tutti gli atti che rientrano nel campo di applicazione dell’articolo II della presente Convenzione, in particolare:
(a) uccidere membri del gruppo;
(b) causare gravi danni fisici o mentali ai membri del gruppo;
(c) infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita atte a provocarne la distruzione fisica totale o parziale;
d) imporre misure destinate a prevenire le nascite all’interno del gruppo.
“Intento esplicitamente genocida”
Sebbene gli orrori inflitti ai Rohingya siano stati spaventosi, è chiaro, come sostenuto dalla squadra legale sudafricana, che gli orrori già inflitti, e che continuano ad essere perpetrati contro il popolo palestinese a Gaza sono, purtroppo, “più crudi” e “di maggiore gravità”.
In modo significativo, per dimostrare “l’intenzione” ai sensi della Convenzione sul genocidio, questi orrori sono apertamente sostenuti e confessati da innumerevoli dichiarazioni pubbliche di intenti esplicitamente genocidi.
Pertanto, non esistono ragioni giuridiche o morali che possano convincere la Corte Internazionale di Giustizia a non ordinare all’unanimità le misure provvisorie richieste dal Sudafrica, salvo il presunto dissenso, motivato da interessi politici, del giudice aggiunto appositamente dal Governo israeliano alla Corte, e l’eventuale dissenso del giudice americano.
Quattro giudici della corte, incluso il giudice americano che attualmente ricopre la carica di Presidente della Corte, andranno in pensione e saranno sostituiti il 6 febbraio, si può quindi desumere che la Corte emetterà il suo ordine prima di tale data.
Vista l’urgenza della questione, si spera che il tribunale emetta l’ordinanza molto prima.
Sebbene gli ordini dell’ICJ siano vincolanti e inappellabili, è chiaro che Israele ignorerà qualsiasi ordine dell’ICJ, così come ha ignorato l’opinione quasi unanime della Corte (con giudice americano dissenziente) del 2004 sull’illegalità del Muro di Apartheid.
Così come ha ignorato tutte le risoluzioni “vincolanti” del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, e le risoluzioni “non vincolanti” dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite contro di esso.
Tuttavia, dopo l’emissione di un simile ordine, sarà difficile, se non impossibile, per i governi degli Stati Uniti, del Regno Unito e di altri paesi occidentali, sfidare un ordine “vincolante” della più alta autorità giudiziaria al mondo, continuando a sostenere militarmente, finanziariamente e diplomaticamente l’assalto genocida israeliano contro il popolo di Gaza.
Da notare il caso degli Stati Uniti che tenta, mediante veto, di bloccare la nuova risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (introdotta dall’Algeria, nuovo membro temporaneo), la quale esige che tutti gli stati rispettino gli ordini della Corte Internazionale di Giustizia, traducibile nella richiesta di un cessate il fuoco immediato.
Se gli Stati Uniti dovessero porre il veto a tale risoluzione, confermerebbero nuovamente che la sottomissione della loro classe politica al dominio e controllo israeliano, ha ridotto gli Stati Uniti a uno stato fuorilegge, canaglia e miserabile quanto Israele.
Perfino “Joe Genocide” potrebbe esitare.
Traduzione di Cecilia Parodi. Leggi l’articolo in inglese qui.
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