I bambini di allora sono i combattenti di oggi: Jenin è la terra del coraggio e della libertà

Gli abitanti del campo profughi di Jenin sono costretti a lasciare le loro abitazioni. (Photo: via Times of Gaza TW Page)

By Maya Issa

Oggi, i bambini di allora stanno lottando per difendere il loro campo profughi e per la propria città. A distanza di vent’anni, lo scenario non è cambiato.

Lunedì 3 luglio, poco dopo la mezzanotte, le forze d’occupazione israeliane, hanno invaso la città di Jenin via terra- con carri armati Merkava e bulldozer- e via aerea – con droni, elicotteri e aerei da guerra.

Sono circa 200 i carri armati impiegati e circa 2000 i soldati schierati nell’operazione, secondo quanto riportato dal colonnello Richard Hecht, portavove dell’esercito israeliano.

L’offensiva arriva due settimane dopo l’irruzione militare israeliana su Jenin del 19 giugno quando, per la prima volta dal 2002, l’esercito israeliano aveva utilizzato elicotteri da guerra sulla città.

In quell’occasione, la novità non era stata tanto l’invasione del campo di Jenin, visto che, dall’inizio dell’anno, il campo profughi adiacente alla città ha subito un totale di 20 raid israeliani. La vera novità era stata l’organizzazione dei giovani della resistenza palestinese, che hanno affrontato le forze d’occupazione israeliane, facendo saltare in aria carri armati e abbattendo un drone.

Durante la Seconda intifada (2000-2005), il campo profughi di Jenin è stato oggetto di una brutale invasione. Per ben otto giorni, dal 3 all’11 aprile, l’esercito israeliano aveva condotto quella che chiamò, con a solita retorica manipolatoria, “Operazione scudo difensivo.”

Durante l’assedio, fu impedito a chiunque di entrare o di uscire, i servizi elettrico e idrico furono interrotti. Sebbene il bilancio ufficiale delle vittime sia di 52 palestinesi, secondo alcuni la cifra è molto più alta.

Coloro che oggi stanno combattendo a Jenin, nel 2002 probabilmente ancora non erano nati o forse erano molto piccoli.

Oggi, i bambini di allora stanno lottando per difendere il loro campo profughi e per la propria città. A distanza di vent’anni, lo scenario non è cambiato.

Jenin, insieme a Nablus, sono il cuore della legittima resistenza palestinese e, quindi, l’incubo del regime sionista.

Ron Ben Yishai, l’analista militare del quotidiano Yedioth Ahronoth, ha riferito che l’attacco alla città di Jenin era stato pianificato un anno fa. Inoltre, da diverse settimane, esponenti dell’estrema destra avevano chiesto un operazione massiccia nella Cisgiordania e in particolare a Jenin, come già detto emblema della resistenza palestinese.

Il 25 giugno, il Ministro della “Sicurezza” israeliano Itamar Ben-Gvir, ha chiesto al suo gabinetto di lanciare un’ampia offensiva militare in Cisgiordania, incoraggiando apertamente le forze d’occupazione ad assassinare centinaia, o se necessario, migliaia di palestinesi.

Il 26 giugno, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha affermato che “Israele deve eliminare ogni aspirazione dei palestinesi ad avere uno stato indipendente.”

L’obbiettivo del governo sionista è quello di annettere de facto la Cisgiordania e, per farlo, ha bisogno in primis di eliminare la resistenza palestinese a Jenin.

In un tweet del 28 dicembre, Netanyahu ha annunciato che le linee guida del suo Governo includeranno il principio in base al quale “il popolo ebraico detiene il diritto esclusivo e indiscutibile su tutti i territori della terra d’Israele tra cui la Cisgiordania.”

È in questo quadro che va letta l’operazione odierna, denominata da Israele “Fury Jenin”. il ministero della salute palestinese riporta che, al momento, sono dieci le vittime, una cifra destinata ad aumentare in queste ore. I feriti sono circa 100, di cui almeno 20 in gravi condizioni.

Le ruspe delle forze d’occupazione hanno distrutto intere strade con l’obbiettivo di impedire alle ambulanze di soccorrere i feriti; sono state distrutte tutte le infrastrutture idriche ed elettriche.

Le forze d’occupazione israeliane hanno colpito paramedici che cercavano di trasportare una donna in gravidanza all’ospedale, hanno attaccato l’ospedale di Al-Amal con gas lacrimogeni, causando gravi danni materiali.

Israele ha compiuto crimini di guerra e contro l’umanità, ha compiuto un massacro sotto il silenzio complice della comunità internazionale e anzi, potendo contare sul sostegno degli Stati Uniti.

In un comunicato, la Casa Bianca ha dichiarato: “Israele ha il diritto a difendersi dai terroristi palestinesi.”

In queste ore, ulteriori carri armati sono sopraggiunti e l’Autorità israeliana” ha annunciato di voler bombardare il campo profughi. Per questo motivo, circa 300 famiglie hanno evacuato le proprie case cercando rifugio nella mosche della città.

I video, le immagini dimostrano come la Nakba, quel processo di pulizia etnica cominciato 75 anni, fa ancora continua.

Nonostante tutto questo, i combattenti, i partigiani palestinesi stanno lottando e resistendo eroicamente. Hanno abbattuto droni, colpito carri armati, e hanno giurato di non arrendersi e di non consegnarsi, continuando a lottare fino all’ultimo respiro nel campo profughi.

Non ci sono parole per descrivere il coraggio e la resistenza di Jenin.

A Jenin è stata uccisa la giornalista palestinese Shireen Abu Akleh.

Da Jenin venivano i sei prigionieri che, il 9 settembre 2021, avevano scavato con un cucchiaio un tunnel per evadere dalla prigione di massima sicurezza di Gilboa.

Jenin è terra dei martiri, del coraggio e della resistenza.

L’equazione a Jenin è semplice: maggiore è la distruzione, maggiore sarà la resistenza.

- Maya Issa è attivista e rappresentante dei giovani palestinesi di Roma. È studentessa di scienze politiche e relazioni internazionali presso l’università di Roma Tre. Ha contribuito questo articolo al Palestine Chronicle Italia.

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