
By Redazione Palestine Chronicle
Mobilitazione di lavoratori, studenti e cittadini a Genova: la Zim New Zealand è stata respinta mentre in Italia cresce il movimento per l’embargo su Israele.
La serata di venerdì 27 settembre ha visto Genova tornare al centro della mobilitazione contro il commercio di armi legato alla guerra in Palestina.
Mentre in città partiva un corteo di solidarietà, i portuali del Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali (CALP) hanno ricevuto la segnalazione che al terminal Spinelli era attraccata la Zim New Zealand, nave della compagnia israeliana ZIM, con dieci container ritenuti sospetti.
La notizia ha innescato un’immediata reazione. Gruppi di portuali, affiancati da manifestanti e cittadini solidali, hanno raggiunto il porto per bloccare le operazioni di carico. Nel frattempo, l’Unione Sindacale di Base ha indetto uno sciopero di 24 ore a partire dalle 21.30, dando copertura sindacale a chi rifiutava di lavorare su quel carico.
Genova adesso.
Tantissime persone, e i portuali di Genova organizzati con Calp e Usb hanno impedito il carico della nave Zim New Zealand con materiale bellico diretto a Israele.
La nave ha abbandonato il porto senza aver caricato i container.
A Genova Israele genocida non passa. pic.twitter.com/1Ig55LEpcG— mostro ✊🏼 🇵🇸 (@avantibionda) September 27, 2025
Poche ore più tardi è arrivata la svolta: la nave ha ricevuto l’ordine di lasciare la banchina. “Una grande vittoria della città di Genova e dei portuali del CALP – sottolinea l’USB – che ancora una volta hanno mostrato quale ruolo decisivo può e deve assumere la classe operaia nel contrastare la guerra, al fianco del popolo palestinese”.
Dopo l’azione in porto, un corteo partito da Varco Etiopia ha raggiunto piazza Matteotti, trasformandosi in un’assemblea cittadina in cui è stata rilanciata la proposta di uno sciopero generale “in caso di attacco alla Global Sumud Flotilla”, la carovana navale che proprio nelle stesse ore ha ripreso il mare con l’obiettivo di rompere l’assedio su Gaza.
L’episodio di Genova non arriva nel vuoto. Solo pochi giorni prima, il 22 settembre, l’Italia era stata attraversata da uno sciopero generale nazionale indetto dai sindacati di base contro la guerra a Gaza e contro l’economia di guerra. Decine di città hanno visto cortei e presidi, con la parola d’ordine “Blocchiamo tutto”.
Nei porti e nei terminal logistici si sono tenuti blocchi simbolici, mentre a Venezia i manifestanti hanno tentato di fermare le attività del porto di Marghera.
‼️Stasera i portuali di Genova, con il supporto della cittadinanza, hanno impedito il carico della nave Zim New Zealand di materiale bellico diretto a Israele. La nave sta abbandonando il porto senza aver caricato i container.
💪🏻https://t.co/4HG7yx1jK7 pic.twitter.com/03Xr0HDdjq— Anna 🎯⚡ (@___Anna22) September 27, 2025
A Milano e Bologna si sono registrati momenti di tensione con la polizia, con cariche e scontri nei pressi delle stazioni centrali, mentre a Roma circa 30.000 persone hanno sfilato davanti a Termini. Secondo l’USB, quelle giornate hanno mostrato come la mobilitazione contro i traffici di armi e la complicità italiana con Israele stia crescendo, fino ad assumere la forma concreta dei blocchi portuali come quello avvenuto a Genova.
“Le iniziative nei porti italiani contro le merci israeliane si stanno moltiplicando – ricorda l’USB – ed è tempo che diventi parola d’ordine comune: embargo immediato di tutte le merci dirette o provenienti da Israele, blocco delle navi israeliane nei nostri porti”.
Il percorso proseguirà nei prossimi giorni con l’iniziativa “100 piazze per Gaza” e con la manifestazione nazionale del 4 ottobre a Roma, che intende denunciare “la complicità dell’Italia con Israele e l’economia di guerra”.
(The Palestine Chronicle)
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