Al centro delle critiche è finito lo stesso ateneo aquilano, accusato di aver mantenuto relazioni con imprese e università che sostengono lo sforzo bellico israeliano.
Hadi Zaiter, uno studente libanese di 25 anni iscritto al corso di Ingegneria Civile all’Università degli studi dell’Aquila, è stato ragicamente ucciso, insieme a parte della sua famiglia, durante un bombardamento israeliano nell’area di Baalbek, in Libano.
Hadi era da poco tornato in patria per visitare la famiglia e sarebbe dovuto rientrare all’Aquila a breve per riprendere gli studi. Durante il raid, sono morti anche il padre, la madre e due dei suoi tre fratelli. Solo il fratello Ahmed è sopravvissuto al bombardamento.
La notizia si è diffusa immediatamente tra la comunità studentesca aquilana.
Il rettore Edoardo Alesse, attraverso una nota dell’Ateneo, ha espresso profondo cordoglio e sgomento per la perdita.
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“Come Ateneo – si legge nella nota – ci uniamo agli appelli della comunità internazionale affinché cessino immediatamente, in Medio Oriente, tutte le operazioni militari e si torni il prima possibile a percorrere la via del dialogo e delle soluzioni diplomatiche”.
Anche il sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi, ha espresso il suo dolore per la perdita, ricordando il legame tra L’Aquila e Baalbek, città gemellate da diversi anni, e auspicando la fine delle ostilità. Anche il sindaco ha sottolineato l’importanza di trovare una soluzione pacifica al conflitto, che continua a mietere vittime innocenti.
La comunità aquilana ha accolto la notizia con grande commozione e incredulità. Migliaia, in particolare, le interazioni sui social network dopo la diffusione della notizia.
Non sono mancate le critiche, a Israele e alla comunità internazionale, accusata di essere inerme di fronte all’ennesima escalation guidata dall’esercito israeliano.
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La punta dell’iceberg
Al centro delle critiche, tuttavia, è finito lo stesso ateneo aquilano, accusato di aver mantenuto relazioni con imprese e università che sostengono lo sforzo bellico israeliano.
Una polemica che aveva investito l’ateneo già l’anno scorso. “
L’Università dell’Aquila – aveva commentato allora il rettore – come da ordine del giorno approvato dal Senato Accademico del 22 aprile scorso, non intende rinunciare a progetti e programmi di ricerca in collaborazione con Israele perché sono all’insegna del rispetto della ricerca scientifica che garantisce progresso e avanzamenti in vari campi del sapere umano.”
“Nella stessa seduta è stato chiarito come i rapporti di collaborazione con Leonardo Spa non riguardino progetti di ricerca che abbiano applicazioni o finalità militari”.
L’ateneo, successivamente, ha approvato una mozione per riprendere le relazioni con il mondo della ricerca palestinese, ma al momento non è noto se ci sono stati degli atti conseguenti.
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Secondo un dettagliato report di The Weapon Watch dello scorso gennaio, la Leonardo SPA ha una “forte connessione con il sistema militare-industriale di Israele”.
Leonardo, che è il primo produttore di armi nell’Unione Europea, il secondo in Europa e il 13° nel mondo secondo dati SIPRI, è direttamente presente in Israele, secondo il rapporto.
“Israele non è solo un cliente, ma ospita stabilimenti e dipendenti di Leonardo,” the Weapons Watch specifica.
I rapporti tra l’UNIVAQ e Leonardo sono stati oggetto di una protesta lo scorso giugno davanti alla sede del Dipartimento delle Scienze Umane, a cui il rettore Alesse ha replicato sostenendo che “è falso affermare che l’Università dell’Aquila non abbia preso posizione rispetto a quanto sta accadendo nella Striscia di Gaza e in Medio Oriente”.
Nello stesso comunicato, Alesse condannava anche la distruzione delle infrastrutture e delle università di Gaza, che secondo l’ONU ammonta al crimine di “scolasticidio”.
“Il termine – scrivono gli esperti Onu – si riferisce alla sistematica cancellazione dell’istruzione attraverso gli arresti, la detenzione e le uccisioni di studenti e docenti, e la distruzione delle infrastrutture educative.”
L’uccisione dello studente aquilano, insomma, è solo la punta dell’iceberg di un’azione bellica che sta cancellando intere famiglie dai registri civili e distruggendo un’intera generazione, prima a Gaza, ora in Libano.
(The Palestine Chronicle)
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