Pioniere del movimento indie rap per Gaza: Gli USA sono complici – Intervista a Sage Francis

Sage Francis, forefather of the indie rap movement. (Photo Supplied)

By Romana Rubeo

“Il silenzio è assordante in questo momento”, ha detto il saggio Francis. Ma Sage Francis non è semplicemente un cantante, interprete e musicista, è resistenza, è un movimento artistico davvero unico. Ha parlato con The Palestine Chronicle.

Mentre la guerra genocida di Israele contro Gaza continua, la situazione nella Striscia assediata diventa ogni giorno più catastrofica.

Dopo oltre quattro mesi di intensi bombardamenti israeliani, oltre 100.000 palestinesi sono stati uccisi, feriti o risultano dispersi.

Nonostante cifre strazianti, immagini e video altrettanto orribili, che riceviamo ogni minuto da Gaza, i leader occidentali e i media mainstream sono implacabili nel proseguire la manipolazione della verità. Restano fedeli a una narrativa disumanizzante, che dipinge i palestinesi come terroristi e Israele come simbolo di civiltà e democrazia.

In altri casi di violenza militare, gli artisti sono incoraggiati ad assumere una posizione di difesa e parlare a favore delle vittime, ma parlare per le vittime di Gaza difficilmente porta a guadagnare qualche riconoscimento, o un semplice cenno di approvazione dalla società.

The Palestine Chronicle ha intervistato Sage Francis, artista americano, capostipite del movimento indie rap e CEO di Strange Famous Records, a proposito della sua ultima canzone “Master Cleanse”, con Old Boy Rhymes e Rituals of Mine. (Vedi video qui sotto)

La canzone e il video rappresentano un potente tentativo di aumentare consapevolezza riguardo agli orribili eventi in corso nella Striscia di Gaza assediata. Il testo, toccante, è una critica sfacciata al sistema politico americano, che continua a finanziare la devastazione utilizzando il denaro dei contribuenti statunitensi.

“Sto facendo sogni lucidi di scene raccapriccianti; cose che gli esseri umani fanno quando diventano  estremi; inseguiamo la nostra preghiera come Wolverine, facciamo il tifo per le squadre; alcuni vedono le truppe come il mezzo per raggiungere un fine”, si legge in una parte del testo della canzone.

Il resto è una denucia coraggiosa, non solo verso la guerra in sé, ma contro la complicità collettiva che permette a tali massacri di continuare.

Palestine Chronicle: In un post su Facebook del 27 gennaio, spiegando come è nata la tua ultima canzone Master Cleanse, hai detto che, dopo il 7 ottobre, ti sei sentito in obbligo di parlare della situazione. Questo è esattamente il contrario di quel che fanno molti altri artisti, dicono che la questione è “troppo complicata”.

Sage Francis: Da un giorno all’altro possono accadere tante cose disumane (come riguardo la risposta di Israele agli eventi del 7 ottobre), all’improvviso, e mi sembra strano, decisamente sbagliato non dire nulla. So perfettamente che il bombardamento senza sosta su Gaza viene effettuato con i soldi dei contribuenti americani, e questo mi rende complice.

Alla gente piace vivere dentro una disconnessione mentale, immagino. Parlarne apertamente, in modo da rendere più persone consapevoli di quel che sta accadendo, e allo stesso tempo mostrare sostegno al popolo palestinese, è il minimo che io possa fare. La maggior parte degli artisti probabilmente ritiene che sia troppo complicato, e non di loro competenza, ma speriamo che la nostra canzone possa aiutarli a capire che NON è poi così complicato.

Possono decidere di non fare la minima ricerca, ma come può chiunque si ritenga umano, non testimoniare il massacro in corso e non ammettere che sia sbagliato?

La maggior parte delle persone, compresi gli artisti codardi, si limitano ad alzare le spalle e distogliere l’attenzione da tutto ciò che richieda una po’ di spina dorsale. Alcuni sono semplicemente spaventati dal contraccolpo che riceveranno in famiglia, comunità o posto di lavoro. Non è facile da affrontare, ma è mille volte più facile di tutto quel affrontano ogni giorno le persone per le quali stiamo parlando.

Sono estremamente grato a OldBoy Rhymes e Alxndrbrwn  per avermi presentato la canzone “Master Cleanse” e per avermi chiesto di lavorarci sopra, perché non ero sicuro di come affrontare al meglio la situazione attuale con una canzone, ma poi è successo.  

PC: Pensi che gli artisti abbiano la responsabilità morale di parlare durante un genocidio? E tacere davanti a questi orrori è una forma di complicità?

SF: Quando ho parlato di genocidio in un post online, un amico ebreo mi ha risposto che si sentiva offeso dal termine. Le persone devono capire che si stanno aprendo tanti tipi di conflitto, e alcuni di loro hanno molta paura del conflitto. Io no. Capisco, le persone sono diverse e affrontano le cose ognuno a modo suo.

C’erano persone arrabbiate con me per non aver parlato prima, ma mi è servito un po’ di tempo per capire cosa stesse succedendo. Ormai non credo ci possa essere la minima confusione.

Non mi importa se sei un artista o un falegname. Se non riesci a trovare un modo per dare una mano, o parlare a modo tuo, è assolutamente una forma di complicità. E il silenzio in questo momento è assordante. Non posso dire che sia una responsabilità morale per gli artisti farsi carico di ogni atrocità del mondo, ma sto iniziando a capire che qualcosa come l’Olocausto è potuto accadere perchè alla società in generale andava bene, fischiettavano davanti al cimitero finché loro il loro stile di vita non ne è rimasto coinvolto, a livello personale. Gli sciocchi non vogliono accettare quel che sta accadendo perché siamo stati programmati per credere che non si possa fare nulla e che sia al di fuori delle nostre possibilità.

PC: Parli anche direttamente ai cittadini americani, dicendo che stanno pagando il genocidio con le loro tasse. E non esiti a chiamarlo genocidio. Pensi che i tuoi colleghi abbiano paura delle conseguenze? E se lo sono, quali sono queste conseguenze?

SF: So per certo che i miei colleghi abbiano paura delle conseguenze. Pochi eletti  hanno rilasciato dichiarazioni, e ne hanno subito le conseguenze. Ci sono persone con cui lavoro nei media che sono solitamente felici di dare copertura a qualsiasi mio progetto, ma quando si è trattato di questa canzone in partviolare, è stato evidente che se l’avessero pubblicata o suonata nel loro programma, questa scelta li avrebbe compromessi nel lavoro. 

Le conseguenze non sono chiare, e non sappiamo quali saranno alla fine, ma non ho mai visto così tante persone, nel settore dell’intrattenimento, camminare sulle uova prima di questo avvenimento. Nemmeno dopo l’11 settembre. Quando ho pubblicato “Makeshift Patriot” nel 2001 non avevo nulla da perdere, ma sono rimasto comunque in allerta, domandandomi se qualcuno mi avrebbe trascinato fuori dal mio appartamento.

Le persone ricordano ancora oggi quanto ha significato per loro che fossi disposto a parlare di alcune cose nel modo in cui loro le stavano pensando, ma senza sentirsi a loro agio per affermarlo da soli. Mi sembra che “Master Cleanse” stia provocando un effetto simile, e anche se ho molto da perdere a questo punto, ho il mio passato a rassicurarmi, so che ci sono persone che hanno bisogno di sentirlo e che questo le avvantaggerà in vari modi.

PC: Parli del silenzio che ha deliberatamente accompagnato l’uscita di questa potente canzone. Questo è il tipo di censura che le persone sperimentano ogni giorno quando cercano di parlare  fuori dai confini del pensiero comune. Secondo la tua esperienza, pensi che la censura sia peggiorata nel corso degli anni? È stato diverso, ad esempio, quando hai pubblicato Makesfhift Patriot, che era una forte critica al potere esistente?

SF: Quando è uscito “Makeshift Patriot” eravamo nel selvaggio west di Internet, prima che le grandi aziende riuscissero a trovare un modo per custodire tutto. Non sono così sicuro che si tratti di censura, quanto di gatekeeping, cioè avere la capacità di limitare il materiale a cui le persone possono accedere. Suppongo che sia una forma di censura, sì. Se stai dicendo qualcosa che i piani alti non vogliono possa influenzare la loro agenda, o le loro finanze, è molto facile per loro sopprimere quella voce nel 2024.

Ci sono soluzioni alternative, ogni tanto le persone scoprono come sfondare i cancelli. Per quanto mi faccia male vederle, sono grato che le riprese video vengano condivise in tempo reale da Gaza su vari social media. È stato a dir poco illuminante.

Può essere dannatamente deprimente da guardare,  a volte devi voltare le spalle per il tuo benessere mentale, ma sempre con la consapevolezza che tutte le persone che lo stanno vivendo ogni giorno non sono in grado di spegnere l’orrore, mentre noi possiamo .

Quindi, ancora una volta, mi chiedo come sia possibile che le persone, che sanno perfettamente cosa sta succedendo, non facciano la loro parte mostrando sostegno, parlando apertamente, facendo QUALSIASI COSA. “Semplicemente non sono un politico, fratello. Sta uccidendo le mie vibrazioni”. Giusto. Quanti bambini sono stati uccisi, o hanno perso un arto e hanno dovuto subire un intervento chirurgico senza anestesia oggi? Dormi bene, amico.

PC: Un’ultima domanda sull’intersezionalità. Il tuo lavoro, il tuo attivismo e il tuo messaggio artistico abbracciano varie questioni e spazi geografici. Vedi la Palestina e il Sudafrica collegati? E pensi che esista una risposta sana all’oppressione, alla guerra e alla disuguaglianza sociale?

SF: Credoo di aver provato frustrazioni simili, riguardo alla mancanza di consapevolezza e/o preoccupazione per le persone, quando ho visitato il Sudafrica per la prima volta nel 2011, ma forse non è  quello a cui stavi pensando. Vorrei dire che ho provato uno strano senso di orgoglio nel vedere il Sudafrica sfidare Israele sulla scena mondiale, anche se non ho alcun legame ufficiale con loro.

Quando sono andato lì, è stato per prendere parte a un documentario sui bambini affetti da HIV a cui veniva somministrato un trattamento alternativo. È un “trattamento” che credevo fosse una farsa, di cui ho parlato apertamente durante la mia permanenza, il documentario non è mai stato completato e pubblicato. Ma in quel periodo ho visto lo squallore e la disperazione in cui vivevano questi bambini, mentre venivano praticamente usati come cavie. Questa è tutta un’altra storia, ma mi ha reso consapevole di quanto gli occidentali, o le persone in generale, non conoscano la realtà perché non viene raccontata.

E se non li colpisce direttamente, perché dovrebbero preoccuparsene? Questo stato d’animo non mi è mai piaciuto. Ma non ho visto solo disperazione. Ho assistito a un’incredibile resilienza nelle persone, non puoi fare a meno di esserne ispirato. C’era un forte senso di speranza che sollevava il loro spirito di fronte all’orrore assoluto.

Se c’e’ una risposta sana all’oppressione, alla guerra e alla disuguaglianza sociale? Sono sicuro che esistano poteri con la capacità di mettere dubbi alla gente, al punto da spingerli a preferire di non pensarci più.

Questo è possibile finché non li colpisce direttamente. Le persone dovrebbero iniziare a rendersi conto che è necessario capirlo prima che la resa dei conti bussi alla porta.

Traduzione di Cecilia Parodi. Leggi l’articolo in inglese qui. 

- Romana Rubeo è una giornalista italiana, caporedattrice del The Palestine Chronicle. I suoi articoli sono apparsi in varie pubblicazioni online e riviste accademiche. Laureata in Lingue e Letterature Straniere, è specializzata in traduzioni giornalistiche e audiovisive.

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